Veneto e Piemonte si contendono una grande fabbrica di chip

La multinazionale Intel ha assicurato un investimento da 4,5 miliardi di euro che nessuna delle due Regioni vuole farsi scappare

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Un chip di Intel (Slejven Djurakovic/Unsplash)
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La scorsa settimana l’agenzia di stampa Reuters ha scritto che il governo italiano avrebbe scelto il luogo dove sarà costruita una nuova grande fabbrica di Intel, una delle più importanti aziende produttrici di microprocessori al mondo. Il comune scelto, secondo Reuters, è Vigasio, che si trova in provincia di Verona, in Veneto. A poche ore dalla pubblicazione dell’articolo, tuttavia, il ministero dell’Innovazione si è affrettato a precisare che la scelta non era definitiva. Oltre al Veneto, infatti, anche il Piemonte si era detto pronto a mettere a disposizione un’area industriale per la nuova fabbrica. La contesa tra le due regioni, iniziata mesi fa, è ancora in corso.

Intel ha presentato un piano di notevoli investimenti in Europa lo scorso marzo. L’azienda ha detto che nei prossimi dieci anni saranno spesi 80 miliardi di euro per costruire o ampliare aziende nei paesi europei e in questo modo rafforzare la filiera della produzione di microchip, oggi importati quasi esclusivamente dall’estero.

I microchip (o semplicemente chip) sono componenti fondamentali di moltissimi prodotti, non soltanto di elettronica. Anche se spesso si pensa soprattutto a quelli presenti nei computer e negli smartphone, i chip sono ormai essenziali per qualsiasi apparecchio che abbia almeno una parte elettronica. In un’automobile, per esempio, ce ne sono decine, e servono a gestire i finestrini elettrici, il computer di bordo, il sistema di intrattenimento, gli airbag, i sensori di parcheggio e così via.

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Le nuove aziende europee di Intel si occuperanno di ricerca e sviluppo di nuovi prodotti, ma anche della costruzione vera e propria dei chip e della loro distribuzione. Il piano prevede un investimento da 17 miliardi di euro in Germania per la costruzione di due fabbriche a Magdeburgo, nello stato della Sassonia-Anhalt, dove lavoreranno circa tremila persone. Vicino a Plateau de Saclay, nella zona sud occidentale di Parigi, Intel realizzerà il nuovo polo di ricerca e sviluppo, la principale sede europea per la progettazione dei cosiddetti supercalcolatori, computer che permettono di elaborare un’enorme quantità di dati.

Intel vorrebbe portare in Italia parte della fase di produzione chiamata di back end, una delle ultime prima della distribuzione. Per realizzare un microchip, infatti, servono diverse centinaia di passaggi che servono a far diventare un sottile strato di silicio, detto “fetta”, una serie di microprocessori: la fabbrica italiana si occuperebbe di testare i chip secondo le caratteristiche per cui sono stati costruiti, di tagliarli e confezionarli con un processo che consentirà poi di inserirli correttamente nei dispositivi elettronici.

Intel si è detta pronta a spendere 4,5 miliardi di euro per costruire la nuova azienda, di cui una parte sarà coperta da un contributo dello stato: è uno degli investimenti esteri più rilevanti degli ultimi anni, tra le altre cose in un settore molto innovativo. Secondo le previsioni, nella fabbrica lavoreranno 1.500 persone a tempo indeterminato e verrà creato un indotto di circa 3.500 posti di lavoro. Le possibili ricadute economiche sono bastate a creare una certa competizione soprattutto tra le regioni del nord Italia.

