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  • Venerdì 1 agosto 2025

Trump ha annunciato nuovi dazi contro decine di paesi

Tranne che per quelli che avevano fatto un accordo, come l'Unione Europea: entreranno in vigore il 7 agosto, e non venerdì come previsto

Alcuni camion accanto a file di container, Manila, Filippine, 8 aprile
(AP Photo/Aaron Favila)
Alcuni camion accanto a file di container, Manila, Filippine, 8 aprile (AP Photo/Aaron Favila)
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Con due ordini esecutivi firmati nella notte, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha imposto un aumento dei dazi sulle importazioni di merci provenienti da circa 70 paesi. Dei nuovi dazi sarebbero dovuti entrare in vigore alla mezzanotte statunitense di venerdì 1º agosto (le 6 di mattina in Italia), ma la scadenza è stata rinviata di una settimana, al 7 agosto. Fanno eccezione solo i dazi contro il Canada, uno dei principali partner commerciali degli Stati Uniti, che sono stati aumentati dal 25 al 35 per cento e sono già in vigore.

È una nuova e inattesa svolta nella guerra commerciale che Trump ha iniziato lo scorso aprile, quando impose dazi altissimi sulla maggior parte dei paesi, causando enorme confusione e facendo crollare i mercati finanziari. Quei dazi sono poi stati sospesi (con varie proroghe e modifiche sulle scadenze), per spingere i vari paesi a negoziare con gli Stati Uniti e ottenere condizioni migliori.

I nuovi dazi saranno di base del 10 per cento per i paesi con cui gli Stati Uniti hanno un surplus commerciale (cioè quei paesi in cui esportano più di quanto importano). Per gli altri, invece, l’aliquota varierà dal 15 al 50 per cento. Tra i paesi a cui saranno imposti i dazi maggiori ci sono la Svizzera (al 39 per cento), Laos, Myanmar (al 40 per cento), la Siria (al 41 per cento), e il Brasile (al 50 per cento).

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Trump aveva fatto pressioni su molti governi per fare un accordo commerciale con gli Stati Uniti prima del 1º agosto: alcuni avevano fatto grosse concessioni per evitare dazi eccessivi. I paesi dell’Unione Europea per esempio avevano concordato dazi del 15 per cento invece che del 30 per cento come minacciato da Trump (ma con un accordo molto penalizzante). Trump ha fatto accordi anche con vari paesi asiatici, tra cui Giappone, Corea del Sud, Filippine e Indonesia, con dazi tra il 15 e il 20 per cento.

Tutti questi accordi sono stati annunciati con grande enfasi, ancora prima che ci siano i dettagli e che quindi si possano valutare vantaggi e svantaggi. È una tattica che Trump sta usando per esibire i suoi successi e le sue abilità negoziali: aveva promesso di fare «90 accordi in 90 giorni», e in generale in questi mesi ha continuamente minacciato di imporre dazi sempre più alti per spingere i paesi a trattare con gli Stati Uniti.

Ci sta in parte riuscendo, con l’eccezione della Cina: è il paese su cui Trump ha imposto dazi più alti (arrivati al 145 per cento), per convincerla a trattare, ma questo non ha funzionato, anzi. Nel corso dei mesi Trump ha ridotto i dazi, concesso esenzioni e in generale fatto retromarcia senza ottenere sostanzialmente nulla in cambio. A metà maggio è stato raggiunto un accordo temporaneo per dazi sulle importazioni cinesi del 30 per cento, e i due paesi stanno continuando a negoziare.

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Venerdì la borsa degli Stati Uniti ha chiuso in calo. I due principali listini di Wall Street, il Dow Jones e lo S&P 500, hanno perso rispettivamente l’1,2 per cento e l’1,6 per cento. Il Nasdaq, il principale listino tecnologico, il 2,3 per cento. Sono cali più contenuti di quelli che erano avvenuti ad aprile – quando erano stati annunciati i nuovi dazi, che erano stati i peggiori dai tempi della pandemia – ma comunque piuttosto significativi.

La borsa ha risentito anche dei dati sull’occupazione di luglio, peggiori delle aspettative: la disoccupazione è rimasta ai livelli di giugno, molto bassi, del 4,2 per cento, ma sono stati creati meno posti di lavoro del previsto. Poche ore dopo la pubblicazione del report, Trump ha ordinato il licenziamento di Erika McEntarfer, l’economista del Bureau of Labor Statistics che aveva redatto il rapporto sull’occupazione. L’ha accusata, senza fornire prove, di aver alterato i dati per mettere in cattiva luce la sua amministrazione perché era stata nominata ai tempi del suo predecessore, Joe Biden.

Le borse europee sono andate peggio di quella degli Stati Uniti, inclusa quella italiana. Il FTSE MIB, l’indice che sintetizza l’andamento delle azioni delle principali società italiane quotate, venerdì ha chiuso in calo del 2,5 per cento. Anche i principali indici della borsa di Parigi e di quella tedesca di Francoforte hanno chiuso in negativo, rispettivamente del 2,9 e del 2,6 per cento.

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