Forse abbiamo capito come ridurre le emissioni inquinanti dei bovini

Cioè con l'aglio: ma è una lunga storia

(Volker Hartmann/Getty Images)
(Volker Hartmann/Getty Images)

Le mucche sono una delle principali fonti di gas serra al mondo. «Se fossero un paese», ha scritto il New York Times, «sarebbero il sesto al mondo per emissioni di metano, davanti a paesi come Brasile, Giappone e Germania». Ogni grande bovino, ha proseguito il New York Times, rilascia nell’atmosfera gas serra equivalenti a circa due tonnellate di anidride carbonica all’anno. Visto che l’aumento dei gas serra è la principale causa del riscaldamento globale, e visto che i grandi bovini al mondo sono più di un miliardo, è un problema.

La strada più diretta sarebbe ridurre il numero dei grandi bovini al mondo riducendo progressivamente il consumo di carne e latticini, ma per svariate ragioni è una strada difficilmente praticabile nel breve termine. Sembra ne esista però un’altra, che prevede invece di rendere più ecologiche le mucche trovando un modo per ridurre le loro emissioni. Il New York Times ha raccontato la storia di Mootral, un’azienda svizzera che sta provando a capire se una diversa dieta, con una rilevante presenza d’aglio, possa aiutare le mucche a ridurre rutti e flatulenze: i due modi – il primo molto più del secondo – con cui le mucche rilasciano gas, soprattutto metano, nell’atmosfera.

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Il gruppo di ricerca che oggi è dietro Mootral iniziò a occuparsi di mucche nel 2010, quando alcuni ricercatori di un’azienda allora chiamata Neem Biotech parteciparono a una ricerca dell’Unione Europea su come ridurre le emissioni bovine. I ricercatori di Neem Biotech avevano da poco fatto uno studio sugli effetti positivi dell’aglio per gli esseri umani (in particolare grazie alla sua capacità di uccidere certi microbi) e provarono a vedere se qualcosa di simile poteva succedere con le mucche. Dopo alcuni test si resero conto che l’allicina – una sostanza estratta dall’aglio, la principale responsabile dell’odore che si sente quando lo si taglia – sembrava in effetti poter migliorare i processi digestivi dei bovini, e contribuire quindi alla riduzione delle loro emissioni di metano. Ma l’azienda non diede gran peso alla cosa, e lasciò i risultati di quei test nelle cartelle di qualche computer.

Nel 2012 Neem Biotech fu comprata da un’altra più grande, Zaluvida, che si occupava soprattutto di prodotti dietetici e per la cura delle allergie. L’idea di Zaluvida era sfruttare le competenze dell’azienda appena acquisita per migliorare i suoi prodotti per le persone, ma il suo fondatore, Thomas Hafner, ha raccontato al New York Times che mentre un dipendente di Zaluvida passava al vaglio tutte le precedenti ricerche di Neem Biotech si trovò davanti una cartella chiamata Mootral, che spiegava appunto come l’allicina interagiva con i microbi presenti negli stomaci delle mucche.

Nel 2014 Hafner vendette per 150 milioni di dollari la parte dell’azienda che si occupava di prodotti per esseri umani e decise di puntare tutto su Mootral. Il primo problema era capire quanta allicina far ingerire alle mucche, perché un’eccessiva quantità avrebbe reso difficile la digestione degli animali e avrebbe anche potuto portare alla produzione di latte o carne che sapevano d’aglio.

Un altro problema era capire come far arrivare l’allicina negli stomaci delle mucche. Il New York Times ha spiegato che stanno ancora lavorando alla formula esatta: il lavoro di uno dei biochimici che se ne sta occupando richiede, tra le altre cose, andare ogni tanto da un macellaio a chiedere stomaci di pecore, per estrarne il contenuto, spremerlo e ottenere un liquido che emana «lo stesso odore di una flatulenza». Lo scopo è simulare in un ambiente di laboratorio le condizioni che ci sono nello stomaco di una mucca, per verificare l’effetto di determinate sostanze su quel liquido.

Lo stomaco di una mucca, in effetti, è un posto peculiare. È un ambiente privo di ossigeno e a temperatura stabile, «simile alle cisterne usate per la fermentazione della birra». Nello stomaco di una mucca i microbi decompongono e fanno fermentare sostanze di ogni tipo, tanto che le mucche possono mangiare praticamente di tutto, ottenendo quasi sempre almeno un po’ di energia. «Potrebbero vivere mangiando legno», ha detto Oliver Riede, un biologo molecolare a capo della ricerca scientifica di Mootral.

Queste sorprendenti capacità – il New York Times parla di «miracolo digestivo» – hanno però lo svantaggio di creare come sottoprodotto il metano, una sostanza che le mucche non possono trasformare in energia e che quindi si accumula, e da cui le povere mucche si liberano come riescono.

(AP Photo/Charlie Litchfield, FILE)

L’idea di Mootral, che sta già sperimentando il suo composto direttamente negli stomaci di alcune mucche, è somministrare loro, insieme a quel che mangiano abitualmente, degli integratori a base di aglio e altre sostanze (al momento sembrano dare risultati piuttosto promettenti gli agrumi). Ma è tutto molto complicato. «Non stiamo solo comprando aglio per farlo a pezzi e darlo alle mucche: la chimica è centrale in quello che facciamo», ha detto Robert Saunders, uno scienziato di Mootral che i colleghi hanno soprannominato “Mr. Aglio”.

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A proposito del tanto aglio che passa per i laboratori di ricerca di Mootral, il New York Times ha scritto che «l’azienda ha da poco deciso di far costruire delle docce, così che i dipendenti che ci lavorano non debbano andare a casa puzzando d’aglio».

Docce a parte, già da qualche anno Mootral sta chiedendo anche a scienziati e ricercatori esterni all’azienda di controllare e ripetere i suoi test con l’allicina. I risultati ottenuti fin qui sembrano molto promettenti, con emissioni bovine che nei casi migliori si sono ridotte fino al 38 per cento. Il New York Times cita poi altri inaspettati risultati riscontrati in certi casi, come un aumento della produzione di latte (forse conseguente al fatto che le mucche risparmino energie altrimenti necessarie alla digestione) e una riduzione delle mosche che infastidiscono le mucche (forse proprio per via dell’aglio).

Tutti i risultati finora ottenuti sono però da considerarsi preliminari: andranno confermati su grande scala, in territori diversi, con climi diversi, e anche con diverse razze bovine. Senza contare che, per avere successo, la proposta di Mootral dovrebbe incontrare i favori degli allevatori o quantomeno la volontà dei governi di dare qualche tipo di sovvenzione o finanziamento a quegli allevatori che dovessero scegliere di spendere soldi per dare alle loro mucche degli integratori con il principale scopo di ridurre le emissioni di gas serra. Si parla al momento di circa 50 euro all’anno per ogni mucca.

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Hafner è ottimista e dice di puntare, per il prossimo anno, a fornire gli integratori all’aglio di Mootral a circa 300mila mucche, e che entro il 2024 quel numero potrebbe salire fino a superare i 7,5 milioni.

Nel frattempo anche la ricerca sugli effetti dell’aglio nella digestione delle mucche è stata notevolmente rallentata dal coronavirus, ma Mootral non è l’unica azienda al lavoro sulle emissioni bovine: ci sono per esempio molte aspettative nei confronti di DSM, un’azienda olandese che sta lavorando a degli appositi integratori chimici.