Su Repubblica Simonetta Fiori ha intervistato lo storico Carlo Ginzburg sul già assai discusso emendamento “contro il negazionismo” approvato al Senato la settimana scorsa.
“Quello contro il negazionismo è un disegno di legge inaccettabile. Reputo grave il modo dilettantesco con cui la classe politica l’ha riproposto, senza tenere conto delle serie obiezioni mosse in passato su questo tema”. Carlo Ginzburg è lo storico italiano più conosciuto all’estero. Figlio di due ebrei illustri, Leone e Natalia, ha intercettato nelle sue vaste ricerche il tema del complotto e della persecuzione. “È una materia scottante e molto dolorosa. Ma proprio per questo non ho paura dell’aggettivo “freddo”: è mancata un’analisi distaccata, fredda, razionale su un provvedimento che rischia di produrreeffetti gravi”.
La nuova legge è ora affiorata in Parlamento in coincidenza di due fatti incrociati: la morte dell’aguzzino Priebke, seguita dalla vicenda tempestosa della sua sepoltura, e il settantesimo anniversario della razzia del Ghetto, con gli oltre mille ebrei condotti a morire.
“Sì, questo duplice contesto ha creato una forte emozione pubblica. Ma le emozioni non sono mai consigliere di buone leggi. E allora la prima operazione che dobbiamo fare è recidere il legame tra questo nuovo disegno di legge e i contesti immediati in cui è stato proposto”.
Perché il disegno di legge non la convince?
“Vanno fatte due valutazioni diverse: una riguarda il principio e l’altra l’opportunità. Dico subito che a mio parere entrambe portano a giudicare in maniera negativa questo disegno di legge. Sul piano del principio, è inammissibile imporre per legge unlimite alla ricerca. È un punto di principio che prescinde dal contenuto. Le tesi dei negazionisti sono ignobili dal punto di vista morale e politico e non costituiscono in alcun modo una provocazione sul piano intellettuale. Nessuno storico può essere indotto a rivedere le proprie argomentazioni sulla base di queste tesi. Però sul piano del principio non si possono porre dei limiti alla ricerca. E non sono ammesse eccezioni”.
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