In Basilicata sembra già tutto deciso

Si vota domenica e lunedì per le elezioni regionali ma è dato per scontato che vinca il centrodestra, e anche per questo non si è parlato molto di temi concreti, che pure ci sarebbero

Vito Bardi (Marco Alpozzi/LaPresse)
Vito Bardi (Marco Alpozzi/LaPresse)
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Domenica 21 e lunedì 22 aprile si vota in Basilicata per eleggere il nuovo presidente della regione e rinnovare il consiglio regionale. Alle 23 di domenica l’affluenza era del 37,74 %, in calo rispetto al 53,52 % della stessa ora nel 2019, quando però si votava solo la domenica. Ci sono tre candidati: il presidente uscente Vito Bardi, di Forza Italia, sostenuto da un’ampia coalizione composta dai partiti della destra di governo e dai centristi di Azione e Italia Viva; Piero Marrese del Partito Democratico, sindaco di Montalbano Jonico e presidente della provincia di Matera, sostenuto anche dal Movimento 5 Stelle e dall’Alleanza Verdi e Sinistra; Eustachio Follia, il candidato meno in vista, del piccolo partito paneuropeo Volt.

Di queste elezioni nelle ultime settimane si è parlato poco, in gran parte perché se n’era già parlato parecchio il mese scorso, quando le coalizioni dovevano decidere i propri candidati. Gli sviluppi di quelle decisioni avevano di fatto già influenzato moltissimo il possibile esito del voto, rendendo meno interessante il dibattito nelle successive settimane: al momento sembra abbastanza inevitabile una riconferma di Bardi, 72 anni, di Potenza, ex generale della Guardia di Finanza. I sondaggi lo danno in netto vantaggio.

Vito Bardi (ANSA/ETTORE FERRARI)

Il motivo per cui non ci si aspettano sorprese è legato soprattutto al modo assai macchinoso con cui PD e M5S erano arrivati a scegliere un candidato, proponendo in via ufficiale tre persone diverse in una sola settimana, senza contare la precedente ipotesi di candidare l’ex ministro della Salute Roberto Speranza, che è probabilmente il più importante politico lucano del centrosinistra ma aveva fatto sapere di non volersi candidare. Dopo di lui il PD aveva ufficializzato Angelo Chiorazzo, imprenditore potentino attivo nel settore della sanità, senza però che il M5S fosse d’accordo.

– Leggi anche: Tre candidati diversi in una settimana

I due partiti si erano allora messi d’accordo su Domenico Lacerenza, medico primario di oculistica all’ospedale San Carlo di Potenza, segnalato proprio da Chiorazzo ma senza alcuna esperienza politica. La sua candidatura estemporanea era stata molto criticata anche da esponenti del centrosinistra e lui stesso non sembrava convintissimo, finché non aveva deciso di ritirarsi. A quel punto la coalizione ha ripiegato su Marrese, che è un amministratore locale non particolarmente noto, governa un comune di poco più di 7mila abitanti ed è presidente di provincia (ma oggi la rilevanza politica delle province è scarsissima).

Marrese ha 43 anni e si può dire che stia avviando ora, con questa candidatura, una carriera politica più ambiziosa, ma non gli è stato dato il tempo di fare una campagna elettorale adeguata e il modo in cui è stato scelto non ha aiutato a dargli grande credibilità.

Marrese insieme a Chiorazzo, che in una conferenza stampa aveva annunciato ufficialmente di sostenerlo rinunciando alla propria candidatura (ANSA/ FRANCESCO CUTRO)

Dopo queste vicende i partiti di centro Azione e Italia Viva, che inizialmente erano stati coinvolti dal centrosinistra per sostenere un candidato unitario, hanno deciso di sostenere Bardi insieme alla coalizione di destra di Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia, che peraltro partiva già favorita. Tutti questi elementi hanno tolto interesse intorno al voto, perché l’esito sembra scontato: a questo contribuisce anche il funzionamento della legge elettorale della Basilicata, dove non è previsto il voto disgiunto (quello che permette di votare per una lista e contemporaneamente per il candidato di un’altra coalizione) e quindi c’è una minore possibilità di sorprese rispetto alle intenzioni di voto registrate dai sondaggi (come era successo per esempio in Sardegna). In Basilicata inoltre non è previsto ballottaggio: vince il candidato che prende più voti al primo turno. I membri del consiglio regionale da eleggere sono 20.

Gli ultimi sondaggi pubblici prima del silenzio elettorale, che comincia 15 giorni prima del voto, davano quasi tutti Bardi in vantaggio di una decina di punti rispetto a Marrese. Solo l’istituto di sondaggi Winpoll dava un distacco minore, intorno ai 5 punti. Nonostante questo Marrese si è mostrato particolarmente ottimista, dicendo in una recente intervista al Manifesto che nonostante il ritardo con cui è partita la sua candidatura «abbiamo svegliato la Basilicata e la vittoria è a un passo».

