In Italia aumentano i sequestri di cocaina e marijuana

Lo dice l'annuale rapporto della Direzione Centrale per i Servizi Antidroga, insieme a molti altri dati sulle operazioni di polizia legate al narcotraffico

Un'operazione antidroga a Bologna (Foto Polizia di Stato)
Un'operazione antidroga a Bologna (Foto Polizia di Stato)
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Nel 2021 sono state sequestrate in Italia 91 tonnellate di sostanze stupefacenti, con un aumento di 32 tonnellate rispetto alle 59 del 2020. La crescita, in confronto all’anno precedente, è dovuta in parte all’allentamento delle misure restrittive contro il coronavirus, ma nel 2021 non solo si è tornati al livello dei sequestri del periodo prima della pandemia, in termini quantitativi, ma lo si è superato raggiungendo il massimo negli ultimi 40 anni. Questo nonostante siano diminuite le operazioni antidroga (-6,53%) e le denunce all’autorità giudiziaria (-4,70%).

I dati sono quelli comunicati nella relazione annuale della Direzione Centrale per i Servizi Antidroga, che è l’organismo interforze costituito da personale della Polizia, della Guardia di finanza e dei Carabinieri. Alla Direzione centrale, con una rotazione triennale, c’è di volta in volta un dirigente della Polizia, un generale dei Carabinieri o un generale della Guardia di finanza. Il compito è quello di coordinare le attività nella prevenzione e repressione del traffico di stupefacenti.

Un aumento significativo di quantitativo sequestrato riguarda la cocaina: 20,07 tonnellate nel 2021 contro le 13,6 del 2020. Secondo il rapporto, i primi mesi del 2022 seguono la stessa tendenza. È una crescita costante che va avanti da anni: nel 2018 le tonnellate sequestrate erano state 3,6, passate a 8,2 nel 2019 e a 13,6 nel 2020. La maggior parte dei sequestri (69,13%) avviene alle frontiere e si arriva al 98,7% se si considerano anche gli ingressi marittimi. Questo confermerebbe, secondo la DCSA, lo sviluppo da parte delle organizzazioni criminali di una nuova rotta mediterranea: gli stupefacenti dopo aver fatto tappa nei porti italiani e in particolare a Gioia Tauro partono verso i porti dell’area balcanica, nel Mar Egeo e nel Mar Nero, affidati a organizzazioni albanesi e serbo montenegrine.

Un notevole incremento di sequestri è avvenuto anche per ciò che riguarda hashish (+113%), il prodotto della lavorazione della resina delle infiorescenze della cannabis, e marijuana (+135%), che invece è proprio il fiore della cannabis. Il dato totale è di 67,7 tonnellate: la cannabis è la sostanza maggiormente sequestrata in Italia. È specificato nel rapporto però che una quota consistente dei sequestri, pari a 20,9 tonnellate, riguarda «infiorescenze e prodotti derivati a basso contenuto di THC», il principale principio attivo della marijuana.

La maggior parte dei sequestri di hashish è avvenuta nel Nord Italia mentre al Sud e nelle isole è stata sequestrata più marjiuana. Accanto ai sequestri di sostanze importate ci sono poi quelli di produzione nazionali: l’aumento rispetto all’anno precedente è avvenuto soprattutto in Sardegna, con un aumento del 498% delle infiorescenze di marijuana e del 150,62% di piante sequestrate.

L’eroina sequestrata è stata pari a 567,52 kg con un aumento di poco superiore al 10%. I volumi sequestrati di questa sostanza riscontrano negli anni oscillazioni non molto rilevanti: segno, secondo la DCSA, di una costanza della domanda, «riferibile a un numero pressoché stabile di consumatori». In particolare è tornata ad aumentare, dopo anni di diminuzione, la fornitura proveniente dall’Afghanistan. L’incremento era cominciato nel 2020, cioè prima del ritorno al potere dei talebani, che hanno poi nuovamente vietato la coltivazione del papavero da oppio: la tendenza insomma potrebbe cambiare.

La quantità di droga sintetica – cioè risultato di processi chimici di laboratorio – sequestrata in Italia nel 2021 ammonta a 137,95 kg, il terzo valore più alto di sempre dopo 2017 e 2020. In particolare, rispetto al 2020, c’è stata una fortissima diminuzione, -99,03%, ma perché nel giugno 2020 nel porto di Salerno furono trovate 14 tonnellate: erano 84 milioni di pastiglie per un valore di mercato superiore al miliardo di euro. Tutto il quantitativo (il sequestro comprendeva anche 2,8 tonnellate di hashish) fu poi bruciato nel termovalorizzatore di Ravenna. Per portare gli stupefacenti dalla Campania all’Emilia-Romagna furono utilizzati due autoarticolati scortati da 50 finanzieri, nove blindati e due elicotteri.

Quello che sta accadendo, secondo il direttore centrale della DCSA che ha firmato il rapporto, Antonino Maggiore, è l’affermarsi, accanto alle tradizionali organizzazioni criminali, di una «imprenditoria delinquenziale “fai da te”, che permette di avviare redditizie attività di spaccio, utilizzando le potenzialità offerte dal web, in termini di facilità di accesso e di “anonimato”, e dal cosiddetto e-commerce. (…) Molti degli applicativi di messaggistica istantanea, permettendo comunicazioni anonime, addirittura criptate e ad eliminazione automatica, sono diventati strumenti molto diffusi nell’attività di spaccio e affiancano, nell’open web, le transazioni di stupefacente, che si svolgono, grazie all’utilizzo di particolari software di “anonimizzazione” e di delocalizzazione, nel deep web e nel dark web».

