Charlie

Estratti della newsletter sul dannato futuro dei giornali.

domenica 30 Novembre 2025

Le vacanze di Natale

Cominciamo ad avvisare per tempo: Charlie arriverà quest’anno per l’ultima volta domenica 21 dicembre. Poi si ferma due settimane e torna domenica 11 gennaio.


domenica 30 Novembre 2025

Un weekend di giornalismi

La rassegna stampa del Post, “I giornali spiegati bene”, che tratta molti argomenti contigui a quelli di questa newsletter, sarà ospite a Peccioli, in Toscana, il prossimo sabato. All’interno del ricco programma del weekend, sabato sera ci sarà anche una conversazione tra il direttore del Tg La7 Enrico Mentana e il direttore editoriale del Post Luca Sofri.


domenica 30 Novembre 2025

I fatti e quelle altre cose

Il nuovo numero della rivista il Mulino si chiama “Fare opinione” e ha dentro molti articoli dedicati a giornalismo e informazione.


domenica 30 Novembre 2025

Lo sciopero di venerdì

Si è svolto venerdì lo sciopero a cui hanno aderito molti giornalisti italiani per chiedere il rinnovo del contratto giornalistico e il rispetto di una serie di richieste da parte del maggiore sindacato dei giornalisti, la FNSI: ne avevamo scritto due settimane fa. I giornalisti di alcune testate, come il Manifesto e il Post, hanno partecipato pubblicando messaggi più articolati e “indipendenti” nei confronti della protesta. Il direttore del Foglio ha condiviso le ragioni dello sciopero, ma ha ritenuto inadeguato lo sciopero come strumento. La maggioranza della redazione della Sicilia ha ritenuto di non scioperare per rispetto delle disponibilità dell’azienda. Sabato sono stati pubblicati anche il GiornaleLibero, la VeritàItaliaOggi e diverse testate locali, oltre alla Gazzetta dello Sport. La redazione di quest’ultima e quella del Giornale hanno contestato le scelte dei rispettivi editori. Al quotidiano veneziano il Gazzettino un giornalista è stato contestato dalla redazione per aver aggiornato il sito, venerdì: la direzione e l’azienda hanno detto di non esserne state al corrente.

“La gravità di quanto avvenuto costringerà il Cdr, che ha subito coinvolto il Sindacato regionale e nazionale, a compiere una attenta valutazione su come procedere, a meno che da Azienda e Direzione – che si ipotizza e si spera non ne sapessero nulla – non arrivino immediati provvedimenti nei confronti del collega che ha utilizzato una stagista per fare il sito (cosa già normalmente vietata e resa ancora più vergognosa e sgradevole durante lo sciopero di venerdì 28 novembre, ma che è proseguita anche nella giornata di ieri).
I giornalisti del Gazzettino, da quasi un anno già alle prese con i tagli e le difficoltà imposte dallo stato di crisi, non meritano assolutamente di assistere anche ad episodi come questo” 
.


domenica 30 Novembre 2025

Commistioni

L’azienda Prada ha comprato una pagina di pubblicità su alcuni maggiori quotidiani, venerdì, compresa Repubblica: che lo stesso venerdì ha dedicato una pagina a un’iniziativa di un brand del gruppo e una settimana prima aveva intervistato il suo amministratore delegato.

L’azienda ENI, forse il maggior inserzionista pubblicitario sui principali quotidiani nazionali, continua a essere il più visibile esempio di come buona parte delle pagine dell’Economia di quei quotidiani venga direttamente destinata alle comunicazioni aziendali, senza nessun criterio di interesse pubblico o di filtro giornalistico. Spesso, come in questo caso sul Giornale di venerdì, limitandosi a poche righe riprese da un comunicato e all’immagine – certo non nuova né significativa – di un amministratore delegato (in altri casi il testo è più articolato, ma i toni promozionali sono gli stessi: in generale la frase ” testimonia l’attenzione del gruppo ” è rivelatrice della genesi originale di un testo).


domenica 30 Novembre 2025

L’album degli editori

Anche questa settimana i rispettivi editori sono stati esibiti in immagini sia da Repubblica che dal Corriere della Sera, mercoledì.


domenica 30 Novembre 2025

Su GEDI e i greci

Un breve articolo sul Fatto di oggi domenica riassume le già note ipotesi di vendita del gruppo editoriale GEDI (che possiede RepubblicaStampaHuffPostRadio DeejayRadio Capital) sostenendo che la trattativa con una società greca si concluderà entro la fine dell’anno, ma senza fornire fonti nuove (“le voci che si rincorrono da giovedì scorso”).


domenica 30 Novembre 2025

Il paese giovane

Tre anni fa Charlie pubblicò una descrizione sintetica dello scenario delle maggiori testate australiane, indicando il nuovo direttore del quotidiano Sydney Morning Herald, Bevan Shields. Il quale questa settimana ha annunciato le sue dimissioni. A quarant’anni Shields ha scritto alla redazione di volersi dedicare “a un nuovo capitolo della sua carriera”: sarà sostituito da Jordan Baker, che finora era la “chief reporter” del giornale. Il Sydney Morning Herald è il più antico e importante quotidiano australiano: è di proprietà del gruppo Nine, che possiede altre testate giornalistiche e televisive.


domenica 30 Novembre 2025

Rimpasto

È diventato ufficiale il cambio di direttori per due dei quotidiani di proprietà della famiglia di Antonio Angelucci, deputato della Lega e ricco imprenditore nella sanità privata: erano state smentite voci già da prima dell’estate, ma era stato dato per certo due settimane fa dal quotidiano ItaliaOggi. Dalla settimana prossima Tommaso Cerno sarà direttore del Giornale al posto di Alessandro Sallusti, mentre a dirigere il Tempo di Roma andrà Daniele Capezzone, finora direttore editoriale di Libero. Cerno è stato in passato senatore per il Partito Democratico, Capezzone deputato per il Partito Radicale. Negli anni passati i quotidiani più vicini ai partiti di destra si erano scambiati spesso un gruppo di direttori composto da Vittorio Feltri, Alessandro Sallusti e Maurizio Belpietro; adesso si sta forse ripetendo la stessa pratica con un nuovo bacino (Belpietro resta tuttora direttore della Verità , di cui è anche editore).


domenica 30 Novembre 2025

La storia che non finisce

La romanzesca storia che ha come protagonista la giornalista americana Olivia Nuzzi continua ad avere sviluppi. Il suo collega ed ex compagno Ryan Lizza ha pubblicato mercoledì nuove accuse nei suoi confronti di comportamenti discutibili, e il mensile Vanity Fair sta cercando di affrontare l’imbarazzo di averla assunta pensando che lo scandalo dell’anno passato potesse essere superato. Questa settimana uscirà intanto il libro di Nuzzi. Il sito The Ringer ha pubblicato una desolata e divertita ricostruzione di tutta la vicenda, per chi arrivasse ora.


