La legge di bilancio è già cambiata, e probabilmente cambierà ancora

In questi giorni si sta discutendo sulla base di bozze non definitive che lo stesso ministero dell'Economia ritiene inattendibili

I ministri Giorgetti e Salvini durante la conferenza stampa per la presentazione della legge di bilancio (Roberto Monaldo/LaPresse)
I ministri Giorgetti e Salvini durante la conferenza stampa per la presentazione della legge di bilancio (Roberto Monaldo/LaPresse)

Nei prossimi giorni, verosimilmente tra sabato e lunedì, il disegno di legge di bilancio verrà consegnato in Senato. Da quel momento inizierà formalmente la “sessione di bilancio”, ovvero il periodo che il parlamento italiano dedica in via quasi esclusiva all’approvazione della cosiddetta “manovra finanziaria”, cioè appunto la legge di bilancio con cui si definisce la politica economica del governo dell’anno successivo. Benché il procedimento parlamentare non sia ancora cominciato ufficialmente, il dibattito politico e giornalistico sulla legge di bilancio è già in corso, basato sulle bozze che circolano da martedì 24 ottobre.

Su questo il ministero dell’Economia (MEF) ha diffuso un comunicato in cui scrive che «le indiscrezioni giornalistiche» sulla legge di bilancio «pubblicate in questi giorni su diversi temi di grande interesse (ad esempio pensioni, tasse, presunti prelievi da conti correnti e altro) sono frutto di bozze non definitive non diffuse dal MEF e dunque da ritenersi non attendibili».

Il punto è che le bozze sono documenti appunto provvisori che il parlamento potrà modificare, quindi la legge di bilancio molto probabilmente cambierà, almeno in parte. Anzi, si può dire che sia già cambiata rispetto agli annunci iniziali. Le bozze che circolano in questi giorni contengono infatti alcune novità rilevanti rispetto a quanto il governo aveva annunciato dopo l’approvazione del disegno di legge di bilancio durante il Consiglio dei ministri il 16 ottobre scorso. Subito dopo quel Consiglio dei ministri si a Palazzo Chigi era svolta una conferenza stampa in cui la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti avevano parlato dei contenuti del provvedimento.

Poi il ministero dell’Economia aveva iniziato a scrivere il disegno di legge nel dettaglio. E come spesso accade, la necessità di rispettare i vincoli di bilancio – cioè “far tornare i conti”, come si dice – aveva costretto i funzionari del ministero a rivedere alcune misure.

Sulle pensioni per esempio le divergenze tra quanto annunciato e quanto inserito nelle bozze sono significative. Giorgia Meloni aveva parlato in conferenza stampa della soppressione di APE sociale e Opzione donna, dicendo che questi due ammortizzatori che garantivano il pensionamento anticipato per alcune categorie di lavoratori sarebbero stati «sostituiti da un unico fondo per la flessibilità in uscita». Nelle bozze del ministero dell’Economia, in realtà, queste due misure restano, sia pure in una versione più restrittiva rispetto al loro attuale funzionamento. Per potere usufruire dell’APE sociale occorrerà aver compiuto 63 anni e 5 mesi, e non più soltanto 63 anni; per Opzione donna bisognerà avere invece 61 anni, e non più 60, ridotti di un anno per ciascun figlio fino a un massimo di due, sempre però che ci siano almeno 35 anni di contributi.

Nel complesso i requisiti per ottenere la pensione anticipata inseriti nella bozza del disegno di legge di bilancio risultano ancora più severi di quelli, già assai rigorosi, annunciati dal ministro Giorgetti in conferenza stampa. La cosiddetta “Quota 104”, che sostituisce la “Quota 103” finora in vigore, oltre al previsto aumento dell’età d’accesso (63 e non più 62), introduce anche una penalizzazione per chi vi aderisce: una riduzione dell’assegno mensile calcolata in circa il 4 per cento del totale, una sorta di disincentivo a richiedere il pensionamento anticipato. Aumenta poi anche la cosiddetta “finestra”, cioè il periodo minimo che intercorre tra il raggiungimento dei requisiti per il pensionamento anticipato e l’effettiva uscita dal lavoro: si passa da 3 a 6 mesi per il settore privato e da 6 a 9 mesi per il settore pubblico.

Anche un’altra misura significativa contenuta nel disegno di legge di bilancio è stata ripensata, e cioè il taglio del cuneo fiscale, che da solo impegna 9,9 dei circa 24 miliardi stanziati dalla manovra finanziaria. Il taglio del cuneo, cioè la riduzione delle imposte e dei contributi che si applicano sugli stipendi, era del 7 per cento sui redditi fino a 25mila euro e del 6 per cento per quelli tra i 25 e i 35mila euro. Il ministero dell’Economia nei giorni scorsi ha valutato modifiche a questa misura, ridefinendo le soglie di reddito interessate dal taglio e la progressività del taglio stesso.

L’obiettivo era di ridurre le distorsioni del cosiddetto “scalone”, cioè il fatto che chi guadagna poco più di 35mila euro finisca col pagare molte più imposte (circa un 6 per cento in più) di chi guadagna poco meno di quella cifra. Il ministero al riguardo aveva anche modificato un suo comunicato stampa contraddicendosi, come ha documentato il giornalista Luciano Capone del Foglio. Alla fine però si è tornati alla formulazione di partenza: quella presentata in conferenza stampa.

