First Republic Bank è fallita ed è stata ceduta a JP Morgan

Le autorità statunitensi hanno preso il controllo della banca in crisi, trasferendone debiti e attività a uno degli istituti più grandi del paese

Una filiale della First Republic Bank a San Francisco (AP Photo/Jeff Chiu)
Una filiale della First Republic Bank a San Francisco (AP Photo/Jeff Chiu)
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Lunedì mattina, alcune ore prima dell’apertura della Borsa statunitense, le autorità di controllo federali americane hanno annunciato di aver messo sotto amministrazione straordinaria la banca First Republic Bank, tra le più grandi del paese e in enormi difficoltà economiche dopo il fallimento di Silicon Valley Bank, e di averne immediatamente venduto la maggior parte delle attività a JP Morgan Chase, uno degli istituti più grandi del paese.

La Federal Deposit Insurance Corporation, l’ente che offre garanzie sui conti correnti, ha così chiuso le attività della banca, entrata in crisi oltre un mese fa e già oggetto nelle scorse settimane di alcuni tentativi di salvataggio, che non avevano però fermato il crollo delle sue azioni in Borsa e il ritiro dei soldi depositati da parte dei suoi correntisti, che temevano di perderli. Secondo quanto riportato nel comunicato delle autorità di controllo delle attività finanziarie americane, JP Morgan assumerà tutti i 103,9 miliardi di dollari di depositi di First Republic e acquisterà la maggior parte dei suoi 229,1 miliardi di dollari di attività.

First Republic, banca fondata nel 1985, era la quattordicesima più grande degli Stati Uniti all’inizio del 2023, ma negli ultimi mesi le sue azioni avevano perso quasi per intero il loro valore dopo una serie di problemi finanziari legati alla crisi degli istituti bancari americani di queste settimane. Il fallimento di First Republic Bank è il secondo per dimensioni nella storia statunitense, dopo quello del Washington Mutual, istituto che fallì durante la crisi finanziaria del 2008.

A metà marzo un piano concordato con la segretaria al tesoro statunitense Janet Yellen aveva portato undici delle maggiori banche del paese a intervenire a sostegno della First Republic Bank. Fra le altre JP Morgan, Citigroup, Wells Fargo, Bank of America, Morgan Stanley e Goldman Sachs avevano depositato 30 miliardi di dollari nell’istituto in difficoltà, nel tentativo di dimostrare agli investitori che la banca fosse solida e che avesse la loro fiducia. La manovra aveva fermato il crollo in Borsa solo temporaneamente, poi i problemi erano continuati, per le stesse ragioni che avevano portato ai fallimenti di Silicon Valley Bank e Signature Bank.

Un’insegna della First Republic Bank e una bandiera californiana a San Francisco (AP Photo/Jeff Chiu)

Si tratta infatti di una banca dalle caratteristiche piuttosto simili: di medie dimensioni e con una clientela composta soprattutto da aziende, con conti correnti corposi che quindi non rientrano sotto la soglia entro cui la legge statunitense prevede il rimborso garantito in caso di fallimento, che è pari a 250 mila dollari. Queste aziende hanno quindi spostato altrove molti dei soldi che avevano in deposito, limitando le possibilità di investimento della stessa: dall’inizio della crisi secondo le stime sarebbero stati ritirati capitali per 100 miliardi di dollari da First Republic Bank.

Inoltre, semplificando molto, First Republic Bank negli scorsi anni si era esposta concedendo prestiti corposi a lungo termine a un tasso d’interesse basso, allora in linea con il costo del denaro. Nell’ultimo anno la Federal Reserve, la banca centrale americana, ha però aumentato per otto volte i tassi d’interesse, portandoli fino a un intervallo compreso tra il 4,50 e il 4,75%, il più alto dal settembre del 2007. I tassi d’interesse sono quelli a cui le banche centrali prestano denaro alle altre banche, in pratica il costo del denaro. Storicamente, l’innalzamento dei tassi è lo strumento migliore a disposizione delle banche centrali per mettere l’inflazione sotto controllo, perché aumentando il costo del denaro si riducono i fenomeni che portano a un aumento dei prezzi. L’aumento dei tassi ha però reso i prestiti concessi in precedenza a tassi inferiori non convenienti per le banche, aumentandone la fragilità economica. Il ritiro degli investimenti da parte dei grandi correntisti ha reso alla lunga la situazione non gestibile.

La mossa delle autorità bancarie e l’immediata vendita a JP Morgan hanno l’obiettivo di evitare nuovi possibili “contagi”, ossia ricadute su altri istituti finanziari, e rassicurare gli investitori. Secondo gli analisti non ci sono al momento altre banche in una situazione simile a quella di First Republic Bank e quindi a rischio di fallimento.