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  • Venerdì 28 ottobre 2022

Perché i cristiani evangelici sono così importanti in Brasile

Al punto che il loro voto potrebbe decidere il ballottaggio delle elezioni presidenziali tra Lula e Bolsonaro

di Valerio Clari

L'ex presidente Lula, al centro di spalle, prega con pastori evangelici a Sao Gonçalo (AP Photo/Rodrigo Abd)
L'ex presidente Lula, al centro di spalle, prega con pastori evangelici a Sao Gonçalo (AP Photo/Rodrigo Abd)
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Domenica 30 ottobre in Brasile si svolgerà il ballottaggio presidenziale fra Luiz Inácio da Silva detto Lula, candidato di sinistra e vincitore del primo turno, e Jair Bolsonaro, presidente in carica, populista di destra. Gli ultimi sondaggi segnalano un’ulteriore rimonta di Bolsonaro, sottostimato prima del primo turno, e un’elezione in bilico: Lula mantiene qualche punto di vantaggio, ma non sufficiente da poter escludere che il vincitore finale sarà invece Bolsonaro.

Uno dei motivi dei buoni risultati elettorali del presidente uscente, nonostante una gestione della pandemia molto problematica e una situazione economica complessa, è la fedeltà di una componente importante del suo elettorato, quella della Chiesa evangelica. Il 30 per cento della popolazione brasiliana si dichiara ormai di fede evangelica pentecostale e fra questi il supporto al presidente Bolsonaro è, secondo gli ultimi sondaggi, superiore di 34 punti percentuali rispetto a Lula (65 per cento contro 31 per cento a favore del presidente uscente).

La Chiesa evangelica, già importante nel 2017 con il suo appoggio convinto ai valori ultraconservatori di Bolsonaro, potrebbe essere decisiva in queste elezioni. Ne è cosciente anche il Partito dei Lavoratori di Lula, che infatti fin dall’estate ha provato ad avvicinarsi alle componenti meno conservatrici degli evangelici e a rassicurare le altre.

La scorsa settimana Lula, dopo un incontro con alcuni leader della chiesa protestante, ha persino firmato un documento in cui si impegna, in caso di vittoria, a mantenere la libertà di culto, a sostenere il ruolo centrale della famiglia e a non interferire politicamente nell’esercizio della fede. Promesse per lo più scontate, ma necessarie anche per contrastare alcune campagne di fake news sui social, che sostengono che Lula abbia intenzione di «chiudere le chiese» in caso di vittoria.

Lo stesso presidente Bolsonaro, impegnato in un’opera costante di demonizzazione dell’avversario, ha definito queste elezioni una «battaglia fra il bene e il diavolo», al termine di una “Marcia per Gesù” a cui ha partecipato a settembre nella città di Vitoria (nel nord-est del paese).

Jair Bolsonaro a una Marcia per Gesù, a Brasilia (AP Photo/Eraldo Peres)

Il Brasile è il paese con la più grande comunità cattolica al mondo, ma sta vivendo negli ultimi decenni una sorta di rivoluzione religiosa: se trent’anni fa si dichiarava cattolico oltre l’80 per cento dei brasiliani, oggi la percentuale è scesa intorno al 50, a favore principalmente dell’ascesa delle chiese evangeliche pentecostali, ultraconservatrici e capaci di creare reti solide, anche di un welfare di base, all’interno delle comunità più povere.

L’evangelicalismo non prevede autorità religiose o la necessità di chiese consacrate: è un movimento teologico all’interno del Protestantesimo che si concentra sulla lettura della Bibbia, che non deve essere interpretata, ma considerata come “parola di Dio” e per questo insindacabile. Rifiuta ogni sovrastruttura teologica e contempla anche atteggiamenti aggressivi e verbalmente violenti nei confronti di chi è visto come un oppositore. Molte delle chiese pentecostali brasiliane (i pentecostali rappresentano la quasi totalità degli evangelici nel paese) provengono da movimenti simili statunitensi e si concentrano, a livello politico, sull’opposizione forte ad aborto, movimenti LGBT+, femminismo e genericamente alla droga, criminalizzata in ogni sua forma e in ogni genere di consumo.

