Il testo integrale del documento congressuale presentato da Matteo Renzi, candidato alla segreteria nazionale del Pd, in vista delle primarie del prossimo 8 dicembre. Il titolo è «Cambiare verso».
PREMESSA
La fotografia di queste ore ci consegna l’immagine di un’Italia stanca, impaurita, rassegnata. Sembra che il nostro tempo migliore sia alle spalle e che cambiare sia uno sforzo più impossibile che difficile. Non è così. Chi crede nella politica, nel valore e nella dignità della politica, sa che non è così, non può essere così. Ci meritiamo di più. E tocca a noi cambiare verso. Dobbiamo affrontare la paura con il coraggio, la stanchezza con l’entusiasmo, la rassegnazione con la tenacia. E dobbiamo sapere che la crisi che stiamo vivendo, crisi economica, finanziaria, occupazionale, certo, ma anche crisi di un modello di valori che va finalmente cambiato, è la più grande opportunità che noi abbiamo per restituire il futuro all’Italia. Questa crisi non va sprecata, noi non vogliamo sprecarla. È una crisi destinata a cambiare il senso di parole come benessere, lavoro, appartenenza. La sinistra vince solo quando costruisce il futuro, non quando si chiude sul presente. Nel 2013 il centrosinistra ha perso l’occasione più straordinaria per iniziare a cambiarel’Italia, perdendo elezioni politiche che sembravano già vinte. Inutile recriminare ormai. Abbiamo bisogno di una lettura sincera, però, delle cause di quella sconfitta. O di quella non vittoria, come la chiama qualcuno. Abbiamo bisogno cioè di capire dove abbiamo sbagliato, non per attribuire giudizi o dare pagelle: più banalmente perché non succeda di nuovo. Vogliamo cambiare verso a questo anno cambiando radicalmente non solo il gruppo dirigente che ha prodotto questa sconfitta, ma anche – e soprattutto – le idee che non hanno funzionato, le scelte che hanno fallito, i metodi che ci hanno impedito di parlare a. E vogliamo costruire un PD che sia in grado di concretizzare la speranza. Il PDL è in tutt’altre faccende affaccendato, i CinqueStelle hanno scelto di rifiutare qualsiasi collaborazione: purtroppo o per fortuna, solo il PD può in questo momento cambiare l’Italia. Il congresso e le primarie che ci aspettano sono dunque l’occasione più bella per restituire fiducia all’Italia. Avvertiamo il peso e l’onore di tutto questo. Vogliamo vivere questo tempo ispirati dalla curiosità, non dalla nostalgia. E abbiamo bisogno di discutere, di confrontarci, anche di litigare. Ma sulle idee, non sulle simpatie personali. Sulle proposte, non sui pregiudizi. Per questo invitiamo a leggere questo documento. A dialogare, a criticare, a proporre. E, alla fine, a coinvolgere quante più persone possibile nelle primarie dell’8 dicembre. Perché tutti quelli che dicono che questo congresso ha un risultato già scontato vogliono allontanare la nostra arma più preziosa: la partecipazione.
NOI VOGLIAMO CAMBIARE VERSO AL PD
1. Il PD ha perso iscritti e voti
Gli iscritti al PD sono 250 mila, ma erano oltre ottocentomila nel 2009. Avevamo detto di dimezzare i parlamentari, non di dimezzare gli iscritti. I dirigenti centrali che spiegavano come fosse meglio un partito pesante rispetto a quello leggero hanno finito con il lasciarci un partito gassoso… che ha visto l’evaporazione degli iscritti. Li abbiamo lasciati andare, li abbiamo lasciati soli. E intanto abbiamo perso oltre due milioni di voti. I 12 milioni di voti del 2008 sembrano il miraggio di una stagione lontana. Dobbiamo tornare a credere che la dimensione del PD sia quella di un partito grande, ampio, vincente. Può vincere solo un partito che sa convincere e coinvolgere. Noi non l’abbiamo fatto. Gli italiani ci hanno visto come una parte del problema, non come la soluzione.
