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  • Giovedì 28 gennaio 2021

Perché stiamo somministrando solo le seconde dosi del vaccino

Non si deve tanto ai ritardi di Pfizer, quanto alla strategia scelta dalle regioni: e non è per forza una brutta notizia

(Mauro Scrobogna /LaPresse)
(Mauro Scrobogna /LaPresse)

Negli ultimi sette giorni in Italia sono state somministrate quasi soltanto le seconde dosi del vaccino contro il coronavirus, quelle cioè del richiamo per chi aveva già ricevuto la prima dose nelle settimane precedenti. C’entrano anche i ritardi di consegna delle dosi di Pfizer-BioNTech, ma l’impatto non è così significativo come si potrebbe dedurre dal dibattito e dalle accuse degli ultimi giorni. Il rallentamento è dovuto più che altro alle strategie scelte dalle regioni, e non è detto che sia una notizia negativa, anche se potrebbe diventarlo nelle prossime settimane se – come sembra – ci saranno nuovi intoppi nella produzione e nella consegna di nuove dosi.

La campagna vaccinale era partita il 27 dicembre 2020, e dopo un inizio stentato ha avuto una ripresa piuttosto rapida, tanto che per circa dieci giorni l’Italia è stata in testa alla classifica europea del numero di vaccinazioni ogni 100 abitanti. Non è più così da quando, intorno alla metà di gennaio, molte regioni italiane hanno dovuto rallentare e poi fermare la somministrazione delle prime dosi.

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Organizzare una campagna vaccinale di massa è già di per sé molto complesso, ma con l’emergenza coronavirus si sono aggiunte variabili mai affrontate finora, come l’accelerazione del processo di autorizzazione dei vaccini e i notevoli sforzi industriali per garantire una produzione massiccia, che si aggiungono alla complessità di programmare la vaccinazione di milioni di persone. Per andare oltre le valutazioni sommarie e forse volatili legate alla strettissima attualità, i dati aiutano a capire se la strategia italiana può essere sostenibile anche in caso di nuovi intoppi.

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A che punto siamo
Mentre scriviamo questo articolo, in Italia risultano somministrate 1,6 milioni di vaccinazioni: 1,3 milioni di persone hanno ricevuto la prima dose, 293.501 persone hanno ricevuto la seconda dose di vaccino e quindi sono immunizzate. La campagna vaccinale è ancora nella fase 1, quella più semplice da organizzare perché coinvolge operatori sanitari, personale amministrativo di ospedali e aziende sanitarie, ospiti e personale della RSA.

In alcune regioni è iniziata anche l’ultima parte della fase 1 con la somministrazione del vaccino alle persone sopra gli 80 anni. Nella fase 2, grazie all’aumento previsto di fornitura dei vaccini, toccherà alle persone sopra i 60 anni, ai malati cronici e al personale scolastico “ad alta priorità”.

Come si può vedere dal grafico, in Italia l’inizio della campagna vaccinale è stato lento, poi dalla prima settimana di gennaio il ritmo ha iniziato ad aumentare fino alla vaccinazione di oltre 90mila persone al giorno. Dal 15 gennaio c’è stato poi un calo e il 17 gennaio è iniziata la somministrazione delle seconde dosi, a tre settimane di distanza dalla prima dose. Negli ultimi sette giorni il numero di prime dosi è sceso sotto le cinquemila iniezioni al giorno, mentre è naturalmente cresciuta la somministrazione delle seconde dosi.

In questo grafico, l’andamento della campagna vaccinale in Italia e in tutte le regioni

Negli ultimi giorni, molti giornali hanno interpretato questo andamento a forma di onda come una conseguenza dei ritardi di consegna comunicati da Pfizer. L’azienda farmaceutica ha ritardato la consegna di alcune dosi a causa di alcuni interventi di miglioramento dello stabilimento belga di Puurs e ha riprogrammato la consegna sulla base di sei dosi per fiala anziché cinque, come previsto inizialmente, in virtù del contratto stipulato tra Pfizer-BioNTech e l’Unione europea, basato sulla fornitura di dosi e non di fiale. L’estrazione della sesta dose, infatti, è stata autorizzata dall’EMA, l’Agenzia Europea per i Medicinali.

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Il commissario per l’emergenza coronavirus, Domenico Arcuri, ha chiesto all’Avvocatura dello stato di avviare un’azione legale sostenendo che questi cambiamenti improvvisi abbiano causato un danno a molte regioni. Arcuri ha parlato di un taglio del 29% delle fiale per la settimana scorsa, e del 20% questa settimana. Pfizer ha poi annunciato che già da questa settimana le forniture sarebbero tornate regolari e che dal 15 febbraio ci sarà un aumento di produzione.

Nonostante i ritardi siano contenuti rispetto alle previsioni di consegna, le polemiche degli ultimi giorni hanno portato molti a pensare che i ritardi abbiano causato il rallentamento della campagna vaccinale. In realtà l’andamento dipende molto dalla strategia scelta dalle regioni.