Creare una chiesa o un gruppo di preghiera è semplice perché possono bastare una sala con alcune sedie di plastica e un microfono: ogni fedele con carisma e volontà può diventare pastore. Le Chiese pentecostali hanno maggiore successo in Brasile nelle zone in cui sono assenti altri centri di aggregazione e dove lo stato fatica ad arrivare, come le favelas, ma anche i piccoli villaggi dell’interno del paese. Forniscono anche un supporto di base ai fedeli, oltre ad accoglierli in una comunità molto coesa e a garantire momenti di svago: le celebrazioni sono spesso accompagnate da balli e canti.

Le Chiese più grandi, oltre a possedere edifici maestosi in cui celebrare le proprie preghiere collettive, sono in grado di muovere fondi importanti e di mobilitare anche politicamente con grande efficacia i propri fedeli.

I valori ultraconservatori delle chiese pentecostali erano già presenti prima dell’ascesa politica di Bolsonaro, molti dei pastori più noti sono stati eletti in parlamento sin dagli anni ’90. All’interno del “Congresso” esiste un gruppo evangelico con componenti di vari partiti, il cosiddetto “Caucus della Bibbia” (con caucus si intende incontro, consiglio, ed è una parola che deriva dalla politica statunitense).

Le istanze cristiano-conservatrici hanno trovato una facile convergenza con l’offerta dell’estrema destra di Bolsonaro: coincidono, fra le altre cose, anche sul favore per un più ampio ricorso alle armi come strumento di difesa personale. Già durante la prima campagna gli evangelici erano diventati una componente importante del bacino di voti del presidente, nonché un efficace esercito di volontari per la propaganda elettorale.

(AP Photo/Eraldo Peres)

Bolsonaro ha aderito in prima persona a questa “rivoluzione religiosa” brasiliana, seppur in modo volutamente contraddittorio. Ufficialmente cattolico, il presidente uscente sin dal 2017 ha partecipato con sempre maggiore frequenza a cerimonie della chiesa pentecostale, tanto da essere battezzato, durante le prime fasi della campagna elettorale per la prima elezione, da un pastore evangelico nelle acque del fiume Giordano, in Israele.

Nei rapporti sempre più stretti fra Bolsonaro e il movimento è fondamentale la terza moglie del presidente, Michelle de Paula Firmo Reinaldo, 40 anni, pastora evangelica e fervente sostenitrice di varie chiese pentecostali fra cui l’“Assemblea di Dio Vittoria in Cristo”, una delle più importanti. Il leader di quest’ultima, Silas Malafaia, è l’uomo che ha celebrato il battesimo nel Giordano, ma anche il matrimonio fra de Paula Firmo Reinaldo e Bolsonaro. Recentemente ha accompagnato il presidente a Londra ai funerali di Elisabetta II.

Michelle Bolsonaro, 40 anni, figlia di un autista di bus e di una casalinga, conosciuta da Bolsonaro quando era segretaria negli uffici del parlamento, viene da una famiglia complicata, con numerosi episodi gravi di violenza e guai con la legge. Il nonno è stato accoltellato a morte, la nonna condannata per traffico di droga, uno zio per associazione mafiosa e un altro per stupro. Durante la scorsa campagna elettorale non era quasi mai stata presente, in questa è diventata volto importante in quella per la rielezione: da una parte il legame con gli evangelici, dall’altra la ricerca di recuperare un po’ di voti delle donne, fra cui Bolsonaro è poco popolare per via anche dell’ostentata misoginia.

Il presidente brasiliano con la moglie Michelle Bolsonaro (AP Photo/Bruna Prado)

Michelle Bolsonaro, oltre ad aver favorito i contatti con molti leader delle chiese pentecostali, ha insegnato al marito il linguaggio e la retorica evangelica, in particolare riguardo ai tre temi centrali: droga, genere e aborto.