I dibattiti e i comizi elettorali sono stati pochi e tutti concentrati in questi ultimi giorni. Solo giovedì Forza Italia ha mandato alcuni dei suoi esponenti più rilevanti per sostenere Bardi: il capogruppo alla Camera Paolo Barelli e la ministra delle Riforme istituzionali Maria Elisabetta Alberti Casellati, che hanno partecipato a un comizio a Matera. Venerdì la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha partecipato all’evento di chiusura della campagna elettorale. Per il centrosinistra invece è stato molto presente e ha partecipato a diversi dibattiti Pierluigi Bersani, ex segretario del PD attualmente senza ruoli istituzionali, che negli ultimi mesi però si è fatto vedere molto nelle campagne elettorali locali. Negli ultimi giorni invece Giuseppe Conte ha dato interviste ai giornali locali e ha partecipato a un incontro della campagna elettorale di Marrese, ma i suoi discorsi non sono stati particolarmente degni di nota.

Anche i temi più rilevanti per la Basilicata, e ce ne sarebbero di concreti, sono usciti per lo più negli ultimi giorni. Una delle questioni più importanti riguarda le estrazioni di petrolio: in Basilicata infatti viene estratta la grandissima parte del petrolio italiano (nel 2023 3,5 milioni di tonnellate, più dell’80 per cento del totale). La popolazione beneficia di diversi sconti sulle bollette del gas e sono previsti altri meccanismi di compensazione per ripagare la Basilicata dello sfruttamento del suo territorio, le cosiddette “royalties”: come queste compensazioni debbano avvenire e quanto sfruttare il territorio lucano per le estrazioni è da tempo oggetto di discussioni.

L’opposizione sostiene che le estrazioni in Basilicata debbano essere interrotte o diminuire molto, sia per ragioni ambientali sia perché la regione non beneficerebbe abbastanza della ricchezza che producono. Il Movimento 5 Stelle e Conte sono per la dismissione totale dei pozzi, anche se nel concreto non ci sono proposte su come riconvertirli e proteggere i posti di lavoro delle persone che vi sono impiegate. Al Manifesto Marrese ha detto in modo un po’ meno drastico che le royalties, cioè i soldi che vengono dati alla regione a compensazione delle estrazioni, dovrebbero essere usate «per dare un nuovo sviluppo sostenibile alla Basilicata», e quindi per riconvertire gli impianti verso la produzione di energia più sostenibile.

In un’intervista al Quotidiano del Sud, Conte ha detto che «occorrerebbe chiedersi se quanto trasferito alla regione in termini di royalties e di compensazioni ambientali possa mai bastare a riqualificare vie di comunicazione stradali e ferroviarie». Conte sostiene insomma che la Basilicata con quei soldi possa fare ben poco: «Parliamo di decine di milioni di euro […] a fronte di centinaia di milioni necessari allo scopo».

Pochi giorni fa si è saputo che la Basilicata prevede di continuare a estrarre per i prossimi 44 anni, fino al 2068. Rispondendo a una domanda diretta sul tema in un’intervista al Quotidiano del Sud, Bardi ha evitato di commentare e sostanzialmente ha negato che possa essere problematico per il territorio lucano estrarre petrolio ancora per decenni. Ha detto anche che i soldi delle royalties saranno usati per le infrastrutture della regione.

Le infrastrutture sono un’altra delle questioni più urgenti in Basilicata: secondo una recente analisi di Openpolis, in Basilicata solo poco più del 10 per cento dei comuni è raggiungibile direttamente con un treno, e più della metà sono in zone in cui non c’è nemmeno una stazione ferroviaria vicina. Una persona su tre è lontana dalle stazioni del treno, in una regione che ha già pochissimi collegamenti col resto d’Italia. Lo stesso Bardi in un’intervista a Libero ha detto che se non saranno investiti almeno 70-80 milioni di euro per far arrivare i treni ad alta velocità «entro vent’anni la Basilicata diventerà un’enclave completamente isolata».

Questi fattori contribuiscono al grande spopolamento della regione, che è stabilmente tra quelle che perdono più abitanti in Italia. In Basilicata circa una casa su tre è disabitata, sempre secondo le stime di Openpolis, e si è arrivati alla situazione per cui a queste elezioni le persone che potranno votare saranno molto superiori a quelle residenti: circa 565mila aventi diritto contro poco meno di 460mila residenti maggiorenni. La differenza sono gli elettori residenti all’estero e iscritti all’AIRE. Anche sul tema dello spopolamento, al di là della retorica, non ci sono state proposte concrete in campagna elettorale da nessuno dei candidati.