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  • Lunedì 6 febbraio 2017

Emmanuel Macron fa sul serio

Il candidato indipendente francese va molto bene nei sondaggi, ma questo comporta anche conseguenze delicate: per esempio avere a che fare con Wikileaks e la Russia

Emmanuel Macron a Lione. (JEAN-PHILIPPE KSIAZEK/AFP/Getty Images)
Emmanuel Macron a Lione. (JEAN-PHILIPPE KSIAZEK/AFP/Getty Images)

«Oggi non è una dimostrazione di forza, perché la forza non serve a grandi cose. Oggi è la dimostrazione di un desiderio»: sabato 4 febbraio Emmanuel Macron ha parlato a Lione davanti a più di 10 mila persone che sventolavano bandiere francesi e bandiere dell’Unione Europea. Macron, candidato indipendente alle presidenziali francesi del prossimo aprile, continua a essere definito un «alieno» dai suoi principali avversari: ex consigliere del presidente François Hollande e fino all’anno scorso ministro dell’Economia, due anni fa era praticamente sconosciuto ma oggi secondo i sondaggi è diventato uno dei candidati favoriti.

Il successo di Macron viene attribuito dagli osservatori alle sue capacità, certamente, ma anche al contesto favorevole: il candidato della destra François Fillon sta passando un guaio che rischia di comprometterne la candidatura e le primarie del centrosinistra sono state vinte da Benoît Hamon, il candidato più a sinistra del Partito Socialista e dunque meno simile a Macron. Il risultato è che Macron ha cominciato a essere preso molto sul serio dai suoi avversari e dunque anche a essere il principale bersaglio di una serie di attacchi.

I sondaggi, intanto
I sondaggi fatti tra fine gennaio e inizio febbraio danno Emmanuel Macron in seconda posizione dopo Marine Le Pen del Front National, e prima di François Fillon dei Repubblicani. Fillon – che nelle ricerche precedenti era stabilmente in seconda posizione – ha perso consensi e questa tendenza negativa sembra essere confermata dai numeri. Solo i primi due candidati più votati al primo turno accedono al ballottaggio.

L’indagine più recente, condotta da BVA l’1 e il 2 febbraio, dice che Macron oggi arriverebbe al secondo turno delle presidenziali, essendo riuscito ad attirare anche parte dell’elettorato socialista deluso dalla sconfitta dell’ex primo ministro Manuel Valls alle primarie. I dati dicono che indipendentemente da una candidatura di François Bayrou – del partito centrista UDI, che non ha ancora deciso se presentarsi oppure no – Macron arriverebbe dopo Le Pen con il 21 per cento (se Bayrou si candidasse) e con il 22 per cento (se Bayrou non si candidasse). La leader del Front National è al 25 per cento e Fillon in terza posizione. Al secondo turno, nell’ipotesi di un ballottaggio tra Macron e Le Pen, vincerebbe Macron con il 66 per cento dei voti.

Il sondaggio di IFOP conferma quello precedente: al primo turno (nell’ipotesi che Bayrou si candidasse) Macron arriverebbe secondo con il 20,5 per cento contro il 18,5 di Fillon (e il 25 di Le Pen). Risulta anche che Macron abbia guadagnato consensi rispetto all’indagine precedente e che Fillon abbia invece perso 1,5 punti percentuali.

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In un ipotetico secondo turno tra Macron e Le Pen, vincerebbe il primo con il 63 per cento dei voti. Il sondaggio, poi, mostra come al ballottaggio la maggior parte dei sostenitori degli altri candidati voterebbe per Macron e non per Marine le Pen.
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La cosa più preoccupante che emerge dalle varie ricerche per Macron è che il suo elettorato risulta piuttosto volatile: molti elettori e molte elettrici che non sono sicuri e potrebbero ancora cambiare idea. Per questo motivo le prossime settimane di campagna elettorale saranno fondamentali, e sempre per questo motivo gli attacchi contro Macron dei suoi avversari si sono fatti negli ultimi tempi sempre più consistenti.

