Il declino morale della società è un’illusione
Uno studio pubblicato su Nature che ha messo insieme decenni di sondaggi ha scoperto che è una percezione costante e comune a tutto il mondo
In certe discussioni abituali sulle qualità morali delle persone tende spesso a prevalere un’opinione, sostenuta da prove perlopiù aneddotiche, secondo cui quelle qualità sarebbero in declino da tempo. È molto condivisa cioè l’impressione che le persone siano meno altruiste, gentili, oneste e affidabili di quanto lo fossero un tempo. Ma non c’è di solito lo stesso accordo quando si tratta di stabilire il punto a partire dal quale il declino avrebbe avuto inizio: ogni persona, a seconda delle proprie esperienze e convinzioni ma anche di altri fattori, ha una propria idea.
Una ricerca da poco pubblicata su Nature e condotta da due psicologi statunitensi ha descritto il declino morale come una percezione molto comune, diffusa tra diverse popolazioni e condivisa in modo costante negli ultimi 70 anni. Le valutazioni negative espresse dalle persone riguardo alla moralità dei loro contemporanei, stando a un cospicuo insieme di sondaggi e studi longitudinali consultati dai due ricercatori, sono rimaste stabili e non sono peggiorate nel corso del tempo.
L’ipotesi sostenuta dai risultati della ricerca è che quella del declino morale sia una percezione ingannevole, favorita da un lato dalla tendenza a ricordare il passato in termini positivi e dall’altro da una sproporzionata attenzione alle notizie negative sul presente, tendenzialmente assecondata dai mezzi di informazione.
Gli autori della ricerca, Adam Mastroianni della Columbia University a New York e Daniel Gilbert della Harvard University a Cambridge, hanno analizzato prima di tutto una serie di 177 sondaggi specifici condotti complessivamente su oltre 220 mila persone statunitensi tra il 1949 e il 2019. I sondaggi includevano domande del tipo «Pensi che negli ultimi decenni in relazione al comportamento delle persone la nostra società sia diventata meno onesta ed etica, più onesta ed etica, o che non ci sia stato alcun cambiamento?» e «Allo stato attuale, pensi che la condizione dei valori morali in questo paese nel suo insieme stia migliorando o peggiorando?».
In risposta all’84 per cento circa delle domande la maggior parte delle persone attribuiva ai propri contemporanei una progressiva riduzione delle qualità morali. E la percentuale di partecipanti che segnalava la percezione di un declino morale non era influenzata dall’anno di somministrazione del sondaggio: è sostanzialmente stabile nei decenni. Risultati simili sono stati riscontrati in sondaggi analoghi condotti tra il 1996 e il 2007 in altri 59 paesi su oltre 354 mila persone: la percezione di un declino morale è stata riferita dalla maggior parte delle persone nell’86 per cento circa dei sondaggi.
I ricercatori hanno analizzato inoltre i risultati di sondaggi che fossero stati somministrati almeno due volte con un intervallo minimo di 10 anni, in modo da confrontare le risposte e misurarne l’evoluzione nel tempo. E contrariamente alle aspettative basate sulla convinzione di un declino morale in corso, le valutazioni fornite dalle persone che avevano partecipato allo stesso sondaggio in precedenza non erano peggiorate.
In sostanza, sulla base dei dati analizzati, quando alle persone viene chiesto esplicitamente di valutare il cambiamento morale affermano che c’è stato un peggioramento. Ma quando viene chiesto loro di valutare la moralità attuale dei loro contemporanei forniscono risposte che non cambiano nel tempo. «Le persone in tutto il mondo credono che la moralità sia diminuita, e lo credono fin dai tempi in cui i ricercatori glielo hanno chiesto», sintetizzano Mastroianni e Gilbert.
Per compensare in parte alcuni limiti inevitabili dei dati di archivio, dovuti per esempio alla difformità delle domande tra un sondaggio e l’altro, gli autori della ricerca hanno utilizzato anche dati ricavati da una serie di sondaggi condotti direttamente da loro nel 2020 negli Stati Uniti. Chiesero ai partecipanti di valutare quanto le persone fossero «gentili, oneste, simpatiche e buone» nel 2020 e quanto lo fossero, secondo loro, in anni precedenti. Anche da quei sondaggi emerse una chiara tendenza a riferire un peggioramento delle qualità morali nel corso del tempo. E l’inizio del graduale peggioramento era di solito collocato dai partecipanti più o meno intorno all’anno della loro nascita.
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I risultati della ricerca mostrano come la percezione del declino morale sia condivisa da persone differenti per genere, età, livello di istruzione, identità etnica e ideologia politica. «L’effetto dell’età è molto limitato», ha detto Mastroianni ad AFP, contraddicendo un’aspettativa molto comune secondo cui le persone più anziane sarebbero più inclini a descrivere il presente in termini negativi. E la percezione di un declino morale è più o meno equamente distribuita anche tra conservatori e progressisti.
