Tre candidati diversi in una settimana

Alle regionali in Basilicata il centrosinistra ha pasticciato scegliendo prima uno su cui il M5S non era convinto e poi un primario che si è tirato indietro: tutto perché Roberto Speranza non vuole candidarsi

Roberto Speranza, con Elly Schlein e Giuseppe Conte, in occasione della presentazione del suo libro alla Camera, il 30 gennaio 2024
(MAURIZIO BRAMBATTI/ANSA)
Roberto Speranza, con Elly Schlein e Giuseppe Conte, in occasione della presentazione del suo libro alla Camera, il 30 gennaio 2024 (MAURIZIO BRAMBATTI/ANSA)
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Domenica pomeriggio il centrosinistra ha indicato il nuovo candidato alla presidenza per le elezioni regionali della Basilicata del 21 e 22 aprile: è Piero Marrese, esponente del Partito Democratico, sindaco del piccolo comune di Montalbano Jonico e presidente della provincia di Matera. La decisione è stata presa durante una riunione dei responsabili locali dei partiti della coalizione ed è stata poi condivisa dai leader nazionali Elly Schlein e Giuseppe Conte, ansiosi di concludere al più presto una trattativa che s’era prolungata ben oltre le previsioni e aveva creato enormi imbarazzi.

Marrese è il terzo candidato proposto dai dirigenti del Partito Democratico in meno di una settimana, e almeno il quarto se si contano anche i candidati potenziali che si sono proposti da soli in queste giornate di negoziati convulsi. Ma la confusione nel centrosinistra dura almeno dallo scorso autunno, quando iniziò a prendere consistenza l’ipotesi di candidare Roberto Speranza, deputato del PD ed ex ministro della Salute nel secondo governo di Giuseppe Conte durante il periodo della pandemia di Covid. La candidatura di Speranza aveva innegabili vantaggi: lui è noto in regione ma allo stesso tempo ha avuto rilievo nazionale. Inoltre è parte della corrente più a sinistra del PD ed è stato segretario del piccolo partito scissionista Articolo 1: il suo orientamento politico gli avrebbe garantito un appoggio unitario del PD e del M5S, il cosiddetto campo largo.

Tuttavia Speranza non è mai stato entusiasta di questa ipotesi, e anzi quasi subito ha proposto un nome alternativo, Angelo Chiorazzo. Cinquantunenne imprenditore potentino attivo nel settore della sanità, Chiorazzo è stato vicepresidente del Potenza Calcio fino al gennaio scorso, è fondatore della cooperativa sociale Auxilium ed è molto apprezzato nel mondo dell’attivismo cattolico non conservatore, con contatti e amicizie in ambienti ecclesiastici locali e nazionali e tra importanti esponenti del centrodestra come Gianni Letta, storico consigliere di Silvio Berlusconi. La candidatura di Chiorazzo venne di fatto ufficializzata al termine di una direzione regionale del PD il 27 ottobre, proprio per volere di Speranza.

Angelo Chiorazzo, il candidato alla presidenza della regione sostenuto a lungo da Roberto Speranza (ALFONSO PECORARO/ANSA)

Su Chiorazzo non c’era stato un vero accordo, e pur essendo un candidato cosiddetto “civico”, cioè non un politico professionista, era identificato come un candidato del PD. Per questo il M5S si mostrò perplesso fin dall’inizio, ma Speranza rassicurò i dirigenti locali del suo partito: da sostenitore di Schlein, e grazie agli ottimi rapporti costruiti con Conte durante il periodo della pandemia, avrebbe saputo convincere i leader nazionali della coalizione della bontà del suo progetto.

Convincere il M5S a sostenere Chiorazzo fu più complicato del previsto e ci fu un lungo stallo, durato fino alla fine di febbraio. La vittoria della candidata del centrosinistra Alessandra Todde in Sardegna e l’insistenza della segretaria del PD Schlein sulla necessità di essere «testardamente unitari» nel costruire l’alleanza del campo largo, rafforzarono anche in Basilicata le posizioni di chi chiedeva di rinunciare a Chiorazzo e puntare su una candidatura che avesse anche il favore del M5S.

Per anni Speranza era stato un grande sostenitore dell’alleanza strutturale tra la sinistra e il M5S, tuttavia stavolta era lui a incaponirsi su Chiorazzo; al contrario, a chiedere un ripensamento per andare incontro al M5S in Basilicata erano esponenti della corrente più moderata e riformista del PD, come l’ex senatore e sottosegretario Salvatore Margiotta, che invece avevano sempre guardato con scetticismo all’intesa col M5S.

