L’ingombrante presenza di Plenitