13 migranti sono scesi dalla nave Open Arms

Per «motivi psicologici» e «complicanze mediche», ha scritto l'ong spagnola: intanto la nave è ancora ferma al largo di Lampedusa

La nave Open Arms, all'alba del 15 agosto 2019, vicino a Lampedusa (ANSA/ ELIO DESIDERIO)
La nave Open Arms, all'alba del 15 agosto 2019, vicino a Lampedusa (ANSA/ ELIO DESIDERIO)

Giovedì sera 9 dei 147 migranti a bordo della nave della ong spagnola ProActiva Open Arms sono stati fatti sbarcare a Lampedusa per ragioni «psicologiche» (non sono stati dati altri dettagli) e altri 3 sono stati fatti sbarcare nella notte «per complicazioni mediche che richiedono cure specializzate», con un quarto che è stato definito «accompagnatore». Open Arms è da diversi giorni al largo delle acque territoriali italiane, dove è entrata ieri dopo una discussa decisione del TAR del Lazio: finora però il governo italiano non le ha dato l’autorizzazione per attraccare al porto dell’isola e, dopo un esposto della Open Arms, la procura di Agrigento ha iniziato un’indagine contro ignoti per sequestro di persona e violenza privata.

Il problema principale per i migranti a bordo della Open Arms sono le condizioni igienico-sanitarie generali, che non sono buone: sono finiti gli antibiotici e molte persone con ferite da armi da fuoco hanno delle infezioni e hanno chiesto che alcuni medici dell’Ordine di Malta venissero fatti salire a bordo.

La nave di Open Arms si era avvicinata a Lampedusa dopo che mercoledì una sentenza del TAR del Lazio le aveva permesso di entrare in acque italiane sospendendo il divieto di ingresso emesso dal governo sulla base del cosiddetto “decreto sicurezza bis”, la legge che dà il potere al governo di vietare l’ingresso a qualsiasi nave per generici motivi di sicurezza. Nonostante la decisione del TAR del Lazio la nave di Open Arms non ha comunque potuto avvicinarsi al porto di Lampedusa perché il ministro dell’Interno Matteo Salvini è ricorso ai metodi che usava durante i primi mesi di governo per impedirglielo: ha fatto pressione sulle autorità locali per non rendere disponibili i porti.

Mercoledì aveva anche annunciato un ricorso al Consiglio di Stato contro la decisione del TAR e aveva firmato un nuovo provvedimento di interdizione delle acque italiane, ma gli altri due ministri competenti, la ministra della Difesa Elisabetta Trenta e il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli, non avevano voluto firmarlo a loro volta e per questo il provvedimento non ha validità.

La decisione del TAR non ha precedenti. Da settimane diversi esperti di immigrazione avevano ipotizzato che il “decreto sicurezza bis” potesse violare diverse leggi italiane e trattati internazionali in fatto di soccorso in mare e protezione dei richiedenti asilo. La situazione in cui versa Open Arms è piuttosto comune, e sulla base delle motivazioni fornite dal TAR è plausibile immaginare che altre ong bloccate dal governo potrebbero fare ricorso, con buone speranze di vincerlo.

Quello di ieri è stato il quinto trasferimento a terra di migranti a bordo della Open Arms per motivi medici negli ultimi 14 giorni.