Oggi è la Festa della Repubblica Italiana

Si celebra per ricordare il referendum con cui nel 1946 gli italiani votarono per sceglierla come nuova forma di governo, dopo la fine del fascismo

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella davanti al monumento al Milite Ignoto 
(AP Photo/ Gregorio Borgia)
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella davanti al monumento al Milite Ignoto (AP Photo/ Gregorio Borgia)
Caricamento player

La Festa della Repubblica italiana si festeggia oggi per ricordare il referendum del 2 giugno del 1946 con cui più di 28 milioni di italiani furono chiamati a scegliere la nuova forma di governo del paese dopo la fine del fascismo. In quell’occasione gli italiani scelsero la Repubblica, con 12.718.641 voti contro i 10.718.502 della Monarchia. Al contempo, si votò anche per eleggere i membri dell’Assemblea costituente: la Democrazia Cristiana ottenne la maggioranza relativa con 207 deputati sui 556 totali, mentre al secondo posto arrivarono i socialisti e al terzo i comunisti.

Nel 1946, 75 anni fa, l’Italia era appena uscita dalla Seconda guerra mondiale: il voto si svolse tra le macerie dei bombardamenti alleati e quelle delle demolizioni dei nazisti in ritirata, con centinaia di migliaia di italiani ancora sparsi per i campi di prigionia in tutto il mondo, intere province sotto governo militare straniero e un clima che sembrava vicino a quello di una guerra civile.

I risultati ufficiali del referendum furono annunciati il 18 giugno successivo, e fu proprio in quel giorno che la Corte di Cassazione proclamò ufficialmente la nascita della Repubblica Italiana. Gli italiani che avevano votato a favore della Repubblica erano circa 2 milioni in più di quelli che avevano votato alla Monarchia; 1.498.136 avevano votato scheda bianca o nulla e più di 3 milioni non parteciparono al voto.

Lo spoglio del risultato mostrò chiaramente che l’Italia era divisa in due metà. Nel Nord Italia quasi tutti i centri urbani principali votarono in favore della Repubblica, che ottenne il risultato più ampio a Trento, dove conquistò l’85 per cento dei consensi. In moltissime città del Sud, invece, la maggior parte degli italiani votò per la Monarchia: a Napoli e a Palermo, per esempio, la Monarchia ottenne rispettivamente 900mila e quasi 600mila voti, contro i 250mila e i 380mila raccolti dalla Repubblica. A Roma invece lo scarto in favore della Monarchia fu molto più sottile, circa 30mila schede.

– Leggi anche: Sette storie sul referendum del 2 giugno 1946

Non tutti gli italiani ebbero l’opportunità di votare. Non poterono partecipare alle elezioni i militari prigionieri di guerra nei campi degli alleati, alcuni dei quali si trovavano addirittura negli Stati Uniti, e non votarono nemmeno gli internati in Germania, che stavano cominciando lentamente a ritornare nel paese. Inoltre non si votò nella provincia di Bolzano, che dopo la creazione della Repubblica di Salò era stata annessa alla Germania e che dopo la fine della guerra era stata messa sotto governo diretto degli Alleati.

Non si votò nemmeno a Pola, Fiume e Zara, tre città che prima della guerra erano italiane, e che sarebbero passate alla Jugoslavia, così come non si votò a Trieste, che per diversi anni fu sottoposta all’amministrazione internazionale e fu al centro di un complicato contenzioso diplomatico che si sarebbe risolto soltanto nel 1954, con il ritorno della città all’Italia.

Fu però la prima volta che le donne poterono votare in un referendum e durante le elezioni politiche: avevano già potuto votare ed essere votate alle amministrative del 10 marzo precedente.

Anche se la leggenda è ancora molto diffusa, durante il referendum non ci fu alcun broglio. Secondo le analisi di storici ed esperti che hanno approfondito i risultati con tecniche moderne, il voto si svolse in maniera tutto sommato regolare; inoltre, creare artificialmente un distacco di quasi 2 milioni di voti avrebbe richiesto la complicità di migliaia di persone e lasciato dietro di sé una lunghissima scia di prove. La leggenda, comunque, è rimasta viva: in parte a causa del clima teso che si respirava in quelle settimane e che continuò per anni a incombere sull’Italia, e in parte perché lo spoglio e il processo con cui venne annunciato il referendum furono gestiti in maniera incerta e a volte decisamente pasticciata.

I primi risultati erano arrivati il 4 giugno e sembravano dare in vantaggio la Monarchia. Durante la notte e la mattina del giorno successivo la Repubblica passò in netto vantaggio e il 10 giugno la Corte di Cassazione proclamò il risultato: nel comunicato, però, a sorpresa utilizzò una formula dubitativa, rimandando quindi l’annuncio definitivo al successivo 18 giugno, dopo l’esame delle contestazioni presentate soprattutto dai monarchici.

– Leggi anche: La storia delle prime elezioni della Repubblica

La Festa della Repubblica italiana esiste dal 1948, ma nel 1976 la parata militare che la caratterizzava fu annullata a causa del terremoto del Friuli Venezia Giulia. Dall’anno successivo, per più di vent’anni, fu una “festa mobile”: per non perdere un giorno lavorativo, infatti, fu deciso di festeggiarla ogni prima domenica di giugno. Nel 2000, su iniziativa del presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, il governo ristabilì la data della Festa al 2 giugno, assieme alle celebrazioni ufficiali.

Sia nel 2020 che nel 2021, come comprensibile, il programma del cerimoniale era stato modificato a causa della pandemia da coronavirus. Quest’anno le celebrazioni ufficiali prevedono che alle 9.15 il presidente della Repubblica Sergio Mattarella deponga una corona d’alloro in omaggio al Milite Ignoto all’Altare della Patria a Roma, alla presenza delle più alte cariche istituzionali dello Stato. Dopodiché assisterà alla tradizionale parata delle forze armate, e nel pomeriggio accoglierà 2.300 persone appartenenti a varie categorie con fragilità nel giardino del Quirinale. La cerimonia per la Festa della Repubblica italiana verrà accompagnata anche dal volo su Roma delle Frecce Tricolori, la pattuglia acrobatica dell’aeronautica militare.