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Le possibili strategie
Considerato che il vaccino di Pfizer-BioNTech deve essere somministrato in due dosi a tre settimane di distanza, ci sono due possibili strategie di organizzazione. La prima è più prudente e prevede che nelle prime tre settimane venga somministrato il 50% delle dosi a disposizione. A partire dal 22esimo giorno, a tre settimane dalla prima dose, inizia la somministrazione dei richiami.

In questo modo, a ritmo costante di fornitura, si hanno dosi sufficienti per garantire i richiami a tutte le persone già vaccinate, e per continuare a somministrare anche le prime dosi senza interruzioni. Non è un caso che dopo le prime due settimane di vaccinazioni, il commissario Domenico Arcuri abbia consigliato alle regioni di tenere una scorta pari al 30% delle dosi.

La seconda strategia, invece, porta a vaccinare il maggior numero possibile di persone non appena avvengono le consegne. Dal 22esimo giorno, però, anche con una fornitura costante, la somministrazione delle prime dosi deve essere interrotta perché vanno somministrati i richiami. Il vantaggio di questa strategia è che si può iniziare a dare una prima protezione a più persone, portando a un possibile calo dei contagi e quindi della letalità della COVID-19. Ma c’è anche un rischio: in caso di intoppi nella fornitura e nella consegna, infatti, si rischia di somministrare la seconda dose a più di tre settimane di distanza dalla prima. Con la prima strategia, invece, si arriva a immunizzare tutti i primi vaccinati senza nessuna preoccupazione legata alle consegne.

L’area adibita alla somministrazione del vaccino, ospedale Niguarda, Milano (Matteo Bazzi/Pool via AP)

I dati dicono che l’Italia ha scelto una via di mezzo. Sono stati somministrati pochi vaccini nei primi giorni e poi si è arrivati a picchi di oltre 90mila vaccinazioni al giorno nella prima metà di gennaio. Dalla lettura dei dati regionali è ancora più evidente che ogni regione ha scelto una sua strategia e adesso ci sono situazioni molto diverse. Vittorio Nicoletta, dottorando di sistemi decisionali dell’Université Laval di Quebec City, in Canada, ha messo a punto un monitoraggio in tempo reale della disponibilità dei vaccini per garantire le seconde dosi. Secondo questa analisi, il Veneto ha vaccinato a un ritmo così veloce che ora si trova in difficoltà con le seconde dosi. Senza la consegna di 50mila dosi, prevista per giovedì, non avrebbe avuto l’autonomia necessaria per somministrare il richiamo a molti primi vaccinati. Un’analisi che trova conferma anche in molte testimonianze di medici sul territorio.

Si trova nella stessa situazione anche la provincia autonoma di Trento, mentre la Campania ha ancora un paio di giorni di autosufficienza con le scorte accumulate. Regioni come la Liguria e la Sardegna, invece, hanno vaccinato a ritmi lenti e quindi oggi hanno a disposizione dosi per garantire i richiami anche nel caso non venissero più fatte nuove consegne.

Come sta andando e come andrà
Una notizia positiva è che al momento l’Italia sta rispettando senza problemi i tempi di somministrazione della seconda dose. Come si può vedere dal grafico, la linea rossa che rappresenta i richiami sta percorrendo esattamente il tracciato delle prime vaccinazioni nella linea blu. Lo scostamento è minimo ed è dovuto principalmente a ritardi di notifica nel sistema di aggiornamento dei dati. Significa che tutte le persone a cui è stata somministrata la prima dose stanno ricevendo la seconda nei tempi previsti.

Il confronto tra l’andamento della somministrazione delle prime dosi e delle seconde (Vittorio Nicoletta/Twitter)

A questo proposito vanno anche registrate le dichiarazioni di Albert Bourla, amministratore delegato di Pfizer. In un’intervista a Bloomberg, Bourla ha detto che «è importante somministrare la seconda dose del vaccino Pfizer-BioNTech nella finestra di tempo appropriata, valutata e confermata dagli studi clinici, che è da 19 a 42 giorni». Già da un po’ si parla di un allungamento dei tempi di somministrazione della seconda dose: è la strategia scelta dal Regno Unito, anche se non tutti gli esperti sono convinti sull’utilità di questo approccio.

Finora l’Italia ha avuto a disposizione il vaccino di Pfizer-BioNTech e da pochi giorni anche le prime dosi del vaccino sviluppato da Moderna. Nonostante le azioni legali minacciate dall’Italia, Pfizer ha garantito che la produzione aumenterà ed è prevista una fornitura aggiuntiva di 13,2 milioni di dosi entro la fine dell’anno oltre ai 27,3 milioni già previsti.

C’è molta incertezza invece sulla distribuzione del vaccino sviluppato da AstraZeneca. Inizialmente l’Italia aveva previsto la consegna di 16,1 milioni di dosi nel primo trimestre del 2021, scesi poi a 8 milioni con una stima fatta dal ministero della Salute a fine dicembre. Ma venerdì scorso AstraZeneca ha annunciato una riduzione delle consegne: non si conosce ancora l’entità precisa del taglio, ma secondo fonti interne alla Commissione Europea potrebbe essere tra il 60 e il 75 per cento. Oltre a causare un ritardo della campagna vaccinale di almeno un mese, il taglio di AstraZeneca potrebbe portare molti problemi nella già complicata organizzazione italiana delle vaccinazioni.

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