Il 2 marzo, nella direzione regionale del PD, c’è stata un’accalorata discussione di quasi sette ore, che ha portato a una mezza zuffa. Il responsabile dell’organizzazione del partito nazionale Igor Taruffi, che è emiliano e si occupa delle alleanze locali per conto di Schlein, ha insistito sulla necessità della candidatura unitaria, e per risposta è stato investito dalle urla dei sostenitori di Chiorazzo: «Tornatene a Bologna!». Speranza se l’è presa invece con Raffaele Pappalardo, consigliere provinciale del PD a Potenza, accusato di riprendere col cellulare la riunione chiusa al pubblico, e sono seguiti ulteriori insulti e offese. L’assemblea doveva definire una linea unica ma ha prodotto due diversi documenti: uno a sostegno della candidatura di Chiorazzo, l’altro che chiedeva una candidatura unitaria.

Nel frattempo anche gli ulteriori tentativi di convincere Speranza a candidarsi in prima persona sono falliti. Gli è stata attribuita dal Corriere della Sera una frase («Io gioco in nazionale e mi volete far tornare in serie B») che lui ha negato di aver pronunciato, ma che secondo diversi esponenti del PD anche a lui vicini rappresentano in modo piuttosto fedele il senso del suo rifiuto. Infatti qualsiasi futuro ruolo nazionale potrebbe essere incompatibile con un suo eventuale incarico di presidente della regione, ruolo che peraltro potrebbe essere compromesso in caso di una netta sconfitta a queste stesse elezioni regionali. Inoltre la sua famiglia vive ormai da anni a Roma.

Di fronte all’incapacità dei dirigenti lucani di trovare una soluzione unitaria, Conte e Schlein hanno fatto ricorso a un espediente tipico in situazioni del genere: hanno incontrato Chiorazzo e hanno chiesto a lui di indicare i possibili candidati condivisi sia dal PD sia dal M5S: un modo per fargli rinunciare alla candidatura mantenendo però un ruolo operativo.

Tra i candidati indicati da Chiorazzo, l’unico ritenuto più o meno solido era Domenico Lacerenza, primario del reparto di oculistica dell’ospedale San Carlo di Potenza, senza nessuna esperienza politica. Subito dopo l’annuncio della sua candidatura, Lacerenza ha dato interviste telefoniche a diversi giornali dicendo che lui non ne sapeva niente e di non aver fatto assolutamente nulla per proporsi. A Repubblica ha assicurato di non avere mai fatto politica: «Certo, ho delle importanti amicizie con tanti politici di quest’area, in particolare con Vito De Filippo, l’ex presidente della regione. Forse sarà stato lui una delle figure che avrà spinto, penso».

Un po’ per il modo in cui è arrivata la sua candidatura, un po’ per questo suo spaesamento, alcuni esponenti dello stesso centrosinistra hanno criticato la scelta di Lacerenza. Piero Lacorazza, per esempio, ex presidente del Consiglio regionale e dirigente del PD potentino, prima ha suggerito a Lacerenza di prendersi un giorno di pausa per riflettere, poi si è proposto lui stesso come possibile candidato. Carlo Calenda e Matteo Renzi hanno preso le distanze dalla decisione («Quando c’ero io c’erano le primarie, ora c’è il primario», ha detto Renzi). Gli unici convinti sono sembrati alcuni esponenti importanti del M5S, tra i quali anche l’ex presidente della Camera dei deputati Roberto Fico.

E così sabato Lacerenza ha rinunciato alla candidatura, scrivendo in un comunicato che «non posso non registrare le reazioni che ci sono state». Domenica, con il consenso dei leader nazionali Conte e Schlein, si sono riuniti i dirigenti locali dei partiti del centrosinistra rimasti convinti della necessità di costruire un’alleanza per le regionali del 21 e 22 aprile. Giovanni Lettieri del PD, Arnaldo Lomuti del M5S, Gianni Rondinone di Sinistra italiana, Francesco Alemanni di Europa Verde, Livio Valvano del Partito socialista italiano e Massimiliano Taratufolo di +Europa si sono accordati su Piero Marrese.

Poche ore dopo Chiorazzo ha deciso di ribadire la sua candidatura solitaria come leader della lista civica “Basilicata Casa Comune” e di altre liste che potrebbero unirsi, anche se i dirigenti del PD lucano stanno ora cercando di convincerlo a sostenere anche lui Marrese. Nel frattempo, i partiti di centro di Renzi e Calenda hanno annunciato il loro sostegno a Vito Bardi, il presidente uscente di Forza Italia e ricandidato dalla destra. La loro scelta è significativa poiché alle politiche del 2022, quando Italia Viva e Azione si presentarono come alleate, ottennero il 9,8 per cento in Basilicata. Azione, in particolare, può contare sul consenso personale ancora cospicuo di Marcello Pittella, ex presidente della regione con il PD.