La campagna elettorale di Macron
La forza di Macron, dicono gli osservatori, è non essere un politico di sinistra tradizionale: Macron non si definisce «né destra né di sinistra» e dice di essere un «progressista liberale» in economia. Viene considerato un uomo carismatico e un oratore di talento, ma la curiosità e il successo crescente verso di lui e verso il suo movimento, En Marche!, sono dovuti non solo al suo talento ma anche alla delusione verso gli altri partiti.

Nei suoi comizi e nelle sue interviste Macron fa discorsi molto politici: parla di semplificazione, decentralizzazione, protezione e liberazione, dice di essere «il candidato del lavoro» e «il candidato della giustizia» a favore delle classi medie del paese. L’Europa è uno dei suoi temi centrali: la difende e ne parla bene, dice che «è la nostra migliore protezione, di fronte alla concorrenza sleale di cinesi e indiani» e che è «la nostra identità, il nostro sogno». Dice che la Francia non può bastare a se stessa e che l’Europa unita è fondamentale sia nella lotta al terrorismo che per affrontare i flussi migratori. Pensa che la vera sovranità non sia nazionale ma europea, e che chiudere le frontiere per proteggere la Francia dai rischi della globalizzazione (come propone Marine Le Pen) sia un’ingenuità.
Macron

A poco più di due mesi dal primo turno, però, Macron ha continuato a insistere sulla sua visione politica senza fare, di fatto, alcuna nuova proposta. Critica molto gli avversari, invece. Non condivide per esempio l’idea di Hamon di introdurre in Francia un “reddito universale”, quello che da noi viene chiamato reddito di cittadinanza, cioè un reddito base mensile per tutti o per certe categorie di persone indipendentemente dal fatto che abbiano un lavoro o meno («Mi oppongo a un progetto che vorrebbe che la promessa fatta a ciascuna e a ciascuno sia poter vivere dignitosamente in un ozio subito o scelto», ha spiegato Macron). Facendo riferimento a Fillon e al cosiddetto “affaire Penelope” che coinvolge sua moglie e due dei suoi figli, che avrebbero svolto per il Parlamento francese un lavoro fittizio, Macron ha detto: «Non possiamo più difendere un sistema politico le cui pratiche indeboliscono quotidianamente la democrazia».

Pur invitando i suoi sostenitori a non applaudire tutte le volte che parla male degli avversari, Macron ha rivolto gli attacchi più duri a Marine Le Pen. Ha ripreso lo slogan della candidata del Front National (che nelle stesse ora inaugurava la propria campagna elettorale a Lione) e che dice “In nome del popolo francese”, e ha accennato alla gerarchia del partito di estrema destra dove le principali cariche vengono trasmesse da padre in figlia e da figlia in nipote: «Alcuni oggi pretendono di parlare in nome del popolo, ma sono solo dei ventriloqui. Attribuiscono ai francesi dei valori che non sono i loro. Tradiscono la libertà restringendo i nostri orizzonti, tradiscono l’uguaglianza dichiarando che alcuni sono più uguali di altri, tradiscono la fratellanza perché detestano i volti che non assomigliano ai loro». E ancora: «Non parlano in nome del popolo, parlano a nome dei loro rancori. Non parlano per il popolo, parlano per loro stessi, di padre in figlia, di figlia in nipote».

Storie intorno alla candidatura di Macron
A queste critiche di Macron, ne corrispondono altrettante da parte dei suoi avversari sui contenuti della sua campagna elettorale e sulle sue proposte: ma sono cominciate a circolare anche diverse storie che hanno a che fare con supposizioni più generali e personali allo stesso tempo. Le Monde si è chiesto in un articolo di qualche giorno fa se non esistano due pesi e due misure da parte della giustizia e dei media nei confronti di Fillon e di Macron, riprendendo una domanda che aveva posto un importante politico dei Repubblicani francesi: «La procura ha sollevato la questione (di Fillon) dopo le rivelazioni di Le Canard Enchaîné. Perché quando altri giornalisti intervengono sul comportamento di Macron non si arriva a una indagine preliminare?».

