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  • Mercoledì 12 maggio 2010

Mi mancherete, tutti

"Nel 1997 sono arrivati Blair e Brown, con il sostegno di Peter Mandelson e Alastair Campbell"

di James Fontanella-Khan

Il partito laburista in questi tredici anni ha cambiato la faccia dell’Inghilterra. Ho vissuto sulla mia pelle la trasformazione dagli anni di Margaret Thatcher e John Major, quando ero ragazzo, a quelli di Tony Blair e Gordon Brown, da studente universitario e giovane giornalista che non trovava lavoro in Italia.

Durante gli anni conservatori della Thatcher e Major mi ricordo che dicevo a mia sorella e mia madre: “Non ci verrò mai a vivere, è tutto così grigio e deprimente”. Poi nel 1997 Blair e Brown, con il sostegno di Peter Mandelson e Alastair Campbell hanno cambiato il paese e appena ho avuto la possibilità di partire nel 2001 – qualche giorno prima degli attacchi terroristici di New York – ho fatto le valigie per sbarcare a Londra.

Il tandem Blair – Brown (tredici anni ininterrotti al potere, mai era successo prima) negli anni ha commesso molti errori – tra i primi: la guerra in Iraq e il fallito tentativo di ridurre la disuguaglianza tra i redditi – ma ha saputo rendere più aperto un paese storicamente conservatore e bigotto. I loro governi hanno finanziato l’innovazione e lo si vede in giro: la cultura è rinata grazie all’introduzione di nuovi fondi per artisti e attività a sfondo umanistico, molte associazioni non governative sono nate grazie al sostegno dello stato.

Tutto questo é stato possibile grazie a un periodo di crescita economica forte e stabile durato dieci anni senza interruzioni. In questo periodo sono stati introdotti un salario minimo obbligatorio, pietra miliare per molti lavoratori sottopagati, e date opportunità di lavoro a milioni di giovani professionisti e lavoratori – inglesi e stranieri – che hanno avuto la possibilità di realizzare i propri sogni e in certi casi trovare ricchezza. Da quando c’è la crisi molti hanno criticato il modello inglese, dimenticando però che quando nel resto dell’Europa non si trovava lavoro, Londra e Manchester erano un paradiso terrestre per i disoccupati. Il Regno Unito ha dato impiego a molti degli oltre 1.700.000 cittadini del Unione Europea che sono regolarmente registrati e che sono stati censiti dall’Office of National Statistics, l’Istat britannico, nel 2008. Stando alle stime ufficiali oltre 105.000 mila di questi erano Italiani (il numero esatto è sicuramente più alto visto che molti non sono registrati ufficialmente).

Basta chiedere in giro in Italia e molti hanno una sorella o un amico che studia in una città inglese o lavoro nella City (a cominciare da me). Molte donne sono venute a lavorare qui perché i loro diritti sul lavoro sono rispettati e tutelati molto di più che in tanti altri paesi Europei. Idem per le coppie omosessuali, che grazie al partito laburista si sono viste riconoscere la possibilità di sposarsi e avere gli stessi diritti delle copie eterosessuali. Senza se e senza ma.

A livello internazionale, dove il cammino è stato più difficile, la terza via di Blair ha dato stimoli nuovi a molti partiti di centrosinistra europei, in particolare in Italia, Spagna, Francia e i paesi del Benelux. La “progressive alliance” messa in piedi dai laburisti ha anche sostenuto il cambiamento in Sudamerica dando credibilità a Luiz Inacio Lula in Brasile (in tempi non sospetti) e a Michelle Bachelet in Chile. Blair ha cercato – con poco successo, ok – di rendere la Gran Bretagna più europea e vicina al resto del continente: ma su questo piano le cose non potranno che peggiorare nei tempi a venire.

La guerra in Iraq e la mancata indipendenza dall’amministrazione Bush rimarranno sempre come una debolezza nella storia di questo partito, che perse un opportunità d’oro di creare un’alleanza europea forte e nuova. Ma detto questo, la fine del conflitto tra cattolici e protestanti nel Irlanda del Nord, una guerra lontano dagli occhi di molti europei nel vecchio continente, ma molto reale nella sua violenza per chi vive e ha vissuto a Belfast, è stata un successo memorabile.

Gli ora disprezzati laburisti – è fisiologico dopo tredici anni al potere – ci mancheranno, adesso che al potere si insidierà un partito conservatore fortemente anti-europeista. E David Cameron, il nuovo premier inglese, non sembra un nuovo Blair, ma neanche un nuovo Thatcher. Il primo segnale della sua fragilità lo abbiamo già potuto vedere: ha fallito un impresa data per certa, stravincere le elezioni. I Tories che qualche mese fa avevano oltre il 40 per cento dei consensi, non sono stati in grado di convincere la maggioranza dell’elettorato britannico. Quanto al nuovo alleato dei Tories, i Liberal Democratici, dopo aver giocato la parte di quelli che erano più indipendenti e moderni dei Laburisti per oltre dieci anni, alla prima occasione che gli si presenta di valere qualcosa, sono già alla conta dei posti. L’idea che rappresentino la voce del cambiamento e della nuova politica la bevono in pochi.

Adesso cosa succederà? Che David Miliband – il 44enne ministro degli esteri uscente vicino a Blair – diventerà il leader dei laburisti con l’aiuto di suo fratello più giovane di quattro anni e vicino a Brown: e magari riprenderanno il cammino di una politica progressista e aperta.