Due aggiornamenti sui quadri di Monaco
Perché la notizia del ritrovamento non è stata diffusa per anni e perché alcune opere potrebbero restare all'uomo dell'appartamento in cui sono state trovate
Almeno 315 opere tra i quasi 1.500 disegni, dipinti, acquerelli e litografie ritrovati a Monaco e appartenenti al cosiddetto “tesoro di Hitler” probabilmente non potranno essere restituiti ai legittimi proprietari a causa di una provenienza incerta e potrebbero dunque restare all’intestatario dell’appartamento in cui sono state scoperte. Lo ha scritto domenica 10 novembre Focus, il settimanale tedesco che per primo ha anticipato la notizia del ritrovamento poi confermata dalla procura durante una conferenza stampa organizzata a Augusta la scorsa settimana. Per ora sono stati invece identificati gli ex proprietari di altre 194 opere presenti nell’appartamento e, sempre secondo Focus, le possibilità che in questi casi avvengano le restituzioni sono molto buone.
I quadri sono stati confiscati dai nazisti del Terzo Reich dai musei dei paesi europei occupati o trafugati a famiglie e collezionisti ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale. Sono state ritrovate nel febbraio del 2011 in un appartamento di Monaco, nel quartiere di Schwabing, che secondo Focus appartiene a Cornelius Gurlitt, figlio del mercante d’arte Hildebrand Gurlitt: l’identità dell’uomo proprietario dell’appartamento dove è stata fatta la scoperta non è stata invece né confermata né smentita dagli inquirenti. Le immagini incorniciate erano accatastate sullo scaffale di un ripostiglio, mentre le opere prive di cornice erano custodite in alcuni cassetti.
Nel settembre del 2010 Cornelius Gurlitt (semplicemente indicato come «un soggetto di sesso maschile», dalla procura) fu indagato per evasione fiscale ma senza conseguenze, fino a quando nel 2011, mentre si trovava su un treno che lo avrebbe dovuto portare da Monaco in Svizzera, venne fermato dai doganieri che gli trovarono nella tasca della giacca un busta con 9 mila euro in contanti. Fu ordinata una perquisizione nella sua casa di Monaco e furono così scoperte le opere. I quadri fanno apparentemente parte del cosiddetto “tesoro di Hitler”, di cui non si seppe più nulla dopo l’8 maggio 1945 quando il Terzo Reich fu costretto dagli Alleati alla resa. Negli anni si sono fatte molte ipotesi: che fosse andato distrutto in un bombardamento o durante i combattimenti. Alcuni di questi dipinti è stato confermato appartengano a una mostra organizzata nel 1937 e rientrano nella cosiddetta “Arte degenerata”: opere realizzate da artisti che il regime di Adolf Hitler riteneva avessero caratteristiche «devianti» e che potessero avere un’influenza negativa.
La questione della proprietà delle opere è molto complicata e tutta la faccenda fa comunque parte di un’indagine per frode fiscale. Nel febbraio del 2012 Gurlitt fu interrogato dalla polizia e poi rilasciato, attualmente è indagato. Il settimanale francese Paris Match scrive di essere riuscito a rintracciarlo e di averlo anche fotografato venerdì scorso a Monaco fuori da un centro commerciale. Gurlitt, che finora si è sempre rifiutato di parlare con i giornalisti, ha scritto una lettera al settimanale tedesco Spiegel chiedendo di «interrompere la pubblicazione del suo nome».
Molte persone, soprattutto gli eredi di alcuni collezionisti ebrei derubati dai nazisti e gli storici dell’arte, hanno chiesto di pubblicare online il catalogo dei quadri ritrovati. Ma la procura si è rifiutata spiegando che il fatto che la notizia sia stata diffusa e ripresa dai media internazionali ha danneggiato le indagini, ricordando che tutta questa storia per loro è soprattutto un’inchiesta per frode fiscale. «Possono dire quello che vogliono, ma il nostro obiettivo centrale è quello di investigare i crimini». Il procuratore Reinhard Nemetz ha anche spiegato perché per circa tre anni non sia stata data la notizia: fare il contrario sarebbe stato «controproducente, le indagini sarebbero state compromesse e le opere messe a rischio». Attualmente i quadri non si trovano più nel deposito della dogana a Garching, dove erano stati inizialmente trasferiti, ma in un luogo segreto: «la segretezza è la migliore sicurezza», ha spiegato Siegfried Kloeble della dogana di Monaco.