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  • Venerdì 16 febbraio 2024

Il Kazakistan ha disperso nell’atmosfera un sacco di metano per sei mesi

A causa di un'esplosione avvenuta nella regione del Mangistau: si parla di 127mila tonnellate, solo i sabotaggi dei gasdotti Nord Stream avevano fatto peggio

La perdita di metano in un pozzo di esplorazione petrolifera di Buzachi Neft nel Mangistau, in Kazakistan, in una fotografia diffusa il 4 agosto 2023 (Dipartimento dell'Ecologia della regione del Mangistau)
La perdita di metano in un pozzo di esplorazione petrolifera di Buzachi Neft nel Mangistau, in Kazakistan, in una fotografia diffusa il 4 agosto 2023 (Dipartimento dell'Ecologia della regione del Mangistau)
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Lo scorso 9 giugno, durante i lavori di esplorazione di un giacimento petrolifero nel sud-ovest del Kazakistan, c’è stata un’esplosione che ha causato una diffusione di metano nell’atmosfera. Da allora e fino al 25 dicembre una grande quantità di questo gas serra, le cui emissioni contribuiscono al riscaldamento globale, è stata dispersa. La società francese Kayrros ha osservato la perdita usando delle immagini satellitari: secondo la sua stima, verificata dall’Istituto per la ricerca spaziale dei Paesi Bassi e dal Politecnico di Valencia, in Spagna, la quantità di metano finita nell’atmosfera è di 127mila tonnellate. Solo i sabotaggi dei gasdotti Nord Stream nel 2022 ne avevano disperso di più da una sola fonte non naturale (si ritiene siano state 230mila tonnellate).

La perdita di metano si è verificata nel Mangistau, delle regioni del Kazakistan ricche di giacimenti di petrolio e gas naturale, in un pozzo esplorativo di Buzachi Neft vicino alle coste del mar Caspio. L’azienda petrolifera, interpellata da BBC News, ha negato che l’incidente abbia causato la diffusione di una «quantità significativa di metano». Le autorità pubbliche locali invece hanno fatto sapere che attualmente si sta lavorando per sigillare il pozzo di esplorazione col calcestruzzo.

Il metano (CH4) è il principale componente del gas naturale, tanto che spesso si parla di “metano” per intendere il gas naturale. È incolore (oltre che inodore: quello che chiamiamo “odore di gas” è in realtà aggiunto artificialmente per ragioni di sicurezza), ma la sua presenza nell’aria nei casi di grosse perdite dai gasdotti si può solitamente misurare utilizzando satelliti attrezzati con telecamere a infrarossi. È importante monitorare tali perdite perché è un gas che contribuisce al cambiamento climatico. Resta nell’atmosfera solo per 12 anni, contro i più di 500 dell’anidride carbonica, ma se si considera il suo Global Warming Potential, cioè quanto contribuisce all’effetto serra rispetto alla CO2, è di 25 volte superiore.

Secondo l’Agenzia internazionale dell’energia (IEA) al metano si deve il 30 per cento dell’aumento della temperatura media terrestre rispetto all’epoca preindustriale.

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Circa tre quinti delle emissioni mondiali di metano sono dovute ad attività umane. Principalmente si tratta dell’estrazione del carbone e del petrolio e dell’allevamento intensivo, perché questo gas è contenuto nei rutti e nelle flatulenze dei bovini. Il resto delle emissioni proviene da fonti naturali, come le paludi. Tra i combustibili fossili il gas naturale è considerato il meno inquinante perché la sua combustione genera meno emissioni di CO2 rispetto a quella di carbone e petrolio. Per questo negli ultimi anni il suo uso è stato proposto in alternativa a quello del petrolio e ancora di più del carbone, con l’idea di tentare di ridurre il riscaldamento globale senza cambiare molto il modo in cui vive gran parte dell’umanità.

Ma secondo alcuni studi il vantaggio dell’uso del gas naturale si riduce molto se ci sono ingenti perdite di metano durante l’estrazione e il trasporto della sostanza.

Secondo un calcolatore online dell’Agenzia per la protezione ambientale degli Stati Uniti, una perdita di 127mila tonnellate di metano contribuisce all’effetto serra tanto quanto l’uso per un anno di più di 717mila automobili a benzina.

Buzachi Neft sostiene che l’analisi di Kayrros sia scorretta, che la società francese abbia confuso per metano una emissione di vapore acqueo e che non abbia stimato la quantità di metano presente nell’aria intorno al pozzo prima dell’inizio della perdita. Kayrros e gli scienziati che ne hanno controllato l’analisi però contestano che sia andata così: lo studio ha tenuto conto del vapore acqueo causato dall’incendio nel pozzo ed è stato fatto cercando picchi di concentrazione di metano, dunque non poteva risentire della precedente concentrazione del gas nell’aria.

Secondo un’indagine ufficiale sull’incidente al pozzo di Buzachi Neft, la società avrebbe commesso degli errori nella supervisione dei lavori nel sito. Non è comunque la prima volta che in Kazakistan si verificano grosse perdite di metano negli impianti per l’estrazione dei combustibili fossili. Lo stesso vale per alcuni paesi vicini, come il Turkmenistan.

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