domenica 30 Novembre 2025

Mail e Telegraph

Adesso l’acquisto del quotidiano britannico Daily Telegraph – le cui prospettive sono state confuse molto a lungo – sembra cosa fatta: l’offerta da parte del gruppo DMGT dovrà superare qualche perfezionamento e l’avallo di una serie di istituzioni pubbliche. DMGT è di proprietà della famiglia Rothermere e possiede già il tabloid Daily Mail e altre attività giornalistiche: diverrebbe quindi il gruppo di informazione più importante del Regno Unito, e la gran parte dei commenti di questa settimana sono stati dedicati a questo.


domenica 30 Novembre 2025

I giornali e le foreste

Un voto al parlamento europeo ha molto indebolito un progetto di regolamento per limitare la deforestazione. Dalle norme sono stati esentati gli editori di prodotti di carta (libri e giornali), che avevano sostenuto che le limitazioni ipotizzate avrebbero messo in pericolo il settore e persino la libertà di stampa, e che hanno accolto con soddisfazione il nuovo sviluppo, sostenendo di avere già attuato pratiche per attenuare le conseguenze sulle foreste della propria produzione.


domenica 30 Novembre 2025

“Una contorsione anti-democratica inaccettabile”

La crisi di relazioni tra la redazione e la proprietà del Tirreno, che dura ormai da quando il giornale livornese venne venduto al gruppo SAE, ha avuto forse il suo momento peggiore – e ne aveva avuti – questa settimana. Il Comitato di redazione ha pubblicato un comunicato polemicissimo e indignato contro il direttore Cristiano Marcacci per informare su un voto di sfiducia nei suoi confronti da parte della redazione. Nel comunicato la redazione è arrivata a manifestare comprensione per l’eventuale rifiuto dei lettori di continuare ad acquistare il Tirreno. Marcacci ha risposto con altrettanta indignazione difendendo le sue ragioni sulla polemica in questione. L’editore, che aveva riportato Marcacci alla direzione solo pochi mesi fa dopo varie vicissitudini, lo ha difeso minacciando persino azioni legali contro la redazione.
La ragione del confronto, questa volta, è stata la scelta di Marcacci di non dare notizia di una polemica politica toscana arrivata anche sulle testate nazionali: quella dell’intervento del presidente della Regione Giani in difesa della sua capa di gabinetto a cui era stata ritirata la patente. Secondo la redazione si sarebbe trattato di una inaccettabile indulgenza del giornale nei confronti del presidente Giani, nel contesto di un impegno non nuovo di SAE per una più solida relazione con le istituzioni fiorentine. Secondo Marcacci la polemica sarebbe strumentale e interessata e per questo avrebbe dato istruzione di occuparsene solo venerdì, lo stesso giorno delle proteste della redazione.

Sabato il sito del Tirreno ha pubblicato un nuovo scambio di accuse altrettanto aspro tra il Comitato di redazione e l’editore SAE.


domenica 30 Novembre 2025

Charlie, squadristi

“Fracassano tutto. Aspergono di liquidi infiammabili ogni stanza, vuotano le latte sui volumi rilegati, capovolgono le scrivanie, distruggono le macchine da scrivere e gli archivi. L’accumulazione di materiale storico viene sfondata a colpi di mazza. Tutto precipita sul pavimento, i soffitti si scrostano per i calori incandescenti, migliaia di fotografie litografate di Lenin, pronte a essere spedite in tutta Italia, volano dalla finestra. Mazzate su tutto. Con calma, precisione, come periti della distruzione. Nell’assalto non c’è nessun corpo a corpo, nessuna contesa. Non ci sono idee, nemmeno quelle brutali e vendicative. Pura devastazione”.
(L’assalto squadrista alla redazione dell’ Avanti!, 15 aprile 1919, in M. Il figlio del secolo di Antonio Scurati)

Venerdì è stata assaltata e devastata la redazione della Stampa a Torino.

Fine di questo prologo.


domenica 23 Novembre 2025

Ben due sbagli

Per una disattenzione tra due righe di un foglio Excel (tutto ancora troppo umano!) la settimana scorsa abbiamo commentato i dati di diffusione dei quotidiani dicendo che Repubblica era tornata a un numero “di nuovo di poco sopra la metà delle copie del rivale Corriere“. Non era vero, come era visibile dai dati elencati, e il Corriere della Sera continua invece ad avere una diffusione di copie individuali pagate (152.598) più che doppia di quella di Repubblica (75.376).
Nel Prologo abbiamo poi trascurato di segnalare la presenza di un terzo ospite meno che cinquantenne tra i presenti al convegno di Città di Castello: Marco Ferioli, amministratore delegato dell’azienda che pubblica il sito di news Lettera43 , ha 32 anni.


domenica 23 Novembre 2025

Charlie, in video

La Fondazione Feltrinelli ha pubblicato su YouTube la conversazione tra Riccardo Luna – giornalista esperto sui temi dell’innovazione, oggi al Corriere della Sera – e il direttore editoriale del Post Luca Sofri. L’incontro era stato ispirato da questa newsletter e dal suo sottotitolo sul “dannato futuro dei giornali”.


domenica 23 Novembre 2025

I patteggiamenti in GEDI

Ormai tre anni fa questa newsletter aveva dato notizia di un’inchiesta nei confronti di alcuni importanti amministratori e amministratrici dell’ex gruppo Espresso, poi diventato GEDI, a proposito di illecite gestioni contrattuali dei giornalisti al fine di ottenere dei contributi e delle riduzioni fiscali:
“L’inchiesta accusa alcuni dirigenti di allora del gruppo – editore di Repubblica e Stampa, tra le altre cose – di avere falsificato negli anni passati (quando la sua proprietà era ancora della famiglia De Benedetti, prima che venisse ceduto a quella Agnelli-Elkann e che cambiasse nome) alcune pratiche amministrative per poter accedere a benefici fiscali e contabili da parte dell’INPS relativi a pensionamenti e rapporti di lavoro coi suoi dipendenti”.

Parte di quell’inchiesta si è chiusa questa settimana con il patteggiamento da parte di sedici persone indagate, l’assoluzione di altre due e la “sospensione con messa alla prova” per altre sette. GEDI dovrà risarcire l’ente previdenziale INPS con oltre sedici milioni di euro.


domenica 23 Novembre 2025

In effige

Molte pratiche che in un’idea di indipendenza dei giornali potevano un tempo essere considerate da evitare, vengono prima introdotte in casi eccezionali, e poi con maggiore frequenza, e diventano infine la norma finendo per essere comunemente accettate, con la rimozione di criteri etici tradizionalmente stabiliti. Su alcuni dei maggiori quotidiani italiani è successo per esempio in questi anni con gli articoli pubblicitari presentati come se fossero scelte indipendenti della redazione, senza nessun avviso della loro natura commerciale. E si sta sempre più normalizzando – attraverso una frequenza quasi continua – anche la presenza di promozioni e celebrazioni degli editori e delle loro aziende. In questo Repubblica Stampa hanno ormai raggiunto gli standard del Corriere della Sera, che per primo aveva dato talmente tanti spazi al proprio editore da spingere persino la redazione a chiedere moderazione. Questa settimana John Elkann, proprietario della maggioranza delle società che possiedono Repubblica, è stato celebrato con parole e immagini dal quotidiano martedì giovedì. Il Corriere della Sera ha ospitato il proprio, di editore, solo venerdì.


domenica 23 Novembre 2025

“Il già consolidato rapporto col governo”

Un articolo del quotidiano ItaliaOggi ha annunciato dieci giorni fa per il primo dicembre un cambio di direzione tra i quotidiani di proprietà della famiglia Angelucci, sul quale si fanno ipotesi da alcune settimane.

“Tommaso Cerno diventerà direttore responsabile del Giornale ma, più o meno a sorpresa rispetto a precedenti previsioni, l’attuale direttore Alessandro Sallusti non sembra intenzionato ad accettare in cambio la direzione editoriale della testata. Pare piuttosto più propenso a lasciare ruoli operativi nella casa editrice per dedicare maggior tempo alla televisione, per esempio. Al momento, comunque, la direzione editoriale del Giornale è affidata a Vittorio Feltri che può passare alla direzione editoriale di Libero, nel caso Sallusti decida di accettare l’offerta. In ogni caso, resta scoperta la poltrona da direttore responsabile del Tempo (oggi occupata da Cerno) che andrà infatti a Daniele Capezzone, odierno direttore editoriale di Libero, a chiusura del cerchio di nomine”.

Antonio Angelucci è un deputato della Lega, titolare di grosse fortune economiche legate alla sanità privata, e oggi proprietario dei quotidiani LiberoGiornale Tempo. Il primo dei quali ha ricevuto quest’anno quasi tre milioni di euro di contributi pubblici.


domenica 23 Novembre 2025

Quel periodo dell’anno

Una settimana fa si è svolto su molti dei maggiori quotidiani e su diversi siti di news un rito stagionale del giornalismo italiano che dura da decenni: l’estesa copertura della presentazione di un calendario illustrato.
Il calendario annuale è una vecchia tradizione di una società di pneumatici, Pirelli, e l’anomala, enorme ed eterna attenzione di cui è destinatario è spiegata principalmente da tre fattori: l’opportunità di sfruttare del contenuto attraente e gratuito (foto di qualità, e un tempo pruriginosamente softcore); quella di compiacere un inserzionista pubblicitario; quella di approfittare dell’ospitalità pagata da parte dell’azienda per i giornalisti al seguito della mondana presentazione, questa volta a Praga. Il Foglio – senza sottrarsi a sua volta anche quest’anno alla pubblicazione – ha raccontato anche quest’ultima pratica.

“Anche Tronchetti in formissima abbraccia la donna matura, letteralmente, avvistato infatti con una nuova amica bionda ed elegante, sui 40, forse la nuova fidanzata. Manca invece una donna in carriera con qualche problema di carriera, la quasi-nuora Chiara Ferragni, assente alla trasferta pirelliana. Che è una festa mobile con organizzazione teutonica,  con circa 500 ospiti da tutto il mondo; 60 le persone di staff fra l’azienda e agenzie esterne (produzione evento, riprese video, logistica). Fuori dagli hotel, paparazzi assiepati al freddo in attesa delle star.
Chissà che impatto sul pil praghese e non solo, questo calendario:  ormai un format consolidato, con frenetici press meeting globali nel corso dell’anno a Londra, New York e Praga, e stampa di tutto il mondo coinvolta di volta in volta tra lancio e backstage. Nella capitale ceca, catering locale con la supervisione di un consulente italiano, 70  camerieri; coro e orchestra locali; 20 persone fra stylist, parrucchieri e truccatori, per assistere i nove “talent” presenti al lancio (le sette fotografate più Pierfrancesco Favino e la presentatrice inglese Immy Barclay). E piatti e argenteria portati direttamente in aereo da Milano, e  maestranze Pirelli pure milanesi, e forse con lauree in psicologia, o trascorsi zen, comunque  pazientissime, che riescono senza mai sbroccare a esaudire le richieste di giornalisti, fotografie fotografati,  famosi vari e tutti noi sbafatori in trasferta”
.


domenica 23 Novembre 2025

Pluralismo

La precipitazione con cui alcune redazioni italiane riferiscono con grande enfasi informazioni non sufficientemente verificate ha determinato un incidente piuttosto spiacevole, questa settimana, con titoli che hanno accusato falsamente una persona di un comportamento particolarmente deplorevole. La notizia è stata aggiornata dopo 24 ore, ma l’effetto contraddittorio dei titoli è particolarmente vistoso.


domenica 23 Novembre 2025

Il ritorno di Napoletano

Il ritorno di Roberto Napoletano alla direzione del Messaggero, quotidiano romano diffuso soprattutto in Lazio e Abruzzo, veniva ipotizzato da diversi mesi ed è stato annunciato ufficialmente venerdì. Napoletano, che ha 64 anni, è stato protagonista nell’ultimo decennio di una carriera di successi, cadute e resurrezioni: arrivato a dirigere il quotidiano Sole 24 Ore, fu ambizioso promotore di un periodo di grande protagonismo pubblico del giornale, legato in particolare alle celebrazioni per i suoi 150 anni. Fu poi travolto da contestazioni interne alla redazione e da accuse di falsificazione dei dati degli abbonamenti, e costretto a dimettersi, dopo tenaci resistenze. Venne successivamente assolto nelle sedi giudiziarie e via via riaccolto alla direzione di quotidiani locali meridionali sempre più importanti, fino a rientrare nel gruppo editoriale della famiglia Caltagirone come direttore del Mattino di Napoli, e adesso come direttore della più importante testata del gruppo (ruolo che già ebbe fino al 2011), solidamente legata alle comunità politiche romane.


domenica 23 Novembre 2025

Un rischio, raro

Il giornalista della Stampa Giuseppe Legato ha raccontato sul suo giornale il raro sviluppo giudiziario di cui è stato protagonista dopo una causa per diffamazione ai suoi danni: il magistrato non solo ne aveva chiesto l’archiviazione ma aveva ritenuto ci fossero i presupposti per perseguire per calunnia il querelante. Che adesso è stato condannato anche in appello. La scelta del magistrato è una cosa che succede molto di rado perché richiede di dimostrare che il querelante fosse consapevole della falsità delle sue accuse e dell’innocenza del querelato, e nelle denunce per diffamazione c’è spesso una questione di opinabilità e interpretazione (non tanto dei fatti, naturalmente, ma del configurarsi della “diffamazione“).


domenica 23 Novembre 2025

Non è passata liscia in Condé Nast

Un articolo del Washington Post ha raccontato che il licenziamento di quattro dipendenti da parte della grande società editoriale Condé Nast – accusati di avere fatto domande troppo aggressivamente al responsabile delle risorse umane – non sta passando liscio tra i giornalisti e i collaboratori della più autorevole tra le testate dell’azienda, il settimanale New Yorker. Uno dei licenziati è un fact-checker del New Yorker e in una lettera con molti firmatari diretta al CEO di Condé Nast si dice che la decisione avrebbe determinato “una crisi di fiducia nel nostro ambiente di lavoro che minaccia di fare danni duraturi”.


domenica 23 Novembre 2025

Cosa si aspettano a Domani

Il quotidiano Domani sta lavorando da diversi mesi a una diversa costituzione della propria società editrice che consenta di accedere ai contributi pubblici del “fondo per il pluralismo” (di cui beneficiano da anni altri quotidiani come LiberoFoglioAvvenireManifesto). La newsletter domenicale Digital Media Sunday Brunch, che si occupa di media e marketing, ha notato il passaggio di un documento che sembra formalizzare questa intenzione.