Sono state intercettate, nel 2021, 32 cosidette Nuove Sostanze Psicoattive (NSP), cioè, scrive la DCSA, «molecole per la maggior parte di origine sintetica, ottenute attraverso una manipolazione delle strutture chimiche di base di psicotropi già sottoposti a vigilanza, prodotte con l’obiettivo di immettere sul mercato clandestino sostanze sottratte ai controlli, perché non comprese nelle tabelle internazionali». Queste 32 nuove sostanze sono state segnalate al Sistema Nazionale di Allerta Precoce (SNAP) che ha il compito di monitorare la presenza e la diffusione di nuove sostanze in Italia, anche per studiarne e valutarne la pericolosità.

Sono leggermente diminuite, rispetto all’anno precedente, le morti per abuso di stupefacenti, che restano comunque 293 rispetto a 309 dell’anno precedente. Dal 1973, anno in cui hanno avuto inizio le rilevazioni, il numero totale “ufficiale” di morti in Italia legato al consumo di stupefacenti è di 26.448: il maggior numero di morti venne registrato negli anni Novanta, e nel solo 1999 furono registrati 1.002 decessi.

Sempre nel 2021 sono state denunciate 30.083 persone per reati legati al traffico e allo spaccio. Di queste 9.232 erano persone straniere (soprattutto marocchine, gambiane, albanesi, tunisine, nigeriane). È il numero più basso degli ultimi anni in percentuale rispetto alle persone italiane.

Per quanto riguarda il traffico su larga scala e le modalità adottate dalle organizzazioni criminali, il coordinamento interforze parla di due novità: l’utilizzo sempre maggiore di tecnologia crittografica usata per comunicare, e le contiguità, soprattutto nei porti, di lavoratori che aiutano le organizzazioni nello spostamento dei container nei quali sono nascosti gli stupefacenti.

Tra le varie organizzazioni criminali, il ruolo egemone ormai da molti anni è esercitato dalla ’ndrangheta calabrese: «Questa organizzazione», è scritto nel rapporto, «grazie alla presenza di propri esponenti e broker operativi, stabilitisi nei luoghi di produzione e nelle aree di stoccaggio temporaneo delle droghe, non solo sul territorio nazionale, ma anche a livello europeo, continua a rivestire un ruolo primario nella gestione del traffico mondiale delle sostanze stupefacenti, un vero e proprio “player” in grado di delocalizzare le proprie illecite attività a livello mondiale».

La mafia siciliana, dopo che le forze di polizia hanno condotto operazioni molto efficaci sulle attività di estorsione, che è quella storicamente più praticata da Cosa Nostra, è tornata a concentrarsi molto sul traffico di stupefacenti, che genera enormi profitti a fronte di minori rischi.

La camorra campana, rappresentata da centinaia di clan in lotta tra loro o stretti in alleanze molto fragili, è concentrata soprattutto sul traffico di hashish e cocaina per cui utilizza basi operative in Spagna e nei paesi arabi, in accordo con la ’ndrangheta.

Le organizzazioni pugliesi (“società foggiana”, “mafia garganica” e “malavita cerignolana”, “criminalità barese”, e “sacra corona unita”, tuttora radicata nel Salento) gestiscono soprattutto il traffico di derivati della cannabis provenienti dalle sponde balcaniche dell’Adriatico. Nella zona garganica c’è anche stato un aumento della coltivazione di marijuana, in zone piuttosto impervie e dove la vegetazione è molto fitta.

Nel 2021 hanno incrementato le attività anche le organizzazioni criminali straniere. In particolare la criminalità albanese è quella più presente in gran parte del territorio italiano: i gruppi criminali albanesi sono considerati i più efficienti nel movimentare ingenti quantità di cocaina ed eroina in Europa, curando ogni fase della catena distributiva, dal prelievo dello stupefacente nei porti olandesi e belgi al trasporto su mezzi appositamente modificati fino alla successiva fase di spaccio in territorio italiano.

Altra organizzazione in crescita, sempre per quanto riguarda il traffico di stupefacenti, è la mafia nigeriana, presente in tutte le regioni ma in particolare nel litorale domizio, nella provincia di Caserta e nell’hinterland romano. 

Molto attive sono anche le organizzazioni nordafricane, in particolare dell’area del Maghreb che, nelle regioni del Sud, agiscono in posizione subordinata rispetto a ’ndrangheta, mafia, camorra e mafia pugliese mentre nel nord e centro Italia sono indipendenti e hanno conquistato l’egemonia in alcune città.

Altro fenomeno in crescita è quello delle bande nate nelle comunità sudamericane, soprattutto al Nord (salvadoregne, ecuadoriane, peruviane e dominicane): si tratta di gruppi formati da giovani e giovanissimi che, dice il rapporto, «traggono la fonte principale di sostentamento dello spaccio di sostanze stupefacenti. Si tratta di un fenomeno in crescita, che desta preoccupazione e allarme, soprattutto per il ricorso sistematico alla violenza da parte degli affiliati».