Il difficilissimo lavoro della nuova banchiera centrale turca

Hafize Gaye Erkan ha annunciato un grosso aumento dei tassi d'interesse, ma bisogna vedere cosa ne penserà Erdogan

Hafize Gaye Erkan (foto dalla sua pagina di LinkedIn)
Hafize Gaye Erkan (foto dalla sua pagina di LinkedIn)
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Giovedì Hafize Gaye Erkan, la presidente della Banca centrale turca appena nominata dal governo di Recep Tayyip Erdogan, ha annunciato un grosso aumento dei tassi d’interesse, dall’8,5 al 15 per cento, con l’obiettivo di contrastare l’aumento dell’inflazione. Le aspettative su questa decisione di Erkan erano molto alte: un aumento dei tassi significa che la Turchia, dopo anni di politiche economiche ritenute bizzarre e scriteriate dalla maggior parte degli economisti, sta tornando a scelte più ortodosse e simili a quelle delle altre grandi economie internazionali. La maggior parte degli analisti, tuttavia, si aspettava un aumento ancora più alto: benché i tassi siano quasi raddoppiati, molti economisti speravano in un aumento che arrivasse al 20 per cento.

Dal 2021, mentre tutto il resto del mondo aumentava i tassi d’interesse per contrastare l’inflazione, Erdogan aveva costretto la banca centrale turca a tagliarli. Tagliare i tassi è esattamente il contrario di quello che secondo la teoria economica andrebbe fatto in un momento di alta inflazione, perché significa di fatto lasciarla incontrollata e consentire che aumenti ulteriormente.

È quello che è accaduto: negli ultimi anni la Turchia ha vissuto un enorme aumento dell’inflazione e un preoccupante deprezzamento della lira turca, che di fatto ha impoverito la popolazione. Attualmente l’inflazione turca è al 39 per cento ma negli scorsi mesi aveva anche superato l’80 (in Italia, per avere un termine di paragone, è al 7,6 per cento).

Ma dopo la vittoria alle elezioni presidenziali del mese scorso, Erdogan ha fatto capire che era pronto ad abbandonare le sue politiche non ortodosse e ad agire per limitare i danni all’economia. In particolare, ha nominato come ministro dell’Economia Mehmet Simsek, un economista molto autorevole e rispettato a livello internazionale che aveva già fatto parte del governo turco una quindicina d’anni fa, in uno dei periodi di massima espansione economica del paese.

L’altra nomina notevole è stata appunto quella di Hafize Gaye Erkan, una manager bancaria di 44 anni che nel corso della sua carriera ha ricoperto ruoli di grande importanza in una serie di banche statunitensi. Considerata la sua carriera, Erkan è una figura piuttosto rispettata e si ritiene che sia sostenitrice di politiche monetarie ortodosse, contrarie a quelle adottate da Erdogan negli ultimi anni. Anche per questo, da quando è stata nominata, la borsa turca è andata piuttosto bene, segno che i mercati “si fidano” di lei.

Il Wall Street Journal ha definito il lavoro di Erkan «il più difficile in Turchia»: non soltanto perché si troverà a gestire la politica monetaria di un paese dalla situazione economica estremamente compromessa, ma anche perché Erdogan ha notoriamente un rapporto piuttosto burrascoso con i banchieri centrali: dal 2020 a oggi ne ha sostituiti quattro, principalmente a causa dei contrasti sulla necessità o meno di alzare i tassi d’interesse.

Hafize Gaye Erkan è nata a Istanbul e ha trascorso la gran parte della sua carriera come dirigente nel sistema finanziario statunitense. Questo la rende al tempo stesso una persona molto rispettata negli ambienti economici internazionali ma quasi sconosciuta in Turchia, dove non ha mai frequentato né gli ambienti politici né la pubblica amministrazione nel settore economico. Erkan non ha nemmeno esperienza come banchiera centrale, ma questo generalmente non è ritenuto un problema: anche Jerome Powell, l’attuale presidente della Federal Riserve americana, ha una formazione da banchiere d’investimento, mentre la presidente della Banca Centrale Europea Christine Lagarde è formalmente un’avvocata, anche se ha una notevole preparazione economica.

Erkan è anche la prima donna a ricoprire l’incarico in Turchia, e questo è un fatto notevole in un sistema politico-economico in cui la stragrande maggioranza dei posti di potere sono occupati da uomini.

Dopo la laurea nel 2005, Erkan entrò in Goldman Sachs, una delle principali banche americane, e nel giro di pochi anni divenne una dirigente di alto rilievo. Nel 2014 entrò nella banca americana First Republic Bank, e nel 2021 ne fu nominata co-amministratrice delegata assieme al fondatore della banca, Jim Herbert. Tutti ritenevano che Herbert avesse scelto Erkan per succedergli a capo della banca, e che ben presto lei sarebbe diventata amministratrice delegata unica. Ma nel dicembre del 2021 Herbert fu costretto a dimettersi per problemi di salute, e anche Erkan si dimise poco dopo.

Qualche mese fa First Republic Bank è fallita nell’ambito della breve crisi bancaria americana di questa primavera, ed è stata ceduta a JP Morgan, un’altra banca americana più grossa. Erkan tuttavia era già fuori dalla banca da quasi due anni, e non le sono state attribuite particolari responsabilità.

Successivamente Erkan fu amministratrice delegata di Greystone, una società statunitense che si occupa di prestiti immobiliari, ma lasciò il lavoro dopo pochi mesi. Fu anche per un periodo nel consiglio di amministrazione di Tiffany, la celebre azienda di gioielleria.

Nominando Erkan a presidente della Banca centrale, il governo turco ha evidentemente cercato una figura tecnica, poco compromessa con la politica, che abbia una buona reputazione all’estero e che possa risultare credibile.

Le difficoltà per Erkan saranno comunque numerose. Al momento il presidente Erdogan sembra disposto ad acconsentire a un aumento dei tassi, ma non è chiaro come reagirà via via che gli effetti di questa politica cominceranno a farsi sentire sull’economia turca. Un aumento dei tassi (e un aumento dei tassi deciso e sostenuto nel tempo come quello che si ritiene debba mettere in atto la Banca centrale turca) consente di mettere gradualmente sotto controllo l’inflazione, ma al tempo stesso provoca un forte rallentamento dell’attività economica.

Alti tassi d’interesse comportano tra l’altro che le aziende e i privati siano disincentivati a prendere a prestito denaro per comprare cose o investire. Per esempio le persone comprano meno case, si assumono meno operai per costruirle o ristrutturarle, e circolano meno soldi. In questo modo l’inflazione rallenta perché le persone spendono meno denaro, ma al tempo stesso rallenta anche l’economia, al punto da arrivare alla recessione, come sta succedendo nei paesi che adottano l’euro. Questo potrebbe generare malcontento tra la popolazione, e portare Erdogan a cambiare nuovamente idea su quali politiche monetarie adottare.