Dopo una lunga selezione iniziale i due posti rimasti sono Vigasio, in Veneto, e un’area tra Volpiano e Settimo Torinese, nell’hinterland di Torino, in Piemonte. I due comuni hanno vantaggi diversi. Vigasio è in una posizione strategica, vicino all’autostrada del Brennero e alla ferrovia utilizzata per trasportare merci dall’Italia alla Germania e viceversa. I collegamenti con Magdeburgo, da cui proverrebbero i chip pronti per la fase finale della produzione, sarebbero molto veloci. Tra Volpiano e Settimo Torinese, invece, c’è una grande area occupata in passato da Eni e da Pirelli, vicina alla Spea, un’azienda che realizza macchinari automatici per il collaudo dei microchip per grandi gruppi come Apple, Bosch e Marelli. Con Intel, insomma, in Piemonte nascerebbe uno dei poli europei più importanti dei microchip a livello europeo.

Negli ultimi mesi le due ipotesi sono state valutate con attenzione dai funzionari del ministero dell’Innovazione. La questione, come si può immaginare, non è soltanto tecnica, ma anche politica. Sia il presidente del Veneto Luca Zaia che quello del Piemonte Alberto Cirio hanno lavorato a lungo per assicurarsi gli investimenti di Intel. A metà settembre è stato firmato un primo accordo tra lo Stato e la multinazionale, in cui però non viene citato il luogo dove la fabbrica verrà costruita: a meno di decisioni improvvise, il governo Draghi lascerà la scelta al prossimo governo.

Come scritto da Reuters, al momento sembra che il Veneto abbia qualche possibilità in più di vincere la concorrenza. Venerdì 30 settembre, durante la riunione dell’associazione imprenditoriale Assindustria Venetocentro, Zaia ha confermato di essere al lavoro sulla proposta da oltre un anno e di essere riuscito a recuperare lo svantaggio rispetto al Piemonte grazie a «garanzie incredibili» messe a disposizione dalla sua Regione. «Qui stiamo parlando di una nuova Silicon Valley», ha detto. Invece Cirio, il presidente del Piemonte, dopo l’articolo di Reuters ha ottenuto una rassicurazione dal ministro dell’Innovazione Vittorio Colao: «tutti mi hanno confermato che non ci sono stati passi avanti e non sono state fatte scelte».

La nuova fabbrica di Intel consentirà all’Italia di diventare uno dei principali nodi della filiera europea dei microchip, su cui sta investendo direttamente anche l’Unione Europea in seguito alla crisi di produzione causata in parte dagli effetti economici della pandemia da coronavirus e in parte a causa della crisi dei commerci globali.

La carenza di microchip, che ha causato grosse difficoltà a diversi settori tra cui quello automobilistico, oggi sembra essere meno grave rispetto alla fine del 2021, ma l’obiettivo dell’Unione Europea è prevenire nuovi problemi in futuro. Attualmente la produzione globale di microchip, specie di quelli più sofisticati, è dominata da tre paesi: Stati Uniti, Corea del Sud e soprattutto Taiwan, che con la sua multinazionale TSMC ha il 54 per cento delle quote del mercato mondiale.

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Il piano europeo, chiamato European Chips Act e presentato lo scorso febbraio, prevede investimenti complessivi per 43 miliardi di euro, divisi fra finanziamenti pubblici e investimenti privati, oltre che la costituzione di un fondo specifico per gli investimenti e un allentamento delle regole per gli aiuti di stato da parte dei paesi membri. L’obiettivo, ha spiegato la Commissione, è di arrivare al 2030 con una quota del 20 per cento di produzione mondiale di microchip. Attualmente, la produzione di microchip dell’Unione Europea è circa il 9 per cento di quella mondiale.

Secondo diversi imprenditori del settore, l’obiettivo dell’Unione Europea è troppo ambizioso. «Abbiamo calcolato che avremmo bisogno di un investimento di 500 miliardi di euro per raggiungere l’obiettivo di una quota di mercato del 20%», ha detto la scorsa settimana Kurt Sievers, amministratore delegato di NXP Semiconductors, uno dei principali produttori europei di chip con sede nei Paesi Bassi.

Altri paesi hanno presentato piani molto più impegnativi e costosi: la Corea del Sud ha approvato un piano decennale da 450 miliardi di dollari (quasi tutti forniti dal settore privato), mentre la Cina, nel decennio 2015–2025, ha investito e investirà 150 miliardi.