Le elezioni politiche del 1948

Furono le prime della Repubblica Italiana: l'affluenza fu del 92 per cento e la Democrazia Cristiana ottenne quasi un voto su due

Un seggio alle elezioni del 18 aprile 1948
(ANSA)
Un seggio alle elezioni del 18 aprile 1948 (ANSA)

Il 18 aprile del 1948, al termine di una dura campagna elettorale, si svolsero in Italia le prime elezioni della storia repubblicana: le prime dopo la Seconda guerra mondiale e l’entrata in vigore della Costituzione, in cui si scontrarono principalmente la Democrazia Cristiana (DC) e il Fronte Popolare, formato da socialisti e comunisti. Era la prima volta che veniva eletto il moderno Parlamento italiano, quello che è stato rinnovato lo scorso 4 marzo.

Le elezioni del 1948 furono combattute e molto partecipate e l’affluenza fu superiore al 92 per cento. Al termine dello scrutinio risultò che la DC aveva ottenuto un trionfo: di fronte al 30 per cento del Fronte Popolare, la Democrazia Cristiana guidata dall’allora presidente del Consiglio Alcide De Gasperi raccolse il 48,5 per cento dei voti, un risultato mai più raggiunto da nessun altro singolo partito nella storia repubblicana.

Le elezioni del ’48 non furono le prime dopo la caduta del regime fascista, avvenuta il 25 aprile del 1945. Poco più di un anno dopo la fine della guerra, il 2 giugno del 1946, si erano già svolte le elezioni per l’Assemblea costituente e, nello stesso giorno, il referendum per scegliere la futura forma del governo del paese tra monarchia e repubblica (vinse la repubblica e, a differenza di quanto si sente dire spesso, non ci furono affatto dei brogli).

Le elezioni per l’Assemblea costituente furono un successo per la sinistra: socialisti e comunisti, che si presentarono separati, raccolsero quasi il 40 per cento dei voti, mentre la DC si fermò al 35 per cento. Dopo il voto venne formato un governo provvisorio guidato dal leader della DC, Alcide De Gasperi, ma di cui facevano parte anche comunisti e socialisti (il leader comunista Palmiro Togliatti fu ministro della Giustizia e autore di una famosa amnistia per i crimini commessi dai fascisti).

Dopo poco più di un anno De Gasperi espulse i comunisti dal governo e iniziò la lunga preparazione alle elezioni del 1948. Nessuno degli schieramenti si risparmiò nel tentativo di ottenere una vittoria. Gli avversari vennero attaccati frontalmente, demonizzati e delegittimati. Agli italiani l’elezione venne presentata come una scelta fondamentale tra il bene e il male, dove non era possibile adottare alcuna posizione intermedia. Comunisti e socialisti perseguirono questo obiettivo mettendo in moto l’enorme numero dei loro iscritti – ne avevano milioni – la forza dei sindacati e il carisma che ancora circondava i partigiani, in gran parte comunisti o socialisti. La DC poté godere dell’appoggio della Chiesa cattolica e dell’impegno militante di migliaia di sacerdoti, che furono fondamentali per portare a votare le masse contadine e i gruppi sociali meno politicizzati. Entrambe le coalizioni ricevettero finanziamenti dalle superpotenze che in quegli anni stavano iniziando a dividersi il mondo in sfere di influenza, gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica.

La campagna elettorale del 1948 è passata alla storia anche per i suoi manifesti, spesso colorati, espliciti, minacciosi o ironici. Uno dei più famosi è quello che disegnò l’umorista Giovanni Guareschi e che recitava “Nel segreto della cabina elettorale, Dio ti vede, Stalin no!”. Il Fronte Popolare scelse come simbolo elettorale una stella e un ritratto stilizzato di Giuseppe Garibaldi. In uno dei suoi manifesti si vede Garibaldi puntare il dito contro una caricatura di De Gasperi e dirgli: «Bada De Gasperi che nessun austriaco me l’ha mai fatta!» (De Gasperi nacque vicino a Trento, quando la città era ancora parte dell’Impero Austro-Ungarico). Alla fine fu la campagna della DC a dimostrarsi più efficace. Il Fronte Popolare raccolse meno voti di quanto avevano fatto due anni prima socialisti e comunisti separati. La DC, invece, ottenne il risultato migliore della sua storia e iniziò un’epoca di centralità nella politica italiana che sarebbe durata per il successivo mezzo secolo.

Un manifesto della Democrazia Cristiana per le elezioni del 18 aprile 1948, che denuncia “l’intenzione dei comunisti di privare i cittadini del diritto alla proprietà privata” (ANSA)