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  • Mercoledì 15 ottobre 2025

Da dove arriva l’amicizia tra Gianni Infantino e Donald Trump

E cosa ci faceva il presidente della FIFA all'incontro in Egitto sul futuro della Striscia di Gaza

Donald Trump e Gianni Infantino all'incontro sul futuro di Gaza a Sharm el Sheikh, in Egitto, il 13 ottobre
Donald Trump e Gianni Infantino all'incontro sul futuro di Gaza a Sharm el Sheikh, in Egitto, il 13 ottobre (Yoan Valat, Pool photo via AP)
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Durante l’incontro in Egitto di lunedì sul futuro della Striscia di Gaza i leader internazionali sono andati uno a uno a stringere la mano al presidente statunitense Donald Trump e a farsi fotografare con lui. A un certo punto è andato anche Gianni Infantino, il presidente della FIFA, l’organizzazione che regola il calcio a livello mondiale. È un po’ inevitabile chiedersi cosa ci facesse lì, anche perché era l’unico partecipante a non essere un capo di governo, né un diplomatico o un rappresentante dei paesi arabi.

Infantino ha raggiunto Trump subito dopo Mahmoud Abbas, il presidente della Autorità nazionale palestinese 

La presenza di Infantino (che è svizzero) in realtà non è così sorprendente se si considera lo stretto rapporto che ha costruito con Trump, specialmente dall’inizio del suo secondo mandato, lo scorso gennaio. Da anni Infantino viene criticato per la sua gestione personalistica della FIFA e, soprattutto, per la vicinanza personale alle leadership politiche dei paesi che ospitano i Mondiali di calcio, a scapito dell’indipendenza dell’organizzazione.

Alcuni leader internazionali e, in fondo a destra, Gianni Infantino, durante la riunione internazionale a a Sharm el Sheikh, in Egitto, del 13 ottobre

Alcuni leader internazionali e, in fondo a destra, Gianni Infantino, durante la riunione internazionale a Sharm el Sheikh, in Egitto, del 13 ottobre (Chip Somodevilla/Getty Images)

Fin dall’inizio la vicinanza a Trump è stata particolarmente sfacciata ed esibita anche per i suoi standard. Infantino lo ha conosciuto durante il primo mandato (2017-2021), quando nel 2018 l’organizzazione dei Mondiali maschili del 2026 fu assegnata agli Stati Uniti, insieme a Messico e Canada. Infantino impressionò Trump prestandosi a un siparietto nello Studio Ovale: gli regalò un cartellino giallo e uno rosso (quelli usati per ammonizioni ed espulsioni dei calciatori), che Trump finse di usare contro i giornalisti.

Lì per lì Trump sembrava non avere molta familiarità con il funzionamento dei cartellini

Nel 2020 Infantino partecipò a una cena organizzata dalla presidenza degli Stati Uniti al Forum di Davos, il rinomato e prestigioso incontro in Svizzera che riunisce ogni anno politici, imprenditori e finanzieri. Lì fece un discorso assai elogiativo di Trump, che apprezzò. Pochi mesi dopo Trump lo invitò alla cerimonia per la firma degli Accordi di Abramo, con cui Israele normalizzò le relazioni diplomatiche con tre paesi arabi (Emirati Arabi Uniti, Marocco e Bahrein, con la mediazione dell’Egitto), e che sono considerati uno dei più importanti successi diplomatici di Trump.

Quella di lunedì, insomma, non è stata la prima occasione ufficiale in cui Infantino è stato coinvolto da Trump in questioni legate al Medio Oriente. Ha anche altri legami e conoscenze nella regione, avendo supervisionato l’organizzazione dei Mondiali del 2022 in Qatar e l’assegnazione all’Arabia Saudita di quelli del 2034, nonostante le note violazioni dei diritti civili e le condizioni vessatorie dei lavoratori migranti occupati nella costruzione degli stadi, documentate per entrambi i paesi. È nota anche la sua vicinanza a vari leader autoritari, tra cui il presidente russo Vladimir Putin (nel 2018 ci sono stati i Mondiali in Russia).

