Una separazione dannosa

La FIAT ha delle ragioni ma questo non era il momento di lasciare Confindustria, scrive Dario Di Vico

Il commento di Dario Di Vico sul Corriere della Sera alla decisione di FIAT di lasciare Confindustria dal primo gennaio 2012.

Le motivazioni con le quali Sergio Marchionne ha annunciato, con un certo clamore, di voler uscire dalla Confindustria sono comprensibili. La competizione globale non fa sconti a nessuno e vendere automobili nelle settimane in cui i mercati si muovono con l’incubo del double dip , della doppia recessione, è un autentico mal di testa. Il manager che guida la Fiat teme che quelle che sono le difficoltà del suo progetto, legate al dispiegarsi dell’avventura americana e all’attesa dei nuovi modelli, vengano acuite da un contenzioso giuridico-sindacale fitto di cause e di ricorsi che giudica insostenibile. Ma riconosciuto a Sergio quel che è di Sergio, va detto che la divisione del fronte imprenditoriale è un errore. Non è il momento. Viviamo una fase delicata della storia nazionale, da due mesi scrutiamo con angoscia l’andamento dello spread tra i nostri titoli e i bund tedeschi, la Bce ci ha scritto una lettera alla quale nessuno ha risposto, la politica attraversa uno dei momenti più bassi della sua credibilità, il governo un giorno annuncia provvedimenti per la crescita e il giorno dopo se li dimentica, le imprese si trovano a far fronte a un serissimo rischio di stretta creditizia che rischia di pregiudicare gli investimenti dei prossimi dieci anni.

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