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  • Venerdì 24 febbraio 2023

In Arabia Saudita sono raddoppiate le esecuzioni delle condanne a morte

Benché il principe ereditario e primo ministro Mohammed bin Salman cerchi di presentarsi come un moderato e un riformatore

Mohammed bin Salman al G20 del 2018 di Buenos Aires, Argentina (AP Photo/Ricardo Mazalan, File)
Mohammed bin Salman al G20 del 2018 di Buenos Aires, Argentina (AP Photo/Ricardo Mazalan, File)

Il leader di fatto dell’Arabia Saudita, il principe ereditario e primo ministro Mohammed bin Salman (MBS), sta cercando da tempo di dare un’immagine più moderna e presentabile del proprio paese: per allentare la pressione dei media occidentali, favorire gli investimenti esteri e migliorare i rapporti politici con i propri alleati. Ma nel paese, che era e che resta uno stato autoritario, non si sono mai fermate le condanne a morte di oppositori della monarchia e criminali comuni, tanto che lo scorso anno sono addirittura raddoppiate. Nel 2022, secondo un conteggio dell’agenzia di stampa AFP, sono state eseguite le condanne a morte di 138 persone: erano state 69 nel 2021.

In Arabia Saudita, come altrove, la pena di morte trova giustificazione nell’applicazione della sharia, che rappresenta l’insieme di princìpi morali e giuridici islamici, spesso interpretati in maniera estremamente radicale. Il regime saudita e lo stesso MBS si sono più volte impegnati a rispettare una moratoria annunciata nel gennaio del 2021 dalla Commissione per i diritti umani del paese sulle condanne a morte, con l’obiettivo di limitarne l’applicazione al reato di omicidio. Ma l’impegno non è mai stato rispettato.

A fine gennaio è stata chiesta la pena di morte nei confronti di un professore di diritto: Awad Al-Qarni, 65 anni, arrestato nel settembre del 2017. Al-Qarni è stato accusato di essere un pericoloso predicatore e di aver diffuso discorsi sovversivi su WhatsApp e sui suoi account Twitter e Instagram. La notizia è stata data dal Guardian che ha avuto accesso ai documenti del tribunale grazie al figlio di Al-Qarni, che lo scorso anno è scappato dall’Arabia Saudita e si è rifugiato nel Regno Unito dove ha chiesto asilo.

Il 12 marzo del 2022 l’Arabia Saudita aveva comunicato di avere eseguito 81 condanne a morte, uccidendo uomini accusati di terrorismo e, a seconda dei casi, di essere membri di gruppi terroristici come al Qaida e lo Stato Islamico (o ISIS) o dei ribelli houthi, yemeniti e appoggiati dall’Iran contro cui l’Arabia Saudita sta conducendo una guerra sanguinaria in Yemen. Quarantuno di questi uomini appartenevano alla minoranza sciita del paese, che è vittima di sistematiche persecuzioni. Quella di marzo era stata una delle più grandi esecuzioni di condanne a morte in un giorno nella storia del paese.

Mohammed bin Salman è principe ereditario dell’Arabia Saudita dal giugno 2017 e primo ministro dal settembre del 2022. La stampa internazionale si accorse di lui per un enorme e ambizioso piano di riforme presentato nell’aprile del 2016 e chiamato “Vision 2030”, che avrebbe dovuto rendere il paese indipendente dall’andamento dei mercati petroliferi entro il 2030. MBS ricevette, allora, grandissime attenzioni e le sfruttò per scalare pezzo dopo pezzo la famiglia reale saudita, fino a farsi nominare erede al trono da re Salman, suo padre, e diventare il politico più potente e importante del regno.

Da lì in poi MBS cominciò a essere descritto da molti giornali internazionali come il promotore di un’Arabia Saudita diversa, più libera e meno legata alla precedente rigida interpretazione dell’Islam. Venne dato molto risalto ad alcune sue riforme, come quella della patente di guida alle donne, dei concerti dal vivo, dell’Islam moderato e della riapertura dei cinema.

Fin da subito, però, altri analisti dissero come il principe ereditario stesse già perseguitando e reprimendo sistematicamente tutti quelli in grado di minacciare il suo potere. MBS è accusato di essere il mandante di molti crimini, compreso l’omicidio di Jamal Khashoggi, dissidente e collaboratore del Washington Post ucciso nel consolato saudita a Istanbul nell’ottobre del 2018.

Diverse ong come Human Rights Watch o Amnesty International hanno più volte condannato e chiesto l’abolizione della pena di morte in Arabia Saudita. E diverse condanne per il mancato rispetto dei diritti umani in Arabia Saudita, nel tempo, sono arrivate anche da vari paesi, come Francia o Stati Uniti.

Lo scorso anno, però, quegli stessi paesi hanno messo fine al breve isolamento internazionale imposto al principe saudita dopo l’uccisione di Khashoggi, accogliendolo o incontrandolo in visite ufficiali. L’Arabia Saudita è uno dei principali esportatori di petrolio, fonte energetica che è diventata ancora più ricercata da quando molti governi hanno iniziato a stringere nuovi accordi con fornitori di fonti energetiche per ridurre la propria dipendenza dalla Russia.