Lunedì Infantino ha giustificato la sua presenza all’incontro in Egitto sostenendo che la FIFA aiuterà a ricostruire le strutture sportive della Striscia di Gaza distrutte da oltre due anni di continui attacchi e bombardamenti israeliani. Ha aggiunto che Trump dovrebbe vincere il Nobel per la Pace, assecondando così la nota ambizione del presidente statunitense, come negli ultimi mesi hanno fatto anche i leader di vari paesi per cercare di ingraziarselo.

Donald Trump e Gianni Infantino nello Studio Ovale con una replica della Coppa del Mondo, lo scorso 22 agosto

Donald Trump e Gianni Infantino nello Studio Ovale con una copia della Coppa del Mondo, lo scorso 22 agosto (AP Photo/Jacquelyn Martin)

A maggio Infantino aveva accompagnato Trump in un precedente viaggio in Medio Oriente. Per poterci andare, tra l’altro, aveva rinviato una riunione del Consiglio della FIFA, il principale organo decisionale, ed era arrivato in ritardo a quella annuale dell’organizzazione in Paraguay, dove era stato contestato dai delegati della UEFA (la federazione calcistica europea) che se n’erano andati in segno di protesta.

Negli ultimi mesi le molte iniziative di Infantino per lusingare Trump sono state considerate inopportune o sbilanciate, così come le sue visite alla Casa Bianca. A luglio per esempio la FIFA ha aperto un ufficio nella Trump Tower di New York (è la seconda sede dell’organizzazione negli Stati Uniti dopo quella di Miami, in Florida). Inoltre Infantino ha acconsentito alla richiesta di fare i sorteggi per i gironi dei Mondiali non a Las Vegas ma nel Kennedy Center, un’istituzione culturale di Washington di cui Trump ha completamente rinnovato il consiglio d’amministrazione per poi farsi eleggere presidente.

Il cappellino indossato dal presidente dice: «Trump aveva ragione su tutto»

La scorsa estate si è giocato negli Stati Uniti il contestato Mondiale per club, una nuova iniziativa promossa proprio da Infantino ma ritenuta da molti problematica e innecessaria. Anche in quell’occasione c’erano stati vari incontri tra Trump e Infantino, tutti piuttosto amichevoli e molto pubblicizzati.

A fine agosto Infantino ha poi consegnato a Trump una copia d’oro della Coppa del Mondo, dicendogli che era «solo per i vincenti» e che lui era uno di loro. Trump aveva scherzato, chiedendo se poteva tenerla, e tutti avevano riso. Solo che non era uno scherzo: ha convinto Infantino a lasciargliela per lo Studio Ovale, nonostante non fosse previsto, e così è rimasto vuoto il posto per la coppa nel museo della FIFA di Zurigo, in Svizzera, dove ha sede l’organizzazione.

L’assiduità con cui Infantino è stato alla Casa Bianca è stata criticata anche perché intanto ha sostanzialmente snobbato gli altri due paesi che ospiteranno i Mondiali del 2026, Canada e Messico (gli Stati Uniti comunque ospiteranno la grande maggioranza delle partite: 78 su 104). Ha incontrato per la prima volta la presidente messicana Claudia Sheinbaum solo a fine agosto, e ha visto il primo ministro canadese Mark Carney in questi giorni.

A luglio Trump si era imbucato alla premiazione del Chelsea al Mondiale per club, disputato negli Stati Uniti, resistendo ai tentativi di Infantino di farlo scendere dal palco

La vicinanza di Infantino a Trump è problematica anche perché il presidente degli Stati Uniti sta strumentalizzando i Mondiali per i suoi fini politici. Ha minacciato più volte di sottrarre le partite alle città che sono governate dai Democratici, citando presunti problemi di sicurezza (è lo stesso pretesto con cui ha inviato la Guardia Nazionale in varie città governate da Democratici). «Se qualcuno fa un cattivo lavoro […], chiamerei Gianni, che è fenomenale, e gli direi: “Spostiamole in un altro posto”. Non sarebbe contento di farlo, ma lo farebbe molto facilmente», ha detto Trump martedì, lasciando intendere che il presidente della FIFA esaudirebbe qualunque sua richiesta.

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