2. Gli italiani vogliono cambiare. Più di votare Beppe Grillo che devono fare?
Gli italiani vogliono cambiare, ma cambiare davvero. Hanno votato persino Beppe Grillo per farcelo capire. E oggi che l’esperienza dei Cinque Stelle mostra tutti i limiti tipici della demagogia e del populismo, a noi il compito di recuperarne i consensi: chiedere più trasparenza alla politica non è antipolitica, ma buona politica. Prima lo diremo con forza e coerenza noi, prima sgonfieremo la forza del Movimento 5 Stelle che con i suoi 8 milioni di consensi costituisce la forza più rilevante fuori dal bipolarismo tradizionale. Per cambiare, però, dobbiamo iniziare a casa nostra, nel metodo e nel merito.
3. Si vince recuperando consensi in tutte le direzioni: centrodestra, Grillo, astensioni
Vuoi anche i voti del centrodestra? Sì. E vuoi i voti di Grillo? Assolutamente sì. Non è uno scandalo, è logica: se non si ottengono i voti di coloro che non hanno votato il Partito democratico alle precedenti elezioni, si perde. Tra di noi abbiamo spesso dato l’idea di essere interessati a parlare soprattutto a chi c’era già: non basta più, se mai è bastato. Non parliamo solo ai gloriosi reduci di lunghe stagioni del passato. Vogliamo parlare a chi c’era, e coinvolgerlo. Ma anche a chi non c’era, a chi ci sarà, a chi ci potrebbe essere se solo fossimo capaci di generare apertura e di lasciarci ispirati dalla curiosità. Il PD deve accogliere le speranze tradite di chi ha creduto in un progetto – diverso dal nostro, certo – che poi ha fallito: le speranze delle persone non hanno bollini, non hanno etichette. Hanno bisogno di risposte. Il PD deve essere spalancato alla curiosità, non rinchiuso nelle proprie certezze. Siamo stati bravi a farci del male. Abbiamo respinto ai seggi persone, uomini e donne che, armati della propria passione, erano usciti di casa per esprimere un voto, una scelta per noi. Abbiamo escluso chi voleva partecipare. Cosa c’è di più sbagliato, se non arroccare un partito? Nel voto, nelle idee. Dobbiamo fare l’esatto contrario, andare casa per casa a convincere, far uscire la nostra gente di casa e riportarla a partecipare, a scegliere insieme, a stabilire relazioni, a parlare di politica, a costruire l’idea che il partito ha del mondo. I tanti, non i pochi.
4. Il PD deve essere un luogo bello per la formazione politica
Cambiare verso significa riconoscerci bisognosi di imparare sempre. Specie noi addetti ai lavori: un partito che non faccia formazione politica è un partito di plastica, finto, inutile. Formare alla politica è una cosa bella, perché la politica è dignità con buona pace di chi ci insulta per questo. Costruire chi siamo, cosa vogliamo per il nostro Paese e qual è il nostro sguardo sul mondo. Perché mentre il partito era impegnato a guardarsi l’ombelico si è dimenticato di formare il suo stesso futuro. Chi si affaccia alla politica non può essere lasciato solo o considerato terra di conquista. Il PD deve parlargli di persona. Deve dargli del tu e offrire un percorso di cambiamento alla nuova classe dirigente. Allo stesso modo chi sta in Parlamento come nel consiglio comunale del municipio più piccolo ha bisogno di essere aiutato a studiare: come si scrive un’interrogazione e una delibera, certo. Ma anche come si va in tv e per dire cosa, come si sta sui social network, come si interviene in pubblico. E come si studiano – sui libri e non solo – i fenomeni che stanno modificando ontologicamente la nostra società. Viviamo un tempo di trasformazioni impressionanti: tutti e ciascuno abbiamo bisogno di studiare di più, per capire di più. Tutti abbiamo bisogno di rimetterci in gioco. Tutti dobbiamo farlo.