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  • Sabato 14 gennaio 2023

Migliaia di persone hanno manifestato a Tunisi contro il presidente Kais Saied

E hanno chiesto le sue dimissioni nell'anniversario di un giorno importante per il paese

(EPA/MOHAMED MESSARA)
(EPA/MOHAMED MESSARA)
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Migliaia di persone hanno manifestato sabato a Tunisi contro il presidente Kais Saied, chiedendo le sue dimissioni. Le manifestazioni si sono tenute su Avenue Habib Bourguiba, nella zona centrale della città, lo stesso luogo in cui si radunavano i manifestanti nel 2011, durante le “primavere arabe”. Anche la data in cui sono state organizzate le proteste ha un forte valore simbolico: il 14 gennaio del 2011 fu il giorno della destituzione del presidente Zine El Abidine Ben Ali, che segnò la fine di un regime autoritario durato oltre vent’anni e avviò la transizione della Tunisia verso un sistema democratico.

I manifestanti hanno forzato le barricate della polizia e sono riusciti a compattarsi in un unico corteo: le autorità avevano inizialmente tentato di tenere separati i cortei organizzati parallelamente da diverse associazioni e partiti politici.

Per alcuni anni è sembrato che quella tunisina fosse l’unica vera democrazia uscita dalle primavere arabe: da quando è stato eletto, nel 2019, Kais Saied l’ha però smantellata pezzo a pezzo, e per questo si riparla di un ritorno dell’autoritarismo nel paese. Nel 2021 Saied aveva sciolto il parlamento e assunto i pieni poteri, invocando un «pericolo imminente per il paese». Da allora Saied ha fatto approvare una nuova costituzione e un nuovo controverso sistema elettorale, utilizzato per la prima volta lo scorso dicembre: alle elezioni ha votato solo l’8,8 per cento degli aventi diritto.

Il bassissimo tasso di partecipazione al voto era stato letto come un chiaro segnale della perdita di consenso del presidente, causata anche dalla pressante crisi economica che ha colpito il paese. In Tunisia da mesi è difficile reperire carburante e alimenti di prima necessità, l’inflazione e la disoccupazione sono in costante crescita mentre il rapporto fra il debito pubblico e il PIL (prodotto interno lordo) è salito all’89 per cento, contro il 47 per cento del 2011, facendo temere per la tenuta economica del paese.
Le principali forze politiche e i sindacati si oppongono a Saied, ma non sono ancora riusciti a costituire un fronte comune.