L’Economist di questa settimana tesse le lodi dell’Estonia, attraversata da una rilevante fase di crescita economica. Il prodotto interno lordo nel primo trimestre del 2011 è cresciuto dell’8,5 percento, il più alto di tutta l’Unione Europea. La disoccupazione è passata dal 18,8 al 13,8 percento. E il debito pubblico è il più basso di tutti i paesi europei, pari a soltanto il 6,6 percento del pil.
I motivi di questa rapida crescita, spiega l’Economist, dipendono soprattutto dall’aumento delle esportazioni e della produzione industriale registrato negli ultimi anni. Ma anche dalla fermezza con cui il governo ha deciso di restare nell’euro nonostante la crisi e nonostante in molti gli suggerissero invece di staccarsi. Non è ancora chiaro però se il paese riuscirà a restare competitivo anche nel lungo periodo. Nonostante l’inflazione stia diminuendo, la banca centrale di Tallinn è preoccupata che ci possa essere un surriscaldamento eccessivo del mercato. Il precedente boom economico vissuto dal paese – stroncato dalla crisi del 2007 – aveva infatti portato a una bolla speculativa che era poi costata un crollo del 14 percento del pil.
Resta da capire se anche le altre repubbliche baltiche riusciranno a eguagliare questi risultati. Lettonia e Lituania sono ansiose di emulare l’Estonia, dice l’Economist. Entrambe hanno tassi d’esportazione in costante crescita (rispettivamente più 38 e 42 percento nei primi cinque mesi del 2011) e sperano di entrare presto a far parte dell’eurozona, per ridurre i rischi legati alla loro moneta e diventare più appetibili per gli investitori. È l’Estonia comunque che al momento può giocarsi le carte migliori: anche se l’euro si dovesse sbriciolare, potrebbe subito entrare a far parte del nuovo “super euro” centrato sulla Germania. «Arrivederci Europa dell’Est, benvenuti nel nuovo nord», conclude l’Economist.