“L’assemblea della società editrice del Domani ha anche deliberato un cambio del proprio statuto sociale per tenere conto della nuova situazione giuridica. Sono stati modificati gli articoli XXIV e XXV dello statuto, e una modifica sembra in effetti contenere anche una notizia. È stata infatti inserita nello statuto del Domani la seguente formula: “È fatto divieto alla società di procedere alla distribuzione di utili provenienti dall’esercizio dell’anno di riscossione dei contributi all’editoria di cui al D.Lgs. 15 maggio 2017 n. 70 e negli otto anni successivi”. Dunque il quotidiano Domani è intenzionato a presentare la sua domanda sfruttando le caratteristiche della nuova proprietà [la Fondazione proprietaria al 100% di una testata è fra gli enti previsti dalla legge per l’erogazione dei contributi diretti]. Le dimensioni di bilancio del Domani sono assai simili a quelle del Foglio; i contributi cui ambire con l’operazione si aggirano quindi intorno a 2 milioni di euro. Quanto basta e avanza a coprire perdite simili a quelle del 2024 e 2025″ .


domenica 23 Novembre 2025

La seconda stagione di “Nuzzi, la serie”

La storia di giornalismo, politica e gossip intorno alla giornalista Olivia Nuzzi continua ad avere sviluppi e attenzioni da parte del mondo giornalistico statunitense. L’annuncio di un libro di Nuzzi l’ha resuscitata, e le anticipazioni hanno suggerito al suo ex compagno Ryan Lizza di rivelare un’altra relazione eticamente discutibile di Nuzzi: mettendo in subbuglio la redazione del mensile Vanity Fair che l’aveva di recente assunta dopo gli scandali di un anno fa. Il Post ha provato a raccontare tutto daccapo.


domenica 23 Novembre 2025

Niente pubblicità per Tod’s

I magistrati che indagano sulle accuse di caporalato nei confronti dell’azienda di abbigliamento Tod’s hanno imposto mercoledì alcune “misure interdittive” all’azienda stessa, volte a limitare il proseguire delle pratiche contestate: tra queste c’è il divieto di pubblicizzare i propri prodotti per sei mesi, che ha una qualche rilevanza per gli argomenti di questa newsletter. Tod’s è infatti un frequente inserzionista dei maggiori quotidiani, e la sospensione toglierà quindi anche un cliente alle concessionarie di pubblicità dei giornali (nelle settimane successive alla diffusione delle prime notizie sull’indagine l’azienda aveva acquistato molte pagine soprattutto sui due maggiori quotidiani). L’azionista di maggioranza di Tod’s, Diego Della Valle, è anche uno dei soci di minoranza del Corriere della Sera, che giovedì è stato il primo quotidiano – nelle pagine dell’Economia – a riferire delle misure interdittive.


domenica 23 Novembre 2025

Lo volevate britannico?

C’è già stato un altro sviluppo nelle tortuose vicende del quotidiano britannico Daily Telegraph, in vendita da due anni per eccesso di debiti. Dopo che la settimana scorsa i fondi internazionali vicini all’acquisto avevano rinunciato – accusati di pericolose relazioni con governi stranieri – sabato è stata annunciata un’offerta da parte della società editrice DMGT, quella che pubblica il tabloid Daily Mail (e che già si era interessata a partecipare alle offerte precedenti). Nell’informazione britannica la notizia è doppiamente grande: da una parte riguarda il futuro del più importante quotidiano conservatore, dall’altra l’aggregazione in una sola proprietà (che fa capo alla famiglia Rothermere) delle due testate conservatrici più influenti del paese, Daily Mail Daily Telegraph. Prospettiva che sta mettendo in grande allarme la politica laburista, già inquieta per la crescita di critiche nei confronti del governo e di consensi per l’opposizione di destra del leader populista Nigel Farage.


domenica 23 Novembre 2025

Meta condannata in Spagna

Un tribunale civile di Madrid ha condannato Meta – la società che possiede Facebook, Instagram e Whatsapp – a risarcire con 542 milioni di euro una grande associazione di testate giornalistiche spagnole che l’aveva denunciata per concorrenza sleale. La sentenza ha stabilito che Meta abbia approfittato della enorme dimensione dei suoi database di utenti per prevalere sul mercato della pubblicità, utilizzando a questo scopo dati per i quali non ha autorizzazione, e quindi violando le norme del GDPR. Meta potrà fare ricorso, ma potenzialmente la sentenza è un rilevante precedente per cause simili sia in Spagna che in altri paesi dell’Unione Europea.


domenica 23 Novembre 2025

“Google zero”

La tendenza di sostenibilità più avveduta tra i siti di news internazionali, quest’ultimo anno, è stata un’accelerazione dell’indipendenza dal traffico indotto dalle piattaforme social e da Google. È una tendenza in corso da anni, e obbligata: le visite provenienti da quei percorsi si sono sempre più ridotte per interventi sugli algoritmi, e ultimamente per l’introduzione delle risposte delle “intelligenze artificiali” in testa alle pagine coi risultati delle ricerche su Google. Alcune testate hanno spostato da tempo le proprie priorità sul rafforzamento del rapporto con gli utenti più fedeli (e quindi paganti o disposti a pagare), mettendo in secondo piano i ricavi pubblicitari e le loro necessità di grandi numeri di visite, anche occasionali. Altri siti più “nativi digitali” stanno già contemplando lo scenario che ha preso il nome di “Google zero”.
Quanto questa scelta stia diventando estesa, e quanto rischino i siti che non vi si adeguino, è stato drasticamente sintetizzato dal sito britannico Press Gazette riferendo le parole della “chief operating officer” di Bloomberg durante un evento pubblico: «Google è davvero un capitolo chiuso, per quanto riguarda gli editori giornalistici statunitensi. La maggior parte di loro oggi lavora a partire dall’idea che il traffico dalle ricerche su Google tenderà a zero, ed è intensamente concentrata sul costruire relazioni dirette col proprio pubblico».


domenica 23 Novembre 2025

Charlie, cambiare gioco

«You cannot play defense», ha detto Luke Bradley-Jones, presidente dell’azienda che pubblica il settimanale britannico Economist , il newsmagazine internazionale che ha più conservato autorevolezza e sostenibilità economica in questi decenni di crisi delle riviste periodiche. “Non si può giocare in difesa” suona un po’ slogan banale da t-shirt o da discorso motivazionale, ma è meno ovvio e condiviso di quanto sembri, a guardarsi in giro. I progetti giornalistici che hanno avuto successo, da quando il grosso dei progetti giornalistici è in crisi, sono quelli che hanno affrontato il cambiamento non cercando di resistere alla crisi e di attenuarne gli effetti ma quelli che hanno provato a capire come si potesse affrontare e sfruttare il cambiamento. Primi fra tutti quelli che hanno capito che la “transizione digitale” non era solo uno spostamento di contenuti dalla carta a internet, ma uno spostamento dei ricavi dalla carta a internet: ma anche quelli che hanno costruito nuovi strumenti, nuove identità, nuovi progetti piuttosto che mettere tutte le proprie energie nel “giocare in difesa” (cercando di trattenere sulla carta i lettori che se ne vanno dalla carta, cercando di farsi dare dei soldi dalle piattaforme che tolgono loro lettori, cercando di ottenere contributi pubblici, cercando di dare maggiori spazi e maggiore potere alla pubblicità declinante, perdendo autorevolezza pur di non scontentare un ridotto pubblico di lettori irritabili). In difesa ci giochi quando sei in vantaggio: se sei sotto, cambi gioco.