La tendenza a individuare nel presente segni di un declino morale ha radici antiche ed è attestata in qualsiasi epoca, scrivono gli autori della ricerca citando un famoso passaggio della prefazione all’opera Ab Urbe condita, scritta tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C. dallo storico romano Tito Livio. «Si ponga attenzione a come, man mano che il rigore morale veniva meno, i costumi dapprima si siano infiacchiti, poi come siano sempre più degenerati, infine come abbiamo iniziato a precipitare, finché si è giunti a questi tempi in cui non possiamo tollerare né i nostri vizi né i loro rimedi».
Mastroianni e Gilbert hanno formulato due diverse ipotesi per cercare di spiegare perché l’inclinazione a riscontrare una decadenza dei valori morali nella società sia così presente e radicata nella storia. Una possibilità è che quei valori morali siano effettivamente in declino dappertutto e da millenni, e che tale declino sia abbastanza rapido da essere osservabile nel breve arco di una vita umana. Ma se così fosse, partendo dal presupposto che le società tengono o comunque lasciano tracce di comportamenti «estremamente immorali» come massacri, schiavitù e genocidi, un’attenta analisi di quelle tracce non dovrebbe mostrare – come invece mostra – una significativa diminuzione di quei comportamenti negli ultimi secoli.
«In media gli esseri umani moderni si trattano l’un l’altro molto meglio di quanto abbiano mai fatto i loro antenati, il che non è quello che ci si aspetterebbe se l’onestà, l’altruismo, la gentilezza e la bontà fossero diminuite costantemente, anno dopo anno, per millenni», scrivono i ricercatori.
Esiste poi una moralità di tutti i giorni e di cui non esistono tracce storiche altrettanto oggettive: quante volte le persone lasciano il proprio posto a una persona più anziana sui mezzi pubblici, per esempio. È il genere di moralità a cui le persone si riferiscono quando dicono cose come «le persone non si trattano più con rispetto reciproco» o «Una volta potevi lasciare la porta aperta di notte, ora non più», ha detto Mastroianni alla rivista scientifica Nautilus.
Ma i sondaggi analizzati da Mastroianni e Gilbert hanno effettivamente esplorato anche questo tipo di comportamenti morali, tramite domande come «Ieri sei stato trattato con rispetto per tutto il giorno?» e «Negli ultimi 12 mesi quanto spesso hai aiutato uno sconosciuto a portare la spesa o la valigia?». E anche da questo punto di vista le valutazioni fornite dalle persone – per quanto soggettive – non mostrano un declino morale, bensì una sostanziale stabilità nella frequenza riferita dei comportamenti ispirati da gentilezza e buona educazione nel corso del tempo.
L’ipotesi considerata quindi più probabile dai ricercatori per spiegare perché le persone credono stabilmente che sia in corso un declino della moralità è che ne siano convinte per effetto di una percezione illusoria, favorita da due diversi fenomeni psicologici. Il primo, noto come principio di Pollyanna, riguarda una particolare distorsione della memoria: la tendenza delle persone a rimuovere dai ricordi gli elementi negativi più facilmente di quelli positivi. E questo spiegherebbe in un certa misura un approccio tendenzialmente indulgente e nostalgico verso il passato.
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L’altro fenomeno psicologico coinvolto nella percezione del declino della moralità è la tendenza delle persone a cercare informazioni negative sugli altri, dirigendo l’attenzione verso eventi che rischiano di avere conseguenze indesiderabili sulla loro vita. I mezzi di informazione tendono ad assecondare questa tendenza nota, destinando un’attenzione sproporzionata ai comportamenti negativi delle persone. L’esposizione distorta alle notizie negative, secondo i ricercatori, potrebbe spiegare la convinzione comune che le qualità morali delle persone siano in declino.
Il pregiudizio negativo sulla moralità, osservano infine Mastroianni e Gilbert, tende a scomparire quando alle persone viene chiesto di valutare i valori morali di amici, familiari e persone che conoscono bene. Nei sondaggi condotti dai due psicologi statunitensi nel 2020 molte persone avevano segnalato un progressivo declino delle qualità morali nella società in generale, e allo stesso tempo un parallelo miglioramento di quelle qualità tra le persone che conoscevano direttamente.
L’illusione del declino morale potrebbe avere anche rilevanti conseguenze sociali e politiche, perché può esporre le persone al rischio di manipolazione psicologica. In un sondaggio del 2015 analizzato dagli autori della ricerca il 76 per cento delle persone negli Stati Uniti era d’accordo sul fatto che «affrontare il declino morale del paese dovesse essere una priorità assoluta per il governo». Opinioni di questo tipo potrebbero influenzare le scelte di voto, distogliendo l’attenzione da problemi meno astratti, come il cambiamento climatico, e rendendo più attraenti slogan ambigui, come «Make America Great Again», centrale nella campagna elettorale presidenziale di Donald Trump nel 2016.