Le simulazioni sulle leggi elettorali hanno senso?

No, dice Angelo Panebianco sul Corriere, perché cambiare la legge cambia anche la realtà osservata: mentre non è d'accordo Roberto D'Alimonte

Sul Corriere della Sera di sabato, il politologo Angelo Panebianco risponde a un articolo sul Sole 24 Ore dell’esperto di rilevazioni e flussi elettorali Roberto D’Alimonte, il quale a sua volta aveva criticato un intervento di Panebianco scettico sulle simulazioni relative ai diversi sistemi elettorali possibili. Panebianco riassume il dissenso tra i due e mantiene la sua opinione.

In un editoriale sul Corriere della sera del 6 gennaio avevo contestato la validità di quegli esercizi che consistono nel simulare la distribuzione dei voti con nuove regole elettorali alla luce dei risultati delle elezioni precedenti, tenute con regole diverse. Avevo anche sostenuto che quegli esercizi non sono solo insensati: sono dannosi, inquinano il dibattito sulle riforme elettorali. Il professore Roberto D’Alimonte ( Il Sole 24 ore , 17 gennaio), fine analista dei sistemi elettorali, ha a sua volta contestato quel mio duro giudizio sostenendo che il mio errore consisterebbe nel fare confusione fra simulazione e previsione. Respingo l’addebito: non c’è stata da parte mia nessuna confusione; queste simulazioni di voto incorporano sempre delle previsioni. Ed è lo stesso D’Alimonte, nel suo articolo, a darne la dimostrazione. D’Alimonte infatti, immaginando che si adotti un sistema elettorale di tipo spagnolo, fa una serie di simulazioni di voto (il Pd otterrebbe tot seggi, i 5 Stelle tot seggi, eccetera) alla luce dei risultati elettorali del febbraio 2013 nonché di dati di sondaggio.
Nell’analisi di D’Alimonte c’è un aspetto corretto e un altro che non ritengo tale. È certamente corretto dire che se adottassimo un sistema di tipo spagnolo ciò, quasi sicuramente, penalizzerebbe i piccoli partiti non geograficamente concentrati, a vantaggio dei grandi. È corretto ma per affermarlo non c’è alcun bisogno di fare simulazioni: le circoscrizioni elettorali piccole di tipo spagnolo tendono a sovra-rappresentare i grandi partiti, lo si sa da sempre. Non ritengo invece corretto andare al di là di ciò e dire: al tal partito (poniamo: il Pd) succederebbe questo, al tal altro (poniamo: Scelta civica) succederebbe quello, eccetera eccetera.
Il mio punto, che D’Alimonte ha preferito ignorare, è che se cambia il sistema elettorale, necessariamente si ristruttura l’offerta politica, il menù che gli elettori si troveranno di fronte, e questo avrà effetti (non prevedibili anche se spiegabili ex post) sui comportamenti che gli elettori terranno. Se, per restare all’esempio di D’Alimonte, venisse adottato il sistema spagnolo, ciò metterebbe in moto un processo di ristrutturazione delle alleanze politiche cui seguirebbe una campagna elettorale molto diversa da quella tenuta con le regole precedenti.

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