Fine di questo prologo.


domenica 16 Novembre 2025

Non lasciare tracce

Le “tracce” che vengono presentate ai candidati all’esame da giornalista in Italia hanno una radicata fama di inadeguatezza, e la formazione per l’esame consiste più nel conoscere le pigre dinamiche dell’esame che il giornalismo. Questa volta la scelta più discutibile e più discussa è stata l’uso e la definizione del termine “maranza” da parte dei compilatori delle suddette tracce.


domenica 16 Novembre 2025

Fronda

Come gli capita non di rado, il giornalista di Repubblica Francesco Merlo ha espresso dubbi e critiche sulle scelte del suo stesso giornale, nella rubrica delle lettere di cui è responsabile. Riferendosi alla intensa copertura di un’indagine sulle ipotesi che alcuni italiani abbiano partecipato all’assedio di Sarajevo sparando sui civili, Merlo ha scritto che “a volte il giornalismo della depravazione è una depravazione del giornalismo”.


domenica 16 Novembre 2025

In effigie

Malgrado il rischio di “critiche gratuite“, l’immagine dell’editore Urbano Cairo è stata pubblicata sul Corriere della Sera questa settimana mercoledì venerdì .


domenica 16 Novembre 2025

“Fine delle scuse”

Il direttore del Fatto ha ammesso giovedì in un editoriale la responsabilità nella diffusione di una falsa notizia su un’intervista al giudice Paolo Borsellino (ucciso nel 1992), che assieme a un’altra falsificazione simile avallata dal giornale – protagonista di un discusso incidente televisivo – ha ricevuto molte attenzioni e proteste questa settimana.


domenica 16 Novembre 2025

I 25 anni di TPM

Talking Points Memo (TPM) è uno dei primi siti di giornalismo politico indipendente nati su internet. L’ha fondato nel 2000 Josh Marshall, all’epoca analista a Washington, durante la contesa elettorale tra Bush e Gore. Da allora TPM è rimasto una redazione piccola – oggi una dozzina di persone – ma con un ruolo riconosciuto nel giornalismo politico americano: nel 2007 pubblicò le prime notizie sul caso dei procuratori federali licenziati dal governo Bush, poi riprese dai grandi giornali. Ma già nel 2002 era stato uno dei primi blog a generare conseguenze politiche con i suoi interventi.
Per i 25 anni di TPM Marshall ha raccontato alla Columbia Journalism Review di non essersi mai sentito adatto al giornalismo tradizionale “di seimila parole”, e che TPM nacque come un “tabloid per persone in gamba”: un modo di raccontare la politica con la rapidità dei blog e la serietà dei quotidiani. All’inizio degli anni Duemila, quando i blog politici stavano diventando un fenomeno negli Stati Uniti, TPM si presentò come un esperimento di giornalismo partecipato, in cui i lettori contribuivano con informazioni e discussioni.
Negli anni Marshall ha scelto di non accettare investitori esterni per garantirsi il controllo del lavoro giornalistico e di ridurre la pubblicità, puntando su un sistema di abbonamenti che oggi ha 35mila iscritti paganti. È così riuscito a mantenere l’indipendenza economica e a sopravvivere alla crisi dei media digitali. E spiega quale errore rende molte testate impreparate alla transizione dei modelli di business: «Molti si sono lasciati ipnotizzare da quella che io chiamerei un’audience teorica: le metriche che ti dicono che hai dieci milioni di utenti unici. Ma quella non è un’audience. È soltanto la tua posizione nei vortici e nelle correnti di internet: non sono persone davvero interessate al fatto che tu continui a esistere, e noi non ce ne siamo dimenticati. Restare incantati dai numeri di pubblico “formali” aveva un senso, in un certo periodo basato sulla pubblicità, ma quello non era un pubblico reale».

Marshall dice che la redazione continua a lavorare “a Washington, ma non come parte di Washington”. Un’impostazione che considera ancora più utile ora che la politica americana attraversa una nuova fase di polarizzazione e che l’accesso alle istituzioni tende a restringersi.


domenica 16 Novembre 2025

Offerte culturali e ambientali

Negli scambi promozionali che i due maggiori quotidiani offrono agli inserzionisti – di cui Charlie cita spesso degli esempi – si sta diffondendo un format peculiare che riguarda i brand di moda e del lusso: che acquistano pagine pubblicitarie e ottengono articoli a proposito non dei loro prodotti ma di iniziative che sostengono, e in particolare mostre d’arte. Tra venerdì e sabato sia il Corriere della Sera che Repubblica hanno ospitato in ultima pagina una pubblicità di una mostra romana su Cartier e all’interno degli estesi articoli sulla suddetta mostra. Ma sabato Repubblica dedicava articoli anche a una mostra sostenuta da Van Cleef & Arpels (frequente inserzionista), e a un museo che ospita una mostra sostenuta da Bottega Veneta.

Giovedì sul Corriere della Sera c’era una pagina di pubblicità del brand Diego M, dopo che il giornale aveva intervistato il suo fondatore la settimana precedente. Sabato un’intervista alla “deputy ceo” di Bulgari ha preceduto una pagina pubblicitaria di Bulgari, pubblicata oggi.
Nel frattempo l’azienda di combustibili fossili ENI resta un inserzionista quasi quotidiano sui maggiori giornali, ricevendone in cambio coperture benevolenti quasi quotidiane sulle proprie attività, e anche avallo alle proprie insofferenze sugli obiettivi ambientali.

«Le grandi testate non possono essere credibili nella loro copertura della crisi climatica se vengono sovvenzionate dalle società responsabili della crisi climatica», ha detto in un altro incontro pubblico al Web Summit di Lisbona il giornalista del sito The Intercept Andrew Fishman.


domenica 16 Novembre 2025

Malori collettivi

Un insignificante strano episodio alla Casa Bianca questa settimana è diventato un nuovo esempio di precipitosa pubblicazione di informazioni sbagliate, capaci di generare illazioni e dietrologie del tutto infondate. Una persona è svenuta nell’Ufficio ovale durante una comunicazione del presidente Trump sulla riduzione dei prezzi dei farmaci contro l’obesità. Ricostruzioni sbrigative hanno individuato quella persona nel dirigente di un’azienda farmaceutica di nome Gordon Findlay. Anche alcune testate italiane hanno ripreso quell’identificazione senza particolari controlli (persino indicandolo come il presidente dell’azienda): sui social network sono circolate considerazioni sospettose sul malore di un responsabile della produzione dei farmaci in questione e sullo stress che subiscono i dirigenti di quel business. In realtà la persona che è crollata a terra era un paziente invitato alla presentazione.