Ci sono altre novità emerse dalla lettura delle bozze del disegno di legge di bilancio, cioè l’introduzione di alcune tasse, sempre che il parlamento o il governo stesso non le modifichi. Per esempio la cedolare secca (cioè l’imposta sostitutiva dell’IRPEF che possono pagare i proprietari di immobili) sale dal 21 al 26 per cento per gli affitti brevi, quelli che durano meno di 30 giorni; aumenta anche l’accisa sul prezzo delle sigarette tradizionali, che si stima costeranno tra i 10 e i 12 centesimi in più a pacchetto, così come per quelle elettroniche e per il tabacco trinciato. Vengono introdotte anche alcune norme che facilitano il pignoramento diretto ai danni degli evasori, consentendo all’Agenzia delle Entrate di accedere per via telematica ai conti correnti di persone che hanno contratto debiti col fisco.

Tutti questi cambiamenti danno insomma l’idea di quanto il disegno di legge di bilancio sia ancora soggetto a possibili modifiche. Nel presentarlo il ministro Giorgetti aveva parlato di una manovra “blindata”, spiegando cioè che non ci sarebbe stato spazio per gli emendamenti di deputati e senatori, né di maggioranza né di opposizione. Erano seguite animate proteste dei leader dell’opposizione, Elly Schlein del Partito Democratico e Giuseppe Conte del Movimento 5 Stelle, che avevano denunciato una violazione delle prerogative dei parlamentari.

Il ministro per i Rapporti con il parlamento Luca Ciriani, di Fratelli d’Italia, il 18 ottobre scorso ha tentato di giustificare questa decisione presa «dal governo con i ministri e con i gruppi parlamentari», dicendo che «non è stata una imposizione ma una scelta di responsabilità». In realtà alcuni parlamentari di destra hanno preso male il fatto di essere stati esclusi dall’esame della legge, e anche per questo il governo sembra un po’ in difficoltà nel difendere la linea scelta. Giovedì Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura e capo delegazione di Fratelli d’Italia nel governo, ha alluso alla possibilità che qualche modifica possa esserci, dicendo che «la manovra va in parlamento dove ci saranno tutti gli spazi per poter discutere, come è normale che sia».

In teoria l’esame della legge di bilancio è il momento dell’anno più importante per un parlamentare, perché può incidere sulle scelte economiche del governo, può ottenere che alcune risorse pubbliche vengano destinate a progetti che ritiene importanti o che semplicemente stanno a cuore al proprio elettorato. Per questo i regolamenti parlamentari disciplinano in maniera rigorosa la già citata sessione di bilancio, che va dal 20 ottobre alla fine di dicembre.

La manovra finanziaria deve essere approvata in forma uguale da entrambe le camere, che faranno ciascuna la propria “lettura”, cioè analizzare, modificare e approvare il disegno di legge. Durante questa sessione, le camere non possono svolgere altre attività, a parte quelle connesse all’approvazione di decreti-legge che altrimenti scadrebbero.

La prassi parlamentare prevede che l’esame inizi alternativamente alla Camera, come accaduto nel 2022, o al Senato, come avverrà nel 2023. Per la Camera sono previsti 45 giorni al massimo per la prima lettura; il Senato per la prima lettura ha a disposizione 50 giorni. Questo serve per fare in modo che entrambi possano avere tempo e modo per studiare la manovra, correggerla e approvarla, tuttavia da parecchi anni questa prassi viene stravolta per almeno due motivi.

Innanzitutto i governi impiegano sempre più tempo a definire il disegno di legge e a trasmetterlo al parlamento. Il Senato quest’anno non ha ancora ricevuto il testo definitivo, cosa che sarebbe dovuta accadere entro il 20 ottobre. Poi da molto tempo succede che una sola delle due camere esamina e modifica davvero il disegno di legge, mentre l’altra è costretta, spesso a ridosso della fine dell’anno, semplicemente a votarlo senza poter cambiare nulla, perché altrimenti il provvedimento dovrebbe fare una terza lettura e si andrebbe oltre il termine ultimo del 31 dicembre.

Se questa è la consuetudine, quest’anno la libertà d’azione dei parlamentari sembra ancora più limitata per via del fatto che non ci sono molti soldi per le richieste di deputati e senatori. Come ogni anno il ministero dell’Economia riserva una certa cifra e la mette a disposizione dei parlamentari, quasi sempre per interventi che spesso si risolvono in piccoli finanziamenti in favore di alcuni territori o alcune categorie professionali, secondo una logica clientelare e non molto virtuosa. Nel tempo anche questo fondo si è andato progressivamente riducendo. L’anno scorso era stato di 330 milioni. Quest’anno dovrebbe essere di circa 100 milioni.

Dopodiché ci sono le questioni politiche interne alla maggioranza, che potrebbero a loro volta portare modifiche al disegno di legge di bilancio. Il partito che al momento è più scettico sull’impianto della manovra è la Lega di Matteo Salvini, di cui peraltro è vicesegretario il principale responsabile di questa legge di bilancio, Giancarlo Giorgetti. L’insofferenza di Salvini riguarda gli interventi per restringere i parametri di accesso alle pensioni, visto che i pensionamenti anticipati e agevolati sono una battaglia che la Lega porta avanti da anni. Fonti dello staff di Salvini hanno confermato al Post che in effetti c’è l’intenzione di chiedere modifiche alla riforma delle pensioni prevista nella legge di bilancio, ma è difficile dire in che modo la Lega possa ottenere qualcosa visto che mancano le coperture economiche.

Anche Forza Italia potrebbe pretendere modifiche alla legge di bilancio. Per esempio Antonio Tajani, segretario di Forza Italia e ministro degli Esteri, ha espresso una certa perplessità sull’aumento della cedolare secca per gli affitti brevi: «Abbiamo chiesto garanzie e sono certo che il ministro Giorgetti valuterà, perché non si possono penalizzare alcune realtà» ha detto. «Alcune cose sono state già corrette, ci batteremo perché non ci sia un aumento della pressione fiscale».