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  • Domenica 3 novembre 2019

Cosa aspettarsi da un viaggio in Arabia Saudita

Il paese islamico che si è appena aperto al turismo offre posti sorprendenti e pochissimi turisti, ma anche poche strutture e qualche restrizione per gli occidentali

(AP Photo/Amr Nabil)
(AP Photo/Amr Nabil)

Il 27 settembre scorso il regime dell’Arabia Saudita ha annunciato che avrebbe iniziato a dare la possibilità ai cittadini di 49 stati del mondo, tra cui l’Italia, di ottenere un visto turistico per visitare il paese. Fino a quel momento il governo saudita aveva concesso visti a stranieri quasi solo per i pellegrinaggi religiosi a La Mecca e a Medina, le due città più importanti dell’Islam, e per i viaggi d’affari. Nei primi dieci giorni da quando è stata introdotta la politica, ha detto la televisione statale, l’Arabia Saudita ha accolto 24mila turisti.

L’apertura al turismo rientra in un ambizioso piano chiamato “Vision 2030”, formulato dal potente principe ereditario Mohammed bin Salman con l’obiettivo di rendere il paese indipendente dall’andamento dei mercati petroliferi entro il 2030 e di riformare gli aspetti più conservatori della società.

Nonostante alcune decisioni accolte con favore in Occidente, come la riapertura dei cinema e la patente data alle donne, la reputazione di bin Salman e del suo progetto politico ha subìto duri colpi a causa di diversi episodi di repressione e violenza, tra cui la guerra in Yemen e l’omicidio del giornalista e dissidente Jamal Khashoggi. La società di consulenza statunitense Skift, che si occupa di produrre notizie e analisi per l’industria del turismo, ha scritto: «L’apertura di una nuova destinazione è quasi sempre considerata un trionfo. Non questa volta, perché ci sono state esternazioni di scetticismo e sdegno sulla dualità degli obiettivi di questa operazione», riferendosi al fatto che l’apertura al turismo saudita sia stata decisa per portare vantaggi a un regime repressivo come quello della famiglia reale del paese.

Non ci sono ancora molte informazioni turistiche sull’Arabia Saudita, visto che la nuova politica dei visti turistici è entrata in vigore meno di un mese fa. Qualcosa però si può già dire, sia sui posti da visitare che sui vantaggi e svantaggi di viaggiare in un paese così conservatore e poco abituato ad avere a che fare con il turismo straniero.

Le cose da vedere

Considerato che fino a meno di un mese fa i visti per entrare in Arabia Saudita venivano erogati per lo più per lavoro e per pellegrinaggio religioso, anche i siti online che normalmente forniscono informazioni turistiche generali, come per esempio TripAdvisor, non sono molto utili per chi vuole viaggiare in Arabia Saudita senza necessariamente appoggiarsi a un’agenzia o comprare pacchetti già pronti. Tra le destinazioni preferite dagli utenti di TripAdvisor ci sono per esempio la moschea del Profeta, a Medina, e la Kaaba, edificio dalla forma cubica attorno al quale è stata costruita la Grande Moschea, a La Mecca, cioè due città che i turisti non musulmani non possono visitare nemmeno con la nuova politica del governo saudita.

L’area della Grande Moschea con la Kaaba alla Mecca, Arabia Saudita, 16 ottobre 2013. (FAYEZ NURELDINE/AFP/Getty Images)

Diversi posti interessanti da vedere – alcuni più noti, altri meno – sono stati segnalati dal giornalista di BBC Frank Gardner, che ha viaggiato nel paese in diverse occasioni dalla fine degli anni Ottanta: «I sauditi spesso scherzano dicendo che ho visto più io del loro paese che loro», ha scritto Gardner.