domenica 16 Novembre 2025

Iervolino e Casalino

Questa settimana si è parlato su alcuni quotidiani del progetto per un nuovo giornale finanziato dal produttore cinematografico 37enne Andrea Iervolino e diretto da Rocco Casalino, ex portavoce del partito M5S e noto soprattutto per la sua partecipazione alla prima edizione del programma televisivo Grande fratello. Nei mesi scorsi i due avevano sondato delle possibili acquisizioni di testate esistenti senza risultati. Sabato Repubblica ha intervistato Iervolino.


domenica 16 Novembre 2025

“American Canto”

Il 2 dicembre esce negli Stati Uniti il libro di Olivia Nuzzi: il New York Times è il primo a scriverne. Nuzzi è la giornalista che era stata protagonista di una storia di gossip, politica ed etica giornalistica un anno fa, quando si era saputo di una sua relazione con l’attuale ministro della Salute statunitense Robert F. Kennedy Jr.


domenica 16 Novembre 2025

Follow up questions

La direzione del Corriere della Sera ha risposto a tono – con un articolo sull’edizione di venerdì – al ministero degli Esteri russo che aveva accusato il giornale di censura nei confronti di un’intervista al ministro Lavrov. Il Corriere ha spiegato che le risposte scritte di Lavrov avevano aspetti di falsificazione e propaganda che richiedevano maggiori spiegazioni e confronti, che Lavrov non ha voluto concedere.
La questione di permettere quelle che in inglese si chiamano “follow-up questions” – domande che affrontino ciò che l’intervistato risponde – si sta ponendo sempre più spesso in tempi in cui diversi governi del mondo hanno comportamenti poco tolleranti del diritto all’informazione, e si sono abituati a comunicare direttamente e senza discussione attraverso i social network. Due mesi fa un’intervista a sole risposte scritte pubblicata anche su Repubblica era stata protagonista di polemiche europee.

“«Il ministero degli Esteri russo ha risposto alle domande inviate preliminarmente dal Corriere della Sera con un testo sterminato pieno di accuse e tesi propagandistiche. Alla nostra richiesta di poter svolgere una vera intervista con un contraddittorio e con la contestazione dei punti che ritenevamo andassero approfonditi il ministero ha opposto un rifiuto categorico. Evidentemente pensava di applicare ad un giornale italiano gli stessi criteri di un Paese come la Russia dove la libertà d’informazione è stata cancellata. Quando il ministro Lavrov vorrà fare un’intervista secondo i canoni di un giornalismo libero e indipendente saremo sempre disponibili»” .


domenica 16 Novembre 2025

I quotidiani a settembre

Sono stati pubblicati i dati ADS di diffusione dei quotidiani nel mese di settembre 2025. I dati sono la diffusione media giornaliera*. Tra parentesi la differenza rispetto a un anno fa.

Corriere della Sera 152.598 (-8%)
Repubblica 75.376 (-14%)
Stampa 52.892 (-14%)
Sole 24 Ore 47.298 (-8%)
Resto del Carlino 42.583 (-11%)
Messaggero 38.940 (-10%)
Gazzettino 29.643 (-8%)
Nazione 27.389 (-14%)
Dolomiten 24.846 (-8%)
Fatto 23.438 (-12%)
Giornale 23.364 (-11%)
Messaggero Veneto 22.119 (-4%)
Unione Sarda 19.600 (-10%)
Verità 17.779 (-15%)
Eco di Bergamo 17.629 (-11%)
Secolo XIX 17.168 (-11%)

Altri giornali nazionali:
Libero 16.386 (-10%)
Manifesto 14.565 (+10%)
Avvenire 13.493 (-6%)
ItaliaOggi 5.398 (-4%)

(il Foglio Domani non sono certificati da ADS).

La media dei cali percentuali anno su anno delle prime quindici testate a settembre è del 10,4%, lo stesso dato di agosto. Rispetto a questo continuano quindi ad andare meglio il Corriere della Sera e il Sole 24 Ore, ma il primo ha il suo calo più alto degli ultimi tre anni. Mentre Repubblica è tornata da cinque mesi a perdite assai maggiori della media, ma è di nuovo di poco sopra la metà delle copie del rivale Corriere: nel gruppo GEDI continua ad andare male anche la Stampa: simili dati nel gruppo Monrif per la Nazione il Giornomentre il Resto del Carlino è quasi nella media. Intanto il Manifesto continua a fare eccezione e raggiunge il numero più alto da quando Charlie li riferisce, con una crescita del 16% rispetto a due anni fa. Da due mesi ha superato Avvenire e comincia ad avvicinarsi a Libero. Tra i giornali locali continua a perdere di più il Tirreno di Livorno (-13%), ma questo mese fa peggio la Gazzetta di Parma (-14%).

Se guardiamo i soli abbonamenti alle edizioni digitali – che come diciamo sempre dovrebbero essere “la direzione del futuro” – l’ordine delle testate è questo (sono qui esclusi gli abbonamenti venduti a meno del 30% del prezzo ufficiale, che per molte testate raggiungono numeri equivalenti o persino maggiori: il Corriere ne dichiara più di 40mila, il Sole 24 Ore più di 32mila, il Fatto più di 29mila, Repubblica quasi 17mila). Le percentuali sono la variazione rispetto a un anno fa, e quelle tra parentesi sono invece le variazioni degli abbonamenti superscontati di cui abbiamo detto.

Corriere della Sera 47.418, +4,7% (-14,2 %)
Sole 24 Ore 21.431, -3,2% (-2,7 %)
Repubblica 17.263, -20,2% (+8,4 %)
Manifesto 8.111, +12,3% (non offre abbonamenti superscontati)
Stampa 6.576, -2,6% (-4,7 %)
Fatto 6.060, -3,5% (+9,2 %)
Gazzettino 5.545, -0,7% (+2,8 %)
Messaggero 5.292, -0,7% (+5,8 %)

I dati sono piuttosto discontinui, ma ancora piuttosto deludenti rispetto alle necessità e opportunità di crescita di questa fonte di ricavo: che è invece la più promettente tra le testate internazionali negli ultimi anni. Pur nell’ambito di crescite piccole e lontane dal compensare le perdite di copie cartacee, anche qui va meglio il Corriere della Sera che sta un po’ attenuando la sproporzione tra abbonamenti pagati e abbonamenti superscontati. Mentre vale il contrario per Repubblica, che questo mese perde un numero davvero cospicuo di abbonati. C’è poi anche qui il caso unico e ammirevole del Manifesto, che rispetto a un anno fa aumenta gli abbonamenti digitali di una misura che rassicurerebbe qualunque testata. Le perdite annuali degli abbonamenti digitali sono compensate in alcuni casi dalle crescite degli abbonamenti molto scontati: il cui valore è impossibile da sintetizzare, data la varietà delle promozioni e degli sconti: ci sono in questo dato abbonamenti pagati anche 150 euro come altri in offerte a pochi euro.

È quindi migliore di quel che sembra il dato del Fatto, che da mesi sta facendo crescere i suoi abbonamenti scontati: che non raggiungono i prezzi quasi inesistenti di altri giornali, e un ricavo più sensibile lo generano.
Ricordiamo che si parla qui degli abbonamenti alle copie digitali dei quotidiani, non di quelli – solitamente ancora più economici – ai contenuti dei loro siti web.