Macron è sospettato di aver utilizzato i mezzi del ministero dell’Economia per preparare la propria candidatura alle elezioni presidenziali nei primi mesi del 2016, periodo durante il quale aveva lanciato il suo movimento senza dimettersi dal governo. Le accuse si basano sulle informazioni di due giornalisti che nel loro libro Dans l’enfer de Bercy uscito il 25 gennaio affermano che Macron, ministro dell’Economia fino all’agosto del 2016, abbia usato per sé l’80 per cento delle spese annuali di rappresentanza previste dal suo ministero: sarebbero almeno 120 mila euro, spesi fino ad agosto, mese delle sue dimissioni. Macron si è difeso dicendo che «nemmeno un centesimo del budget del ministero è stato usato per En marche!».

Un’altra accusa rivolta a Macron è che quattro suoi consulenti al ministero abbiano partecipato attivamente alla preparazione della campagna elettorale nel luglio del 2016, mentre erano ancora dipendenti del ministero e lui era ministro. Macron non ha negato ma ha detto che quei consulenti si erano presi dei giorni di ferie per scrivere il suo discorso. Alcuni giornali francesi scrivono comunque che è improbabile che queste accuse avranno conseguenze giudiziarie: un deputato centrista ha chiesto un intervento dell’Alta Autorità per la trasparenza nella vita pubblica: la pratica è in corso, ma è improbabile che l’Alta Autorità per la trasparenza si dichiari competente su un caso di questo tipo perché si occupa in realtà di controllare i patrimoni e i conflitti di interesse degli eletti e degli alti funzionari.

Intorno a Macron circolano poi altre storie. Macron ha lavorato come dirigente per il ministero dell’Economia e per un breve periodo nella divisione francese della banca Rothschild, ed è stato accusato dai Repubblicani di fare gli interessi in Francia delle banche statunitensi. Il deputato Nicolas Dhuicq, parlando a Sputnik, testata online di propaganda controllata dal governo della Russia, ha aggiunto che alcuni dettagli controversi della vita personale di Macron e i suoi legami compromettenti con le banche degli Stati Uniti «diventeranno presto pubblici». Le prove di queste accuse, secondo gli accusatori, sarebbero delle leggi che Macron aveva sostenuto quando era ministro dell’Economia e che avevano come obiettivo favorire la globalizzazione e il libero mercato, anche a scapito di alcuni grandi gruppi francesi. Macron è stato anche attaccato su questioni personali: qualcuno lo accusa di essere segretamente gay e dunque di essere sostenuto dalla presunta «lobby gay» e di condurre una doppia vita (è sposato con una donna).

C’è infine un’ultima storia: lo scorso venerdì Julian Assange, fondatore di Wikileaks, ha detto al giornale russo Izvstia che nelle email trafugate al Partito Democratico statunitense poco prima delle elezioni vinte da Donald Trump – trafugamento dietro al quale secondo le agenzie di intelligence statunitensi ci sarebbe il governo russo – ci sono «informazioni interessanti» che riguardano Macron. Nelle email già pubblicate da Wikileaks ci sono dei riferimenti a Macron, ma sembra che verranno pubblicate nuove cose: Assange ha detto che i dati vengono dalla corrispondenza privata della ex segretaria di Stato Hillary Clinton. Va precisato che in politica estera sia Le Pen che Fillon sono moderati e indulgenti con la Russia; Fillon ha parlato spesso della necessità di un riavvicinamento strategico con il governo di Putin, a cui vorrebbe togliere l’embargo imposto per via dell’annessione della Crimea. Fillon ha anche parlato in favore di un’alleanza con il dittatore siriano Bashar al Assad allo scopo di combattere lo Stato Islamico.

Nel frattempo, per limitare il fenomeno delle bufale e delle notizie false, Facebook ha attivato in Francia un nuovo servizio di segnalazione e controllo incrociato basato sulla collaborazione con alcuni importanti media francesi (Le Monde, AFP, BFM-TV, Franceinfo, Libération e 20 Minutes, tra gli altri). Facebook è stato molto criticato per non essere intervenuto in modo sufficiente nella diffusione di false informazioni durante la campagna presidenziale statunitense, lo scorso anno. Ci sono delle preoccupazioni che un’operazione simile si possa ripetere in occasione delle presidenziali francesi.