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  • Sabato 2 settembre 2023

In Arabia Saudita è arrivato il turismo dei cristiani evangelici

Inaspettatamente, perché il governo saudita si era attrezzato per qualcosa di diverso: c'entra soprattutto il Monte Sinai

(Chuch Holton, Flickr)
(Chuch Holton, Flickr)
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Dal 2019 il governo dell’Arabia Saudita ha iniziato a rilasciare visti turistici e aprire le sue frontiere a un numero sempre maggiore di visitatori stranieri. L’effetto più inaspettato di questa decisione è stato l’arrivo di un crescente numero di persone di religione cristiana, in particolare evangeliche e provenienti dagli Stati Uniti. I funzionari sauditi non si aspettavano l’arrivo degli evangelici: si erano attrezzati per rendere il loro paese una meta per il turismo d’élite, attirato dai costosi resort appena costruiti sulla costa del Mar Rosso.

Col termine cristiani evangelici si indica un insieme di movimenti protestanti che esistono in tutto il mondo: nei paesi del continente americano i loro membri sono spesso molto conservatori, militanti e influenti sui temi politici e sociali. Il fatto è che in Arabia Saudita la manifestazione in pubblico della religione cristiana, come di tutte le altre ad eccezione di quella islamica, è ancora proibita, nonostante la legge abbia recentemente fatto dei piccoli passi avanti. 

Il turismo dei cristiani evangelici americani è organizzato per lo più tramite agenzie di viaggio cristiane e predicatori con idee spesso controverse. Le persone che si iscrivono sono di solito pensionate o svolgono lavori comuni, come il contabile o il farmacista, votano il Partito Repubblicano, provengono da stati come la Florida o l’Idaho e raramente hanno viaggiato fuori dal Nord America. Inoltre, sono tutti accomunati dalla convinzione che sia l’Arabia Saudita, e non l’Egitto, il luogo in cui si trova il Monte Sinai, dove secondo le Scritture ebraiche e cristiane Dio avrebbe rivelato i Dieci Comandamenti a Mosè. 

Questa credenza, smentita dalla maggioranza degli archeologi e teologi, è stata teorizzata dall’anestesista Ron Wyatt, che negli anni Ottanta entrò illegalmente in Arabia Saudita per condurre le sue ricerche e fu arrestato ed espulso. Durante la sua vita, Wyatt ha sostenuto di aver fatto quasi cento scoperte legate alla Bibbia, inclusa la posizione dell’Arca di Noè, ma le sue idee erano prese in considerazione solo da una minoranza della comunità evangelica. 

Tuttavia, negli ultimi anni questa teoria è diventata sempre più diffusa grazie a video virali su YouTube, ripresi anche da alcuni commentatori di Fox News. Su Google Maps si possono infatti trovare due monti identificati come Monte Sinai: quello “vero” in Egitto e quello in Arabia Saudita, aggiunto due anni fa. Ryan Mauro, autore del documentario più visto sul tema, sostiene che i sauditi starebbero nascondendo volontariamente le prove che l’Esodo sia avvenuto nel loro paese per evitare che l’area diventi un luogo di culto per una religione diversa da quella islamica. Questi viaggi, quindi, non sono solo pellegrinaggi nei presunti luoghi più sacri della religione cristiana, ma vengono percepiti quasi come delle “missioni” durante le quali le prove dell’Esodo potrebbero essere scoperte da un momento all’altro. 

La durata e il prezzo di questi tour possono variare ma i più comuni costano intorno ai 5.000 dollari (esclusi i voli) e durano circa 10 giorni, di cui cinque passati nel deserto nel nord-ovest dell’Arabia Saudita, e quattro al Cairo, la capitale dell’Egitto.

La prima parte del viaggio è dedicata alla visita di presunti luoghi sacri, come appunto la montagna identificata da Wyatt come Monte Sinai. Le agenzie di viaggio specificano nella descrizione di queste attività i versetti della Bibbia in cui questi luoghi sono menzionati: ad esempio, “Tappa al Pozzo di Mosè sulle sponde del Mar Rosso (Esodo 2:15)”. Come scrive un recente articolo del New York Times, dato che le guide sono spesso dei predicatori evangelici, i gruppi si fermano a pregare ogni volta che raggiungono una nuova destinazione. In alcuni viaggi è anche prevista una tappa in un campo beduino dove i turisti assistono alla mungitura di un cammello e mangiano insieme ai loro ospiti. La seconda parte del viaggio, in Egitto, è invece simile a tanti altri tour organizzati: si soggiorna in hotel e si cena su una barca sul Nilo, si visitano le piramidi, i musei e i bazar e non ci sono momenti di preghiera organizzati.

Il flusso di turisti cristiani evangelici si è rafforzato anche per un’altra ragione. In questa zona, quella che per loro ha un valore religioso, il governo saudita sta realizzando il progetto Neom, un’area di 26.500 chilometri quadrati, grande più o meno quanto la Sicilia, che dovrebbe comprendere residenze di lusso, i palazzi della famiglia reale e la famosa città futuristica a emissioni zero “The Line”, larga solo 200 metri ma composta da due grattacieli paralleli lunghi 170 chilometri e alti 500 metri: una specie di grande muraglia che dovrebbe ospitare fino a 9 milioni di persone in cui i quartieri si sviluppano in verticale e con tutti i servizi a cinque minuti di distanza a piedi.

La realizzazione di questo progetto, che dovrebbe essere completato nel 2025 nonostante gli enormi ritardi accumulati, sta portando alcuni turisti ad anticipare il proprio viaggio per poter ammirare la zona «fin quando è ancora incontaminata».

Petroglifi che secondo i cristiani evangelici potrebbero raffigurare una scena di “adorazione del vitello” descritta nell’Antico Testamento, e che sono presenti in tutta la regione. (Chuck Holton, Flickr)

Nonostante questo tipo di turismo non fosse previsto, secondo alcuni osservatori il governo saudita avrebbe iniziato a considerare l’arrivo di cristiani evangelici come una nuova occasione per proseguire quel processo iniziato tempo fa di “ripulire” la propria immagine di fronte all’Occidente: mostrarsi quindi meno autoritario e più tollerante, anche dal punto di vista religioso. 

L’Arabia Saudita è governata da una monarchia assoluta islamica e la sua economia si basa quasi esclusivamente sull’esportazione delle sue risorse petrolifere. Diversificare la propria economia e migliorare la propria reputazione all’estero è una priorità del governo, che per questo motivo nel 2016 presentò “Vision 2030”: un piano che si compone di numerosi e ambiziosi progetti e riforme, fra cui l’apertura delle frontiere.

Vision 2030 è promosso da Mohammed bin Salman, primo ministro dal 2022 e principe ereditario del re Salman bin Abdulaziz al Saud, suo padre. Negli ultimi anni bin Salman ha approvato diverse riforme per tentare di cambiare il modo in cui l’Arabia Saudita veniva vista da fuori (le riforme hanno riguardato per esempio i concerti dal vivo, l’Islam moderato, la riapertura dei cinema e la patente di guida per le donne). Nel paese però sono proseguite persecuzioni e repressioni sistematiche degli oppositori e dissidenti. Mohammed bin Salman è accusato tra le altre cose di essere il mandante di molti crimini, fra cui l’omicidio di Jamal Khashoggi, dissidente e collaboratore del Washington Post ucciso nel consolato saudita a Istanbul nell’ottobre del 2018.