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  • Giovedì 17 settembre 2015

Tutti contro Trump

Nel dibattito di stanotte i candidati alle primarie dei Repubblicani – a cominciare da Bush – se la sono presa con l'imprenditore in testa ai sondaggi, che però ne è uscito quasi illeso

di Francesco Costa – @francescocosta

Donald Trump e Jeb Bush. (AP Photo/Mark J. Terrill)
Donald Trump e Jeb Bush. (AP Photo/Mark J. Terrill)

I principali candidati alle primarie del Partito Repubblicano degli Stati Uniti, in vista delle elezioni presidenziali del prossimo 8 novembre 2016, si sono confrontati mercoledì sera – la notte tra mercoledì e giovedì, in Italia – in un dibattito televisivo organizzato in California e trasmesso da CNN.

Il dibattito non ha avuto un vincitore chiaro – è stato interlocutorio, non dovrebbe avere grandissime conseguenze – ma rispetto al confronto precedente quasi tutti i candidati hanno criticato Donald Trump, il ricco e stravagante imprenditore che da molte settimane è in testa ai sondaggi. Trump ha ricevuto le critiche più dure da Jeb Bush e Carly Fiorina, ma la seconda è stata più convincente del primo. In generale il dibattito non è stato godibilissimo: è durato oltre tre ore, i candidati sul palco erano ben undici (alcuni a un certo punto visibilmente sudati), il giornalista moderatore ha governato poco la discussione ed è saltato freneticamente da un tema all’altro.

Fin dall’inizio Trump è stato preso di mira dagli altri candidati – rispondendo a tono – ma con Bush ci sono stati gli scambi più serrati. Jeb Bush è stato considerato a lungo il favorito di queste primarie ma da diverso tempo non riesce a ridurre il vantaggio di Trump nei sondaggi: è andato bene soltanto nell’ultima ora, mentre prima era stato debole e incerto. Nel corso del dibattito ha accusato Trump di avergli offerto dei soldi come donazioni elettorali, quando lui era governatore della Florida, perché ammorbidisse le sue posizioni contro il gioco d’azzardo e gli permettesse di aprire un casinò: «Ma io non posso essere comprato da nessuno». Trump ha negato di aver tentato di corromperlo, ma poi ha aggiunto: «Credimi, se l’avessi voluto, l’avrei ottenuto».

Più di una volta Bush ha attaccato Trump ma è uscito sconfitto dallo scambio di battute. Parlando di immigrazione a un certo punto ha chiesto con decisione a Trump di scusarsi con sua moglie, perché qualche tempo fa Trump aveva detto che Bush ha una posizione morbida sugli immigrati perché sua moglie è messicana. Trump ha semplicemente detto «no» e la discussione è proseguita, tra qualche imbarazzo, mentre il giornalista moderatore non è riuscito a ottenere da Trump una risposta sul suo ambizioso piano di costruire un muro tra Stati Uniti e Messico e deportare oltre confine circa 11 milioni di immigrati irregolari.

Un altro scambio complicato tra i due è avvenuto quando Bush si è trovato a difendere suo fratello George e Trump è intervenuto per criticarlo e dire che suo fratello è responsabile dell’elezione di Obama, perché «negli ultimi tre mesi è stato così disastroso che nemmeno Abraham Lincoln avrebbe vinto quelle elezioni». Quando Ben Carson, il neurochirurgo nero in ascesa nei sondaggi, si è detto d’accordo con Trump sulle sue perplessità sulla guerra in Iraq, Trump ha tentato goffamente di dargli il cinque.

Un’altra strana interazione fisica è arrivata alla fine del dibattito, quando il giornalista ha deciso di chiedere ai candidati quale nome in codice vorrebbero se diventassero presidenti. In una serie di risposte particolarmente goffe Bush ha detto che vorrebbe “Everready”, “Semprepronto”, e ha detto scherzando a Trump che è un nomignolo “molto energetico”, visto che Trump lo accusa spesso di essere moscio. Trump ha teso una mano a Bush che gli ha dato un cinque piuttosto rabbioso, ma sorridendo.

