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  • Lunedì 9 aprile 2018

La scienza delle flatulenze

Uccelli e bradipi non le fanno, per altri animali sono invece l'unica sorprendente possibilità di salvezza, racconta un nuovo libro

Le flatulenze non sono solo prerogativa degli esseri umani, molti animali si liberano nello stesso modo dai gas accumulati e – per alcuni di loro – può essere una questione di vita o di morte. Il Cyprinodon atrorus, per esempio, è un piccolo pesce tipico del Messico che vive in acque poco profonde e stagnanti, nascondendosi dai predatori sotto le rocce. Si nutre principalmente di alghe, che però d’estate emettono bollicine di gas che vengono ingoiate dal Cyprinodon atrorus, facendogli gonfiare i visceri. La piccola camera d’aria che si forma al suo interno spinge il pesce a galla, rendendolo una facile preda. In alcuni casi, inoltre, l’accumulo di gas è tale da essere letale, perché comprime gli organi fino a farli collassare. Fortunatamente per il Cyprinodon atrorus, nella maggior parte dei casi sono sufficienti alcune flatulenze per liberarsi dell’aria in eccesso ed evitare di fare una brutta fine.

La scienza delle flatulenze non è ancora chiara in tutti i suoi aspetti, ma ha comunque portato negli anni a ricerche sia sugli esseri umani sia sul resto degli animali. Nel nostro caso, l’accumulo di gas nel sistema digerente è dovuto all’aria che ingeriamo e alla fermentazione del cibo, processo fondamentale per assimilarne le sostanze nutrienti. I gas contribuiscono inoltre a facilitare i movimenti intestinali, a patto che trovino regolarmente sfogo all’esterno. Oltre ai casi più – ehm – sonori, rilasciamo spesso parte dei gas intestinali senza accorgercene nel corso di tutta la giornata.

Incuriosita da come funzionano le flatulenze nel regno animale, Dani Rabaiotti, una zoologa dell’University College di Londra, ha fatto qualche ricerca e scritto un libro illustrato sul tema: Does it Fart? The Definitive Field Guide to Animal Flatulence (Scorreggia? La guida sul campo definitiva alle flatulenze animali). Come ha raccontato Rabaiotti a The Verge, l’idea del libro nacque qualche anno fa, quando suo fratello le ha chiesto se anche i serpenti producessero flatulenze. Non ne aveva idea e si fece quindi aiutare su Twitter da un suo amico erpetologo, cioè uno specialista nello studio dei rettili. La risposta fu sì e portò inoltre alla nascita dell’hashtag #DoesItFart, che all’inizio del 2017 raccolse un discreto successo online, anche di natura scientifica.

https://twitter.com/AlongsideWild/status/818209251814477824

Messi in contatto tramite l’hashtag, ricercatori ed esperti misero insieme un documento condiviso online dove ognuno poteva aggiungere notizie sulle flatulenze di particolari animali, a patto di citare con precisione le fonti e la letteratura scientifica in merito. Insieme a Nicholas Caruso, Rabaiotti ha in seguito trasformato questo lavoro collettivo in un libro, pensando che potesse essere divertente aggiungere alcune illustrazioni umoristiche. Il libro, che si può acquistare su Amazon in inglese, comprende circa 80 specie animali con informazioni e curiosità sul loro modo di liberarsi dei gas in eccesso.

A The Verge, Rabaiotti ha spiegato che in molti animali le flatulenze sono dovute in primo luogo all’aria che ingoiano mentre mangiano o compiono altre attività. Diverse specie risucchiano l’aria dall’ano, oltre a espellerla, per esempio per utilizzarla per spingersi più velocemente in acqua o per aiutare la respirazione, come nel caso di alcune tartarughe.

Lavorando al libro, gli autori si sono anche imbattuti in ricerche che spiegano modi particolari usati dagli scienziati per misurare le flatulenze degli animali. Nel caso dei cani, per esempio: “Hanno sviluppato una specie di mantello con una provetta attaccata al fondo. Veniva fatto indossare al cane, con la provetta che restava collocata dove immagini, lasciando al cane la possibilità di camminare, mangiare e fare il resto senza soluzioni più invasive per estrarre i gas”. Molti altri test sono stati eseguiti in modi meno creativi, inserendo gli animali in apposite stanze e rilevando con sensori i cambiamenti nella composizione dell’aria. Il problema è che in questo modo diventava più difficile capire da quale orifizio uscissero le flatulenze, nel caso di specie animali particolari.

Dopo lunga ricerca, gli autori hanno trovato conferme sul fatto che i bradipi non producono flatulenze: l’accumulo di gas per loro può essere letale. Nemmeno gli uccelli si lasciano andare, mentre i loro lontanissimi parenti ormai estinti come i dinosauri sì, e doveva essere affascinante, diciamo. Gli autori stanno ora pensando a un secondo volume perché, ammettono, il libro è molto sbilanciato verso i mammiferi, complice il fatto che la maggior parte dei ricercatori che hanno contributo al documento iniziale si occupa per lo più di questi animali. La speranza è che coinvolgendo entomologi e ricercatori in altri campi si possa scoprire e divulgare qualcosa di più, senza darsi troppe arie.