Durante il suo primo mandato Bolsonaro ha scelto come ministra per le Donne, la Famiglia e i Diritti umani Damares Alves, attivista antiabortista e pastora evangelica che predicava di fronte a grandi folle. Ha rimpiazzato l’intera squadra del ministero della Salute con esponenti più vicini ai valori ultraconservatori, ha tolto fondi a programmi di salute per le donne, ha diminuito le tasse per le chiese e garantito la conferma delle attuali frequenze radio-televisive concesse ai canali religiosi, altro elemento importante per le chiese evangeliche. Bolsonaro ha anche nominato come giudice della Corte Suprema André Mendonca, un giurista pastore per la Chiesa presbiteriana del Brasile.

Influenze pentecostali possono essere viste anche nella gestione contraddittoria e spesso negazionista della pandemia: molte congregazioni religiose al riguardo hanno sposato teorie e miti anti-scientifici.

Il supporto delle chiese è per lo più rimasto costante a favore di Bolsonaro, nonostante alcune divisioni legate alle scelte politiche del presidente e nonostante una buona fetta di fedeli sia costituita da donne afrobrasiliane con basso reddito, categorie normalmente poco favorevoli al partito Liberale di Bolsonaro. Sóstenes Cavalcante, a capo del gruppo evangelico in parlamento, ha spiegato al Financial Times che «le questioni morali restano più importanti delle preoccupazioni economiche» e che il 70 per cento degli evangelici a suo parere è ancora favorevole al presidente.

Il rivale Lula nelle precedenti campagne elettorali (che lo avevano portato all’elezione nel 2003 e nel 2008) era rimasto il più possibile lontano dai temi religiosi: non ha potuto fare lo stesso in questa. Ha scelto come vicepresidente Geraldo Alckmin, esponente della destra liberale, per mostrarsi come presidente moderato ma anche perché Alckmin è un fervente cattolico. I responsabili della sua campagna hanno dovuto dedicare alcuni spot a smentire le false notizie online che denunciavano radicale avversione al culto religioso di Lula, che peraltro è a sua volta cattolico.

Ma in particolare Lula ha cercato di corteggiare il voto evangelico: le chiese hanno anche componenti moderate, seppur minoritarie, che aderiscono con difficoltà alle politiche di estrema destra di Bolsonaro. Così Lula il 2 ottobre ha partecipato a una riunione di pastori evangelici a Sao Gonçalo, città da un milione di abitanti nello stato di Rio de Janeiro: qui fra una maggioranza di donne e con alcuni pastori più progressisti ha presenziato a una preghiera collettiva.

Si è recentemente detto contrario personalmente all’aborto, ma non al diritto legale della sua esistenza, e ha concentrato l’offerta verso i pentecostali nell’aiuto economico e sociale alle famiglie.

Fedeli evangeliche e sostenitrici di Lula (AP Photo/Rodrigo Abd)

La strategia e il successivo documento firmato con alcuni pastori non sembrano aver portato a sostanziali progressi nei favori presso questa componente dell’elettorato. Il voto evangelico resta sostanzialmente un’arma a favore di Bolsonaro, tanto più potente vista la capacità dei pastori e delle congregazioni nel mobilitare in modo compatto i propri fedeli a livello politico.

Esemplare dell’appoggio incondizionato di parte del mondo evangelico è stato l’evento organizzato a Brasilia dal 12 al 15 ottobre e chiamato Conferenza Globale Rinascimento 22, dove 22 è sia l’anno in corso sia il numero che bisogna comporre nelle macchine di voto elettronico per scegliere Bolsonaro. Questa convention organizzata in un palazzetto da 2.500 posti di proprietà della chiesa “Comunità delle Nazioni”, frequentata da Michelle Bolsonaro e dalla ex ministra Damares Alves, teorizzava la nascita di un nuovo stato rifondato sui valori cristiani a partire dalla rielezione del presidente in carica.

Gli oratori presenti si sono riferiti spesso a Bolsonaro con l’appellativo comparso già cinque anni fa di “messia” e i sermoni contenevano frasi come «dal 30 ottobre torneremo alla normalità, ma adesso siamo in guerra», oppure «dobbiamo fare in modo che i demoni che si aggirano su questa nazione non trionfino».