AvvenireManifestoLibero, Dolomiten ItaliaOggi sono tra i quotidiani che ricevono contributi pubblici diretti, i quali costituiscono naturalmente un vantaggio rispetto alle altre testate concorrenti)

*Come ogni mese, quelli che selezioniamo e aggreghiamo, tra le varie voci, sono i dati più significativi e più paragonabili, piuttosto che la generica “diffusione” totale: quindi escludiamo i dati sulle copie distribuite gratuitamente, su quelle vendute a un prezzo scontato oltre il 70% e su quelle acquistate da “terzi” (aziende, istituzioni, alberghi, eccetera). Il dato è così meno “dopato” e più indicativo della scelta attiva dei singoli lettori di acquistare e di pagare il giornale, cartaceo o digitale (anche se questi dati possono comunque comprendere le copie acquistate insieme ai quotidiani locali con cui alcune testate nazionali fanno accordi, e che ADS non indica come distinte).
Quanto invece al risultato totale della “diffusione”, ricordiamo che è un dato (fornito anche questo dalle testate e verificato a campione da ADS) che aggrega le copie dei giornali che raggiungono i lettori in modi molto diversi, grossomodo divisibili in queste categorie:
– copie pagate, o scontate, o gratuite;
– copie in abbonamento, o in vendita singola;
– copie cartacee, o digitali;
– copie acquistate da singoli lettori, o da “terzi” (aziende, istituzioni, organizzazioni) in quantità maggiori.

Il totale di questi numeri di diversa natura dà delle cifre complessive di valore più grossolano, e usate soprattutto come promozione presso gli inserzionisti pubblicitari, mostrate nei pratici e chiari schemi di sintesi che pubblica il sito Prima Comunicazione, e che trovate qui.


domenica 16 Novembre 2025

Da manuale

Questa settimana si è tenuto a Lisbona uno dei più grossi eventi mondiali sull’innovazione digitale, Web Summit, e oltre a una giornata separata dedicata al giornalismo – di cui scriviamo nel prologo – ci sono stati alcuni incontri pubblici con importanti dirigenti del mondo dei media giornalistici. In uno di questi la CEO del network americano NPR Katherine Maher ha intervistato l’editore del New York Times A.G. Sulzberger, che è tornato sugli allarmi a proposito della libertà di stampa di cui aveva parlato in un paio di occasioni nell’ultimo anno. E ha elencato i cinque approcci “da manuale” dei regimi autoritari che secondo lui stanno venendo applicati anche negli Stati Uniti.

1. Diffondere sfiducia nei confronti delle organizzazioni giornalistiche indipendenti e legittimare le intimidazioni contro i giornalisti.
2. Usare i tribunali civili per mettere i giornali sotto pressione economica.
3. Usare come armi contro i giornali le istituzioni legali e regolatorie: le protezioni dei consumatori, le leggi sui diritti civili, le norme sulle telecomunicazioni.
4. Incentivare gli alleati ricchi e potenti ad attaccare a loro volta i giornali.
5. Usare il potere non solo per perseguitare i giornalisti indipendenti ma anche per premiare i media partigiani disponibili a sostenere la narrazione ufficiale.


domenica 16 Novembre 2025

I sostegni pubblici al Tirreno

La redazione del Tirreno, quotidiano livornese, è tornata a contestare la proprietà attraverso un comunicato. L’occasione stavolta è stata la pubblicazione di una pagina a pagamento su diversi quotidiani da parte della federazione degli editori, per chiedere maggiori sostegni economici al governo. I giornalisti e le giornaliste del Tirreno ritengono che il proprio editore – il gruppo SAE – non sia coerente con quello che si sostiene in quella richiesta.

“Un appello sottoscritto e promulgato anche da un’impresa editoriale, Sae Toscana e Gruppo Sae, che ha fatto dei tagli la sua principale politica aziendale. Ricordiamo che Il Tirreno è – con grande sacrificio dei suoi lavoratori – in regime di cassa integrazione da ormai quasi cinque anni, accede sistematicamente a stati di crisi.
Negli scorsi mesi ha ottenuto circa 900mila euro come contributo per le copie vendute (carta e web) riferiti al 2023, oltre a sgravi di varia natura (a partire da quelli per l’acquisto della carta). L’apporto di sostegni pubblici, quindi, non è mai mancato a fronte, però, di mancati investimenti e di veri piani di rilancio. Appare inoltre incredibile un appello dalle pagine del nostro giornale per “un’informazione radicata nei territori” a fronte di un continuo – paventato o attuato – arretramento dai territori (anche da quelli “storici”)”.


domenica 16 Novembre 2025

Più pubblicità per chi si abbona

Da qualche tempo i due maggiori quotidiani italiani, titolari di due delle tre maggiori quote di abbonamenti alle proprie versioni digitali, hanno cominciato ad aggiungere ulteriori contenuti pubblicitari a quelle versioni, che si sommano a quelli ospitati nelle edizioni cartacee. Il Corriere ha in particolare introdotto una sorta di spot “interstitial” che appaiono ogni tanto passando da una pagina all’altra del quotidiano digitale; mentre Repubblica aggiunge direttamente pagine ulteriori alla “foliazione”, che accolgono promozioni esterne o di prodotti dell’azienda.
L’idea è da una parte un proficuo arricchimento delle entrate pubblicitarie, dall’altra un peggioramento dell’offerta per gli abbonati alle edizioni digitali (vero è che le pagano meno del giornale cartaceo). E in più conferma ulteriormente come la priorità di ricavo maggiore nelle testate tradizionali italiane sia tuttora la pubblicità piuttosto che il valore degli abbonamenti pagati.


domenica 16 Novembre 2025

La fine della Taz di carta

Il 17 ottobre scorso il quotidiano tedesco Die Tageszeitung, conosciuto soprattutto come Taz, ha smesso di stampare l’edizione cartacea feriale. Dal lunedì al venerdì esiste solo in digitale tramite sito, app e e-paper (la versione digitale del cartaceo, quella che mantiene layout, articoli, foto e pubblicità in pagine da sfogliare). La Taz continuerà a pubblicare in formato cartaceo solo un’edizione del weekend che esce il sabato, la WochentazNonostante la quasi totale transizione digitale la Taz mantiene un sito web non protetto da paywall: gli articoli sono accessibili gratuitamente e il sostegno economico è volontario (a partire da 5 euro al mese). Mentre sono in abbonamento le edizioni digitali quotidiane e quella cartacea e digitale del weekend. La Taz è nata nel 1978 a Berlino ed è diventata il quotidiano “storico” della sinistra ambientalista tedesca: la proprietà è di una cooperativa di dipendenti e sostenitori.


domenica 16 Novembre 2025

Sempre peggio in Ungheria

A cinque mesi dalle elezioni parlamentari in Ungheria, il gruppo mediatico ungherese Indamedia ha acquisito il ramo locale della società editoriale svizzera Ringier, che possiede il tabloid Blikk, uno dei giornali più letti del paese, sia online che su carta. Blikk è un tabloid sensazionalistico e ricco di gossip, ma si è occupato anche di inchieste giornalistiche, sul modello di alcuni tabloid britannici. La notizia della cessione ha generato molte proteste e tensioni, perché uno dei due proprietari di Indamedia è Miklós Vaszily, manager e imprenditore vicino al governo del primo ministro Orbán, notoriamente repressivo nei confronti della libertà di informazione e delle opposizioni.
Il Post ha raccontato meglio la storia:

