Il governo dovrà risarcire alcuni migranti coinvolti nel caso della nave Diciotti
Lo ha deciso la Cassazione e ne è nato un caso politico, con Giorgia Meloni che ha battibeccato con la presidente della Corte

La Corte di Cassazione, cioè il tribunale che rappresenta in Italia l’ultimo grado di giudizio, ha stabilito che il governo dovrà risarcire un gruppo di migranti coinvolti nel caso della nave Diciotti, che nell’agosto del 2018 soccorse in mare 177 migranti ai quali l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini impedì di sbarcare. Per giorni erano stati costretti a rimanere a bordo in condizioni fisiche e psicologiche molto precarie: alcuni di loro avevano chiesto al governo italiano un risarcimento per la privazione della libertà, che la Cassazione ha infine accordato. La Corte non si è però espressa sull’ammontare del risarcimento, che dovrà essere stabilito dalla Corte di appello di Roma.
Da questa ordinanza è originato un discreto caso politico. Innanzitutto perché riguarda una delle diverse vicende giudiziarie relative all’operato di Salvini da ministro dell’Interno, che attirano sempre molta attenzione, ma anche perché i partiti che sostengono la maggioranza di governo hanno molto criticato la decisione della Corte. Al punto che c’è anche stato un battibecco tra la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e la presidente della Corte di Cassazione Margherita Cassano, abbastanza inusuale per due cariche istituzionali a questi livelli.
Meloni ha criticato la decisione, difendendo di fatto l’operato di Salvini, come del resto aveva fatto anche in occasione degli altri casi giudiziari: in questo modo ha però alimentato lo scontro con la magistratura che il suo governo sta portando avanti da tempo, accusando i magistrati di emettere giudizi guidati perlopiù da convinzioni politiche.
In un comunicato Meloni ha detto che a suo parere la decisione della Cassazione si basa su «un principio risarcitorio assai opinabile», lamentandosi del fatto che il governo «dovrà risarcire persone che hanno tentato di entrare in Italia illegalmente» quando invece non ci sono «abbastanza risorse per fare tutto quello che sarebbe giusto fare».
A Meloni ha dunque risposto la presidente della Corte di Cassazione: «Le decisioni della Corte di Cassazione, al pari di quelle degli altri giudici, possono essere oggetto di critica. Sono, invece, inaccettabili gli insulti che mettono in discussione la divisione dei poteri su cui si fonda lo Stato di diritto».
Insieme a Meloni e al suo partito hanno criticato l’ordinanza anche diversi membri degli altri partiti di governo, Forza Italia e la Lega, compreso il leader del partito e diretto interessato Matteo Salvini. L’ha definita una «ennesima vergogna» e poi si è espresso con toni molto duri evitando però di parlare del merito dell’ordinanza: «paghino i giudici e accolgano i clandestini, se ci tengono tanto».
Quello della Diciotti è uno dei diversi casi giudiziari in cui è stato coinvolto Matteo Salvini per il suo operato da ministro dell’Interno, quando basava gran parte del suo consenso su un approccio durissimo all’immigrazione via mare, e sulla promessa di «chiudere i porti»: cioè di impedire alle navi delle ong di portare in Italia le persone soccorse nel Mediterraneo centrale.
Per aver impedito ai migranti sulla Diciotti di sbarcare, Salvini era stato accusato di sequestro di persona a scopo di coazione, omissione di atti d’ufficio e arresto illegale. Non andò a processo perché il Senato non concesse l’autorizzazione a procedere, grazie perlopiù ai voti del Movimento 5 Stelle, con cui la Lega era allora al governo.
Ci fu poi il caso Gregoretti: Salvini fu accusato di sequestro di persona per non aver fatto sbarcare 116 migranti che si trovavano sull’omonima nave della Guardia costiera italiana a fine luglio del 2019. Anche in quel caso non fu processato, perché il giudice per l’udienza preliminare del tribunale di Catania – noto fra le altre cose per una certa ostilità contro le ong che soccorrono i migranti nel Mediterraneo – decise di non rinviarlo a giudizio.
Lo scorso dicembre c’è poi stata la sentenza del caso Open Arms, per cui è stato processato e assolto in primo grado. Nell’agosto del 2019, per 19 giorni, Salvini impedì alla nave della ong spagnola Open Arms di attraccare nei porti italiani: a bordo c’erano 147 persone migranti soccorse nel Mediterraneo. Per quei fatti il leader della Lega era a processo dall’aprile 2021, accusato di sequestro di persona e omissione di atti d’ufficio.
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