https://twitter.com/POLITICOvideo/status/644345998995771392

Nonostante abbia passato la gran parte del dibattito a difendersi da critiche e attacchi, cosa che potrebbe avere qualche conseguenza nei sondaggi dei prossimi giorni, Trump non è sembrato mai in grossa difficoltà. L’unico passaggio da cui è evidentemente uscito male ha riguardato Carly Fiorina, ex amministratrice delegata di HP, l’unica donna tra i candidati. Qualche giorno fa Trump aveva detto di Fiorina che «nessuno voterebbe mai per una con quella faccia». Riferendosi a una delle molte discussioni tra Trump e Bush – il primo aveva appena detto che una frase sui tagli alle spese per la salute per le donne perseguiterà il secondo – Fiorina ha detto: «Allo stesso modo, penso che in tutto il paese le donne abbiano sentito chiaramente cosa ha detto Donald Trump». Trump ha cercato di sdrammatizzare rispondendo che Fiorina ha «una faccia bellissima ed è una bellissima donna», ma il pubblico non ha reagito benissimo e Fiorina non ha sorriso.

Fiorina non aveva partecipato al primo dibattito perché andava ancora molto male nei sondaggi; ma dopo essersi fatta notare al confronto tra i candidati “minori” stavolta è stata promossa al palco principale ed è andata di nuovo molto bene, mostrando una certa efficacia oratoria e buona competenza, soprattutto in politica estera. Durante una discussione sull’uso ricreativo della marijuana – in cui Jeb Bush ha detto di essersi fatto una canna quarant’anni fa – ha ricordato la storia di sua figlia, tossicodipendente e morta a 35 anni. È stata, da unica donna candidata, l’unica a dirsi contraria a mettere la faccia di una donna sulle banconote da 10 dollari – «è un contentino, non cambia niente» – mentre altri hanno dato risposte più originali o sgangherate, finendo per darle implicitamente ragione: Bush ha detto che ci metterebbe la politica britannica Margaret Thatcher, Huckabee sua moglie, Carson sua madre (risposte più serie: Paul ha citato Susan B. Anthony, Cruz, Trump e Rubio hanno detto Rosa Parks, Christie ha detto Abigail Adams, Kasich ha detto madre Teresa di Calcutta, Walker ha detto Clara Barton).

Un altro candidato che è andato bene, seppure in un modo tutto suo, è stato Carson: a tratti è sparito dalla conversazione, ma non è mai stato davvero coinvolto negli attacchi più duri e ha mantenuto l’immagine da outsider e da personaggio che non appartiene al giro della politica (in molti stanno facendo notare che sono outsider anche Trump e Fiorina, ed è eloquente che i candidati più convincenti in questo momento siano quelli che non hanno nessuna esperienza politica).

Tra gli altri, sono stati quasi invisibili Mike Huckabee e Chris Christie, sono andati un po’ meglio dell’ultima volta Rand Paul e Scott Walker ma soprattutto hanno avuto una buona serata anche John Kasich e Marco Rubio, che hanno dimostrato di poter eventualmente raccogliere parte del sostegno più “istituzionale” di Jeb Bush se questo dovesse continuare a non essere convincente. Kasich – governatore dell’Ohio, preparato e moderato – si è staccato dalla maggior parte degli altri candidati quando ha detto che da presidente non straccerebbe subito l’accordo sull’Iran ma aspetterebbe di capire se può farlo funzionare; Rubio – giovane senatore della Florida di origini cubane – è stato convincente sia sull’immigrazione che sulla politica estera. È andato bene anche il senatore di estrema destra Ted Cruz, facendo dire a esperti e analisti che potrebbe diventare il candidato di riferimento di quell’area attirando a sé parte dei voti di Huckabee, Walker e Paul.

Le primarie – sia per i Democratici che per i Repubblicani – cominceranno il primo febbraio 2016 con i caucus in Iowa. Il prossimo dibattito tra candidati Repubblicani si terrà il 28 ottobre a Boulder, in Colorado: cioè in uno dei due stati che hanno legalizzato l’uso ricreativo della marijuana, tema che sicuramente tornerà nella discussione. Il dibattito sarà organizzato da CNBC e verterà soprattutto sull’economia. I candidati Democratici invece terranno il loro primo confronto televisivo il 13 ottobre a Las Vegas, in Nevada.