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  • Venerdì 6 febbraio 2015

In Venezuela va sempre peggio

La crisi economica continua, il paese è in recessione e mancano generi alimentari e medicine, il presidente Maduro dice che "Dio provvederà"

People queue outside a supermarket in Caracas on February 2, 2015. The price of the family shopping basket in Venezuela increased 93.2% in 2014, almost reaching the equivalent to US 5,000 dollars at the official rate, the teachers' union Centre for Documentation and Social Analysis reported. AFP PHOTO/JUAN BARRETO (Photo credit should read JUAN BARRETO/AFP/Getty Images)
People queue outside a supermarket in Caracas on February 2, 2015. The price of the family shopping basket in Venezuela increased 93.2% in 2014, almost reaching the equivalent to US 5,000 dollars at the official rate, the teachers' union Centre for Documentation and Social Analysis reported. AFP PHOTO/JUAN BARRETO (Photo credit should read JUAN BARRETO/AFP/Getty Images)

Il Venezuela è da tempo in crisi economica e ciclicamente si verificano carenze di alcuni prodotti di prima necessità con immagini ormai familiari di lunghe code fuori dai supermercati: nel 2013 è toccato alla carta igienica, negli ultimi giorni i giornali internazionali si sono occupati del prezzo dei preservativi e della mancanza di contraccettivi.

La recessione e il prezzo del petrolio
A fine dicembre, la Banca centrale del Venezuela ha detto che il PIL del paese nel terzo trimestre dell’anno è nuovamente sceso – del 2,3 per cento – e ha confermato così che l’economia del paese è in recessione. Sempre a dicembre, l’agenzia Fitch ha abbassato di due categorie il rating del paese, dalla categoria B a quella CCC, che indica i paesi per i quali il default è «una reale possibilità». Il tasso di inflazione lo scorso novembre è stato del 63,6 per cento, in aumento di dieci punti rispetto all’anno precedente: e si trattava del tasso più alto del continente e di uno dei più alti al mondo (per avere un’idea: il tasso di inflazione in Europa è lo 0,3 per cento, negli Stati Uniti è l’1,3 per cento). La crisi si è aggravata negli ultimi tempi anche a causa del notevole calo del prezzo del petrolio, da cui il Venezuela dipende per circa il 95 per cento delle proprie esportazioni.

Maduro: «Dio provvederà»
Da circa un anno e mezzo il presidente del Venezuela è Nicolás Maduro, che dal 2012 al 2013 è stato vicepresidente di Hugo Chávez, il carismatico presidente socialista morto per cancro il 5 marzo 2013, a 58 anni. Maduro non è Chávez, però, né per carisma né per popolarità. Il messaggio politico che l’ex presidente usava per alimentare il suo consenso si basava sulla denuncia del passato e sulla promessa di un futuro migliore per tutti. Per i venezuelani con meno di 30 anni – la maggior parte della popolazione – la politica è sempre stata identificata nel “chavismo”: con la morte di Chávez questo modello è stato considerato in qualche modo superato, senza che tra l’altro avesse portato i benefici che erano stati promessi.

Anche la retorica anti-americana e anti-imperialista ha perso in qualche modo la sua efficacia nonostante Maduro continui ad usarla diventando oggetto di prese in giro e parodie da parte delle opposizioni e di forti critiche da parte della stampa internazionale. Il 26 gennaio il New York Times ha ad esempio pubblicato un editoriale intitolato “Mr. Maduro in His Labyrinth” in cui definisce il presidente del Venezuela «stravagante e dispotico» e in cui dice in sostanza che il suo unico reale impegno è stato fino ad ora quello di preoccuparsi della propria sopravvivenza politica.

Sono in molti a giudicare poco incisive le reazioni e i provvedimenti di Maduro di fronte alla crisi basate principalmente su una serie di accuse e poche azioni concrete. Alla fine di gennaio è circolata molto una frase di Maduro che, parlando della difficile situazione economica e del calo del prezzo del petrolio, ha detto: «Dio provvederà». Maduro accusa gli Stati Uniti per aver invaso il mercato con il proprio petrolio nel tentativo di danneggiare l’economia russa. Negli ultimi giorni, ha chiesto al segretario generale dell’Unione delle nazioni sudamericane (Unasur), Ernesto Samper, di mediare tra il suo paese e gli USA per mettere fine a quello che continua a definire «il programma di Washington per destabilizzare il suo governo».

Incolpa da tempo anche gli oppositori politici del governo (che in primavera avevano anche organizzato diverse proteste represse dalla polizia, durante le quali sono morte 43 persone) e gli imprenditori del paese colpevoli, secondo lui, di lavorare con l’opposizione per estromettere il suo governo: negli ultimi giorni in Venezuela sono stati arrestati due dirigenti di una delle più grandi catene di farmacie del paese, Farmatodo; pochi giorni prima Maduro aveva ordinato l’arresto dei proprietari di una importante catena di supermercati accusati di «azioni speculative con effetti destabilizzanti per l’economia». Espropri e chiusure di negozi, fabbriche e altre attività si sono verificati anche nel corso del 2014 e alla fine del 2013 (il caso di cui si è parlato di più a livello internazionale è il sequestro di tutti i negozi Daka, una catena di elettronica diffusa in tutto il paese).

Nel frattempo
Nel frattempo manca la farina di mais, lo zucchero, il caffè, il latte per i bambini, l’insulina per i diabetici, i pannolini: gli scaffali dei supermercati sono sempre più vuoti e le farmacie senza medicine. Negli ultimi giorni diversi giornali internazionali si sono occupati di una carenza in particolare: quella dei contraccettivi e dell’aumento vertiginoso del loro prezzo. Una confezione da 36 preservativi attualmente costa quasi 4.800 bolivar corrispondenti a circa 660 euro. Sul mercato nero, il prezzo è molto più basso, ma è necessario acquistare in dollari. Anche potendo, preservativi e altri contraccettivi sono scomparsi e non si riescono più a reperire nella maggior parte delle farmacie e delle cliniche del paese dalla fine dello scorso dicembre. Resta dunque il fatto che per la maggioranza dei venezuelani acquistare preservativi resta una cosa impossibile.

Questa situazione si verifica in un paese che, tra quelli dell’America Latina – dopo Paraguay e Brasile – ha uno dei tassi più elevati di contaminazione da HIV e dove il numero di gravidanze tra le adolescenti è il secondo più alto del continente: 83 gravidanze ogni mille (negli USA, per capirci, sono 31 ogni mille e in Germania 4 ogni mille). Bloomberg, che si è occupato del caso, ha intervistato il direttore di un’importante organizzazione che si occupa di HIV in Venezuela, che ha detto: «Questa carenza minaccia tutti i programmi di prevenzione su cui abbiamo lavorato finora nel paese».

In Venezuela, inoltre, l’aborto è illegale, per cui la difficoltà di trovare contraccettivi porta ad un aumento del numero di decessi tra le donne e a un aumento del ricorso alle cliniche clandestine. Non solo: Bloomberg sostiene che la mancanza di preservativi avrà anche un impatto sull’economia a lungo termine, in quanto porterà le giovani donne ad abbandonare la scuola o il lavoro: «Una gravidanza non voluta è il segno del fallimento di un governo: il fallimento della sua politica economica, della sua politica nel campo della sanità pubblica e dell’istruzione».