Vediamo il bluff

Letta, Napolitano e il PD ci hanno ricattato sulla necessità della sopravvivenza del governo: vedano di convincerci, a questo punto

Come avevamo spiegato due giorni fa, la giusta e logica richiesta di dimissioni del ministro dell’Interno alle cui spalle – nella migliore delle ipotesi – sono state illegittimamente espulse una donna e una bambina verso un paese autoritario che le tiene in ostaggio, poneva una contraddizione insanabile. Con le dimissioni di Alfano, c’è la fine del governo Letta, e chi desideri le prime deve desiderare o accettare la seconda.

Non lo accetta il presidente Napolitano e lo ha spiegato ieri, non lo accetta il Partito Democratico e ha deciso di votare contro la sfiducia ad Alfano, non lo accetta naturalmente lo stesso Enrico Letta e lo ha spiegato stamattina. Il suo intervento in Senato – chiaro ed efficace, come al solito – si può riassumere in sostanza così: «Per quanto grave sia quello che è successo e per quanto non crediate alle mie fragili dichiarazioni di innocenza del governo, il governo ha ambizioni e compiti molto più importanti a cui dovete continuare a dare fiducia». O volendo spingersi ancora più in là nella traduzione dei pensieri di Letta: «Al ministero dell’Interno hanno fatto un casino, io non me ne sono accorto, il ministero degli Esteri si è accorto del casino tardi e non ha voluto indebolire il governo accusando l’Interno, ma vi prego di continuare a farci fare tutte le altre cose che stavamo facendo e vi prometto che staremo più attenti, e mi dispiace per la signora e la bambina».

Accettata la logica di Letta e Napolitano e del PD – per cui far cadere il governo sarebbe un disastro peggiore assai del non far pagare al ministro Alfano la sua inadeguatezza – è inevitabile che l’unica soluzione possibile sia questa, e che si paghino dei prezzi gravi, come ha spiegato bene oggi Michele Serra. Ed è una situazione molto sgradevole, perché impone di giudicare quello che è successo col metro di tutt’altro, di prescindere dalla violazione dei diritti umani, dai destini delle persone coinvolte, dalle sudditanze nei confronti delle pressioni di uno stato straniero, dai fallimenti di tutte le istituzioni coinvolte. Realpolitik, la chiamano i cinici: ma trabocca nell’opinione pubblica e nella cultura di un paese, che nella sua grande maggioranza appende i suoi pareri sulle dimissioni di Alfano al giudizio buono o cattivo pregresso su Alfano o sull’alleanza col PdL, e avrebbe avuto tutt’altri pareri di fronte a tutt’altre maggioranze politiche.

C’è una strada accettabile di fronte al ricatto che Letta, Napolitano e PD ci hanno messo di fronte? Tollerabile, almeno? Se c’è, è quella di andare a vedere il bluff delle belle parole di Letta su un nuovo modo più solidale e costruttivo di fare le cose, giudicarle e condividerle, e chiedersi: ok, abbiamo venduto l’anima al diavolo kazako, ma per cosa? Esiste questo modo più solidale e costruttivo, questo governo delle “larghe intese” è davvero un complice e promettente tentativo di affrontare con spirito leale e comune i molti problemi italiani? Cosa avete fatto per dimostrarlo? A parte difendervi a vicenda tra ex acerrimi nemici nel momento del bisogno, bella immagine ma che vorremmo destinata a più felici intenti?

Il discorso di Letta su questo non ha dato risposte soddisfacenti, bisogna dirlo: l’esposizione di cose fatte non corrispondeva al tono orgoglioso e compreso, e noialtri quaggiù non vi abbiamo trovato niente che ci facesse dire “beh, certo, in effetti…”. Altro ci vuole, per convincerci che un governo sbilenco nato da premesse sbilenche e da un fallimento che per primo è stato quello elettorale del partito del PresdelCons, adesso sembri più valido e promettente. Altro ci vuole. Una legge elettorale ottenuta da una maggioranza parlamentare in debito, è solo un esempio di una cosa che renderebbe apprezzata questa maggioranza che questua apprezzamenti. Altre idee se le faccia venire Letta stesso, e ogni giorno. Ma appena gli salisse il pensiero che “eh, la fate facile”, sappia che se non riesce a fare le cose difficili allora lo restituiamo volentieri in cambio di un governo che eviti che una signora e una bambina vengano consegnate in ostaggio a uno stato autoritario, e che sappia proteggerle.