“Sulla Columbia Journalism Review l’ex direttore Zsolt Nagy l’ ha spiegata con una vecchia battuta ungherese, secondo cui gli operai di una fabbrica sovietica di lavatrici finiscono sempre per produrre anche mitra Kalashnikov: «Con la stessa logica, i giornali ungheresi comprati dai compari d’affari di Orbán finiscono sempre per riecheggiare la propaganda del governo».
Zsolt Nagy spiega al Post che le ultime acquisizioni sono particolarmente strategiche per l’impero mediatico filogovernativo. «Non saranno la spina dorsale della propaganda, ma ne faranno una più soft, e quindi più efficace». Fa l’esempio di un’intervista data in esclusiva da Orbán a Blikk dopo l’acquisizione, sul significato di alcuni disegni che aveva fatto durante una trasmissione tv e che erano diventati motivo di curiosità. «È un modo per stare nella testa delle persone senza parlare dei problemi del paese»”.


domenica 16 Novembre 2025

Mentre fuori c’è tempesta, dentro c’è tempesta

Si sono di nuovo complicate le trattative tra la federazione degli editori di giornali italiani e il sindacato dei giornalisti, a proposito del rinnovo del contratto giornalistico. Non una condizione ideale per affrontare in modo solidale i pericoli e i problemi correnti per le aziende giornalistiche. Il contratto è scaduto da ben nove anni, e tutto quello che è successo nel frattempo ha generato approcci e richieste conflittuali tra le parti, come avevamo spiegato già qualche mese fa:

Il sindacato sostiene che l’aumento dell’inflazione richieda una revisione degli aspetti economici del contratto, e che gli utili prodotti dalle aziende giornalistiche italiane (da alcune di loro, nei fatti) grazie ai contributi pubblici e alle riduzioni dei costi debbano essere in parte ridistribuiti verso i giornalisti e verso investimenti su nuove assunzioni e sulla riduzione del precariato. Gli editori, invece, sostengono che tutto sia cambiato – sia in termini di disponibilità di risorse che di funzionamento del lavoro e del sistema dell’informazione – e sia necessario attenuare alcune norme che loro ritengono rigidità eredi di periodi più floridi e assai diversi. In più, c’è un singolare dissenso sulla regolamentazione dell’uso delle “intelligenze artificiali”, regolamentazione che gli editori temono di vedere presto superata e che limiti delle opportunità”.

Adesso c’è stato un nuovo scambio di accuse, soprattutto sulle richieste economiche. Il sindacato dei giornalisti ha proclamato uno sciopero per il 28 novembre, la federazione degli editori ha risposto indignata sostenendo di avere concesso molto.

“Nell’ultimo decennio gli editori, nonostante il dimezzamento dei ricavi che in tutto il mondo ha colpito la carta stampata, hanno significantemente [sic] investito nelle aziende per garantire una informazione di qualità e per salvaguardare l’occupazione.
In tale contesto, il contratto di lavoro dei giornalisti è fermo a modelli organizzativi superati dall’evoluzione tecnologica: la rigidità economica e normativa, nonché l’onerosità ed anche la presenza di situazioni paradossali – come il pagamento delle ex festività abrogate da una legge del 1977 – impongono modifiche significative.
In questi anni, comunque, il costoso sistema degli scatti in percentuale previsto dal contratto – oramai un unicum – ha sostanzialmente garantito il potere d’acquisto dei giornalisti.
Nonostante l’assenza di disponibilità da parte sindacale a innovare in alcun modo le norme contrattuali, le aziende editoriali hanno formulato un’offerta economica importante.
Gli editori ritengono, pertanto, poco costruttiva la posizione della FNSI di respingere la proposta e proclamare uno sciopero in un contesto difficile come quello attuale e, facendo appello al senso di responsabilità dei giornalisti, confidano in un più realistico confronto sulle sfide che investono oggi il mondo dell’editoria e la professione giornalistica”
.


domenica 16 Novembre 2025

Il guaio BBC con Trump

Nel frattempo, dal punto di vista giornalistico, il Telegraph è stato all’origine della vicenda più clamorosa della settimana, per il business giornalistico internazionale: le dimissioni del direttore generale e di un’altra dirigente di BBC, la grande azienda pubblica di media e informazione britannica. È stato un articolo del Telegraph a rivelare le forzature in un servizio di BBC su Donald Trump, rivelazioni che hanno fatto precipitare le cose. Il Post ha raccontato tutta la questione:

“La BBC sta vivendo una delle peggiori crisi della sua storia recente. Le dimissioni di due dei suoi più importanti dirigenti, il direttore generale Tim Davie e la responsabile della divisione news Deborah Turness, sono il risultato dell’ultimo caso, quello legato al montaggio fuorviante di un discorso del presidente statunitense Donald Trump. Ma negli ultimi anni scandali e polemiche intorno all’emittente pubblica britannica sono stati frequenti, così come le accuse, provenienti soprattutto dalla destra britannica, di essere strutturalmente di parte e di proporre una visione del mondo troppo progressista e di sinistra”.

Giovedì BBC ha chiesto scusa a Trump per il montaggio ingannevole delle sue frasi il giorno dell’assalto al Campidoglio, ma ha insistito che le ipotesi di una richiesta di danni da parte dello stesso Trump non abbiano alcun fondamento. Venerdì Trump ha detto ad alcuni giornalisti che presenterà una denuncia chiedendo un risarcimento “tra un miliardo e cinque miliardi di dollari”. Nel frattempo il Telegraph ha raccontato che un simile montaggio scorretto era stato trasmesso anche in un altro programma di BBC.


domenica 16 Novembre 2025

Daccapo al Telegraph

Sono tornate al punto di partenza le prospettive del quotidiano inglese Daily Telegraph: era stato messo forzatamente in vendita due anni fa per affrontare gli enormi debiti della società che lo possedeva. Data la sua importanza nel contesto dell’informazione britannica e il suo ruolo nel rappresentare buona parte dell’elettorato e della politica conservatrice, gli interessi all’acquisto erano stati molti. La prospettiva più concreta però aveva agitato il giornale e la politica, perché uno dei fondi coinvolti nell’acquisto aveva forti legami con il governo degli Emirati arabi: e si era arrivati ad approvare una legge che impedisce il possesso di media nazionali a società in diretta relazione con governi stranieri. L’offerta era stata riconfezionata ridimensionando il ruolo del fondo in questione all’interno di un gruppo di investitori: ma nelle scorse settimane sono stati messi in discussione i legami con la Cina di un altro fondo coinvolto, e la redazione e la direzione erano tornati a contestare l’accordo previsto. Fino a che venerdì il fondo RedBird ha annunciato il proprio ritiro dall’accordo per l’acquisto.
Tutta la storia era stata riassunta nella sua newsletter dall’ex direttore del Financial Times Lionel Barber, che aveva trovato delle ipocrisie nella vicenda.