Una delle città più note e interessanti dell’Arabia Saudita è Gedda, che si trova sulla costa occidentale, a poca distanza da La Mecca. Gedda è una città portuale che fino al 1982 fu la capitale saudita e che oggi è la più aperta e progressista del paese. «È una città incantevole e culturalmente ricca, in cui sono rappresentate tutte le etnie del Mar Rosso», ha scritto Gardner: ci sono gli egiziani che trascorrono le giornate ai tavoli dei locali che servono tè e caffè e dove si fuma la shisha (il narghilè), i sarti yemeniti che tengono aperti i loro negozi di abbigliamento fino a notte fonda, e le donne del Corno d’Africa (somale, eritree e gibutiane) che espongono le spezie nei mercati di strada.

A Gedda c’è anche un quartiere molto bello e fotogenico: si chiama Balad, si trova attaccato al porto di Gedda ed è praticamente il centro storico della città. Qui ci sono diversi edifici tradizionali costruiti 500 anni fa, che oggi sono oggetto di un programma di ristrutturazione disposto dal ministero della Cultura saudita.

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A seicento chilometri a sud di Gedda ci sono i monti dell’Asir, una regione montuosa ampia circa 100mila chilometri quadrati – un terzo dell’Italia – che nel suo punto più meridionale si avvicina al confine con lo Yemen. Qui il paesaggio è verde e rigoglioso, abitato da circa 500mila amadriadi, una specie di babbuino selvatico diffuso nella zona del Mar Rosso, da bucerotidi, aquile e lucertole blu. Una parte della regione è collegata con una funivia che parte dalla cittadina di Rijal Alma, un tempo rilevante centro del commercio regionale e oggi riconosciuta meta turistica grazie ai suoi importanti edifici storici.

Bloomberg consiglia di prendere alcune precauzioni di sicurezza: la principale città della regione, Abha, si trova a 115 chilometri dal confine yemenita, dove la coalizione guidata dall’Arabia Saudita sta combattendo una guerra contro i ribelli houthi: è già successo che ci siano stati morti e feriti a causa degli attacchi compiuti dai droni degli houthi contro l’aeroporto di Abha.

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Un altro posto da visitare è Mada’in Saleh, un complesso di rovine nabatee nel nordovest dell’Arabia Saudita, 300 chilometri da Medina, che assomiglia vagamente ai monumenti scavati nelle pareti rocciose del sito archeologico di Petra, in Giordania. Il nome di questa zona, chiamata Hegiaz (“la barriera”), è legato a quello dello scrittore e ufficiale inglese Lawrence d’Arabia, che qui nel 1917 si unì agli arabi nella rivolta contro l’esercito ottomano.

Per anni le autorità saudite hanno cercato di limitare il turismo a Mada’in Saleh, su pressione dei fondamentalisti religiosi sunniti che si opponevano a promuovere qualcosa che risaliva al periodo precedente alla civiltà islamica, che in arabo è nota con l’espressione “età dell’ignoranza”. Ora però le cose stanno cambiando e il governo ha deciso di investire risorse per alimentare il turismo anche in questa regione.

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A 340 chilometri di distanza, un po’ più di tre ore e mezza di macchina, ci sono quelle che vengono chiamate le “Maldive dell’Arabia Saudita”, cioè le isole che si trovano di fronte alle città di Umluj e Al Wajh. Per il momento sono solo parzialmente visitabili, visto che il governo sta lavorando a un progetto di sviluppo del turismo, chiamato “Progetto del Mar Rosso”, con l’obiettivo di creare nuove strutture e opportunità. Bloomberg scrive che si può comunque contrattare con un barcaiolo locale per farsi portare nelle zone consentite e sfruttare le acque turchesi poco profonde e la barriera corallina che caratterizzano questa zona.

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A quattro ore di macchina da Gedda, nell’entroterra e nel mezzo del deserto, c’è l’ultima grande destinazione turistica dell’Arabia Saudita occidentale, cioè il cratere del vulcano di Al Wahbah con al centro una distesa di sale. Negli ultimi anni il cratere è diventato una destinazione turistica per molti appassionati di escursionismo e trekking: è possibile infatti scendere in fondo al cratere con due o tre ore di camminata e un dislivello di circa 250 metri.

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Spostandosi dall’altra parte dell’Arabia Saudita – vicino alla costa orientale, al Bahrein e al Qatar – c’è la grande oasi di al Hofuf, cioè una delle principali regioni produttrici di datteri al mondo. Al Hofuf è anche il nome della principale città all’interno dell’oasi, nota per i suoi antichi palazzi e souk, i mercati tradizionali di molti paesi del Nord Africa, del Corno d’Africa e del Medio Oriente. La maggiore attrazione turistica è comunque il complesso di grotte naturali scolpite dall’erosione del vento e dell’acqua che si trova all’interno della montagna di al Qarah, una quindicina di chilometri a est di al Hofuf.

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È un viaggio facile? È sicuro? E le donne?

Viaggiare in Arabia Saudita potrebbe comportare alcune difficoltà, legate soprattutto alla mancanza di strutture e di collegamenti aerei (fondamentali per un paese così grande) e alla scarsa abitudine degli abitanti locali ad avere a che fare con i turisti stranieri. Se da una parte la mancanza di turismo può essere un vantaggio, soprattutto perché permette di visitare i luoghi di interesse senza folle di visitatori, dall’altra implica un’offerta piuttosto limitata in quanto a strutture alberghiere, ristoranti, guide, agenzie e così via. I diversi progetti avviati dal regime saudita per valorizzare alcune aree di interesse turistico, come le isole di fronte a Umluj e Al Wajh e la zona di Al Ula, dove si trovano le tombe nebatee, fanno comunque prevedere un miglioramento della situazione nei prossimi anni.

L’Arabia Saudita viene considerata oggi un paese per lo più sicuro, con livelli di criminalità e violenza piuttosto bassi. Al momento non ci sono allarmi seri sul terrorismo: il regime saudita sconfisse al Qaida alla metà degli anni Duemila, dopo gli attacchi dell’11 settembre 2001, e ora l’unica minaccia esterna sembrano essere gli attacchi compiuti dai ribelli houthi oltre il confine dello Yemen, nell’Arabia Saudita meridionale.

Oltre alla sicurezza, ci sono da fare altre valutazioni. Fare un viaggio in Arabia Saudita comporta più difficoltà e complicazioni per le donne rispetto agli uomini. Nonostante le donne non siano obbligate a indossare il velo per coprirsi il capo nei luoghi pubblici – regola per esempio che vale in l’Iran, altro paese molto rigido in termini di abbigliamento – è richiesto che si vestano comunque in modo “modesto”, quindi cercando di coprirsi il più possibile. Questo significa mantenersi coperte anche nelle zone di mare, ma non è insolito per le turiste indossare il bikini una volta che sono entrate in acqua.

Il governo saudita permette alle donne straniere di spostarsi da sole nel paese, diversamente da quanto possano fare le cittadine saudite, ma può capitare comunque che le cose si complichino. Bloomberg ha raccontato per esempio che di recente un agente della Guardia costiera saudita ha detto a una giornalista che non poteva salire a bordo di una barca senza essere accompagnata da un parente maschio (poi ha cambiato idea, dopo essersi consultato con un collega).

Altre tre cose da sapere e una da valutare. In Arabia Saudita è vietato bere alcol. Le coppie straniere non sposate possono condividere la stessa stanza di albergo, grazie a una misura introdotta di recente dal regime, ma non possono mostrare gesti di affetto in pubblico, altrimenti rischiano una multa. L’Arabia Saudita è un regime autoritario, che uccide e imprigiona i dissidenti, che limita moltissime libertà, che non permette il giornalismo indipendente, che non dà diritti alle donne e che ha avviato un programma di riforme con lo scopo di “ripulirsi la faccia” di fronte ai propri alleati occidentali. Viaggiare in Arabia Saudita, come in molti altri paesi del mondo in situazioni simili, significa contribuire allo sviluppo del turismo locale e alla ricchezza del regime che governa, con tutte le implicazioni etiche di una scelta del genere.