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  • Mercoledì 2 febbraio 2022

La grande truffa dei bonus fiscali scoperta a Rimini

Un gruppo di imprenditori è accusato di aver accumulato illegalmente 440 milioni di euro sfruttando quelli introdotti per la pandemia

Un palazzo in ristrutturazione a Bologna (Michele Nucci/LaPresse)
Un palazzo in ristrutturazione a Bologna (Michele Nucci/LaPresse)

La Guardia di Finanza di Rimini ritiene di aver scoperto una truffa di grandi dimensioni per sfruttare illegalmente i bonus fiscali stanziati dallo Stato per aiutare le imprese in difficoltà a causa della pandemia. Secondo gli investigatori avrebbe sottratto 440 milioni di euro, attraverso la richiesta di crediti d’imposta derivati tra gli altri dal bonus locazione, dal bonus facciate, dal superbonus 110% e da quelli legati all’edilizia antisismica, stabiliti nel 2020 dal Decreto Rilancio e poi prorogati negli anni successivi.

L’operazione è stata chiamata “Free Credit” e, partita dall’Emilia-Romagna, ha coinvolto aziende e professionisti in Abruzzo, Basilicata, Campania, Lazio, Lombardia, Marche, Puglia, Sicilia, Toscana, Trentino e Veneto. Sono state effettuate 80 perquisizioni ed emesse 35 misure cautelari: otto persone sono in carcere e quattro agli arresti domiciliari; sono state comunicate 23 misure interdittive, 20 a carico di imprenditori per l’esercizio d’impresa e tre a carico di commercialisti per lo svolgimento della loro professione. Le 12 persone arrestate (5 riminesi, due residenti a Barletta, una a Rovigo, due a Milano, una a Napoli e una a Salerno) sono accusate di essere gli ideatori della truffa.

La truffa, sostiene l’accusa, era iniziata sfruttando il bonus locazione e individuando aziende in crisi o addirittura sull’orlo del fallimento che avessero contratti di locazione. Il gruppo criminale sarebbe entrato nella società in crisi fino ad assumerne la guida, per poi richiedere all’Agenzia delle Entrate, come previsto dal bonus, l’erogazione del 60% dell’ammontare dell’affitto sotto forma di credito d’imposta, cioè essenzialmente uno sconto sulle tasse. Il credito ottenuto in questo modo, secondo la Guardia di Finanza, veniva ceduto a una società compiacente che a sua volta lo rivendeva, al 50% del suo valore nominale, a una società, spesso inconsapevole della truffa. Il Decreto Rilancio permette infatti di vendere subito, una volta ottenuto, il credito d’imposta. Il credito, a quel punto “ripulito”, poteva essere utilizzato dall’azienda acquirente come detrazione sulle tasse da pagare.

La truffa avrebbe funzionato così bene con le locazioni che i suoi ideatori, secondo la procura, avevano deciso di applicarla anche per altre agevolazioni come superbonus, 110%, bonus facciate e sismabonus. Attraverso professionisti complici, venivano dichiarati lavori di ristrutturazione, a volte anche all’insaputa dei proprietari degli immobili coinvolti, che non erano mai stati eseguiti. Illustrando i risultati dell’operazione la Guardia di Finanza ha fatto l’esempio di un bonus facciate da oltre 41 milioni di euro per lavori mai eseguiti.

La presunta organizzazione criminale, i cui capi si riunivano periodicamente a Rimini, era riuscita a controllare o a creare dal nulla 116 società, tutte intestate a prestanome. Erano questi ultimi a inserire sul portale dell’Agenzia delle Entrate la richiesta del credito d’imposta. Come riportato da Rimini Today, nei dialoghi telefonici intercettati dalla Guardia di Finanza uno dei capi dell’organizzazione diceva a un suo complice che era in grado di far inserire decine e decine di richieste «in una mangiata di panzerotto». Un prestanome, intercettato, diceva: «Non hai idea di quanti soldi hanno fatto. Non sanno più dove andare ad aprire i conti corrente in giro per il mondo per mettere i soldi». Un altro, sempre al telefono, spiegava come il coronavirus gli avesse «portato bene».

L’indagine era iniziata a Rimini la scorsa estate dalle verifiche su una procedura fallimentare che aveva coinvolto una società locale: un commercialista aveva segnalato alla Guardia di Finanza un’anomala cessione di crediti d’imposta. Nell’ordinanza della Procura di Rimini che ha dato il via agli arresti è scritto, come riporta il Corriere della Sera, che gli indagati «trasmettevano telematicamente comunicazioni di cessione crediti indicando falsamente che le società e le persone fisiche gestite dall’associazione criminosa avessero maturato crediti di imposta per importi elevati commisurati ai canoni di locazione o ai lavori edili pagati negli anni 2020, 2021».

Tre degli indagati hanno precedenti per associazione a delinquere di stampo mafioso. Nel corso dell’indagine è stato scoperto che con i soldi provenienti dalla vendita dei crediti d’imposta erano stati comprati lingotti d’oro per 2 milioni di euro e 7 milioni in criptovalute. Parte dei profitti sono stati investiti in società immobiliari e commerciali a Cipro, Malta, Madeira. Durante le perquisizioni, per cui sono stati utilizzati i cash dog, unità cinofile addestrate a fiutare l’odore dei soldi, sono stati trovati trolley con contanti e gioielli.