Trump ha detto che sospenderà tutte le sanzioni degli Stati Uniti contro la Siria
È un annuncio importante perché potrebbe favorire la ripresa della fragilissima economia siriana, dopo anni di regime di Assad

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha detto che ordinerà la sospensione di tutte le sanzioni contro la Siria parlando a Riad, in Arabia Saudita, durante il suo viaggio in Medio Oriente. Trump ha spiegato di aver preso la decisione sulla sospensione delle sanzioni dopo aver parlato con il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman, di fatto la persona che governa l’Arabia Saudita da anni, e con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan.
L’economia siriana è una delle più povere e fragili del mondo perché oltre 50 anni di regime durissimo della famiglia Assad e decenni di sanzioni internazionali l’hanno indebolita moltissimo. Molte zone peraltro devono ancora essere ricostruite dopo 13 anni di guerra civile. In un rapporto pubblicato a febbraio, il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP) ha stimato che, al ritmo attuale di crescita, la Siria non tornerà al livello economico del 2010 prima del 2080.
All’inizio di gennaio, prima dell’inizio della presidenza di Trump, gli Stati Uniti erano stati i primi a sospendere alcune sanzioni contro la Siria; poi a febbraio l’Unione Europea ne aveva sospese in modo molto più ampio, così come il Regno Unito e il Canada. Gli Stati Uniti avevano però affermato di voler prima verificare come le nuove autorità siriane avrebbero esercitato il loro potere, in particolare in termini di rispetto dei diritti umani e delle minoranze. La rimozione delle sanzioni statunitensi potrebbe favorire il lavoro delle organizzazioni umanitarie nel paese e successivamente gli investimenti stranieri.
Durante l’incontro fra Trump e il principe ereditario saudita sono state affrontate soprattutto questioni economiche, alla presenza di alcuni tra i più importanti amministratori delegati della finanza e della tecnologia americana. Tra loro c’era anche Elon Musk. Trump ha, tra le altre cose, annunciato anche un contratto di vendita di armi del valore di 142 miliardi di dollari stipulato con l’Arabia Saudita, accordo che ha definito «il più importante della storia» e che fa parte di un più ampio programma di investimenti che secondo l’esecutivo americano ammonta a 600 miliardi di dollari. Consentirà al regime saudita di acquistare «attrezzature militari all’avanguardia da una dozzina di aziende americane del settore della difesa», in particolare nei settori della difesa aerea, dei missili, della sicurezza marittima e dei sistemi di comunicazione.
Trump ha anche espresso la sua disponibilità a negoziare con l’Iran, a dimostrazione di una riorganizzazione della politica estera statunitense: «In effetti, alcuni degli amici più cari degli Stati Uniti d’America sono nazioni contro cui abbiamo combattuto delle guerre nelle generazioni passate», ha detto il presidente. Trump ha ribadito di volere che l’Iran abbandoni completamente il proprio programma di arricchimento dell’uranio, passaggio fondamentale per costruire un’arma nucleare.
L’uranio arricchito serve anche per scopi civili, per esempio per produrre energia elettrica nelle centrali nucleari. L’Iran ha sempre negato di voler costruire un’arma nucleare, ma negli ultimi anni ha raggiunto livelli di arricchimento vicini al 60 per cento, ben superiori a quelli necessari per qualsiasi altro uso. Tra Stati Uniti e Iran sono in corso dei negoziati: l’Iran è disposto a fare delle concessioni sul programma nucleare, in cambio di un alleggerimento delle pesanti sanzioni economiche. Non ha però intenzione di rinunciarvi del tutto, perché lo considera la sua ultima linea di difesa contro possibili attacchi esterni, per esempio da parte di Israele, suo storico nemico. Trump si è detto pronto a un accordo e ha sostanzialmente chiesto all’Iran di accettarlo.
Il discorso di Trump, hanno notato diversi giornalisti, ha avuto un tono ben diverso da quello di tre anni fa del suo predecessore Joe Biden che aveva promesso che avrebbe fatto del regime saudita un «paria» a livello internazionale e che durante la sua visita aveva affrontato con il principe ereditario la questione dell’omicidio di Jamal Khashoggi, un dissidente e giornalista saudita ucciso il 3 ottobre del 2018 nel consolato saudita a Istanbul, in Turchia.
Khashoggi, che risiedeva negli Stati Uniti, era entrato nel consolato per ottenere alcuni documenti necessari per sposarsi, ma fu fermato e ucciso da un commando arrivato il giorno prima dall’Arabia Saudita. Il suo corpo fu smembrato e trafugato fuori dal consolato. Varie indagini, tra cui una dell’intelligence americana, avevano mostrato che quasi certamente l’omicidio era stato voluto e ordinato da Mohammed bin Salman, accusato anche di violazioni dei diritti umani.
Gli annunci sull’apertura all’Iran e sulla fine delle sanzioni alla Siria rappresentano un duro colpo per il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, già irritato dalla decisione di Trump di saltare una visita in Israele nonostante si trovi nella regione.
Nei prossimi giorni Trump andrà in Qatar e negli Emirati Arabi Uniti. Secondo una fonte di Reuters all’interno del governo statunitense e due fonti legate al governo siriano, prima di lasciare l’Arabia Saudita Trump dovrebbe incontrare il presidente ad interim della Siria Ahmed al Sharaa, al potere dalla fine del regime di Bashar al Assad.
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