tifosi del pescara insulti in dialetto

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Il dialetto padrone del mondo

«Nascosto negli interstizi della nostra parlata quotidiana, il dialetto resiste, anche se inespresso e dimenticato, a rappresentare un antico nucleo incandescente che cova sotto la cenere, e forse sotto ogni lingua. Ogni tanto viene a galla intorbidando l’italiano, addensando grumi di senso, increspando la superficie levigata della lingua che usiamo, per poi tornare a depositarsi sul fondo come una bestiola acquattata, e qui dorme finché qualcosa non la sveglia di nuovo»

Il dialetto padrone del mondo

In giro per Milano con i poeti, come Raboni

«È morto vent’anni fa e sono fortunato perché, quando ce n'è stata l’occasione, non l’ho avvicinato, così adesso posso leggerlo dalla distanza che annulla il confine tra vivi e morti. Lo stesso sentimento che avverto ogni volta che torno e passo attraverso i luoghi che ho imparato con le poesie e che cambiano di mese in mese, eppure qualcosa resta. Resta via San Gregorio com’era, resta il neon di un’edicola di via Crescenzago di una poesia di De Angelis, resta il dialetto da masticare di Franco Loi, resta la via dove Pagliarani si copriva la faccia col giornale, resta San Siro a piedi di Vittorio Sereni, restano le corsie d’ospedale che racconta Raboni di quando andava a trovare Cattafi. Resta la possibilità di fingere, per cui salgo sul 9, m’invento che il numero sia preceduto da un 2 e seguo un po’ di quel percorso, una volta scendo in viale Monte Nero, altre poco più avanti, altre mi spingo fin dopo Porta Venezia sperando di sfiorare il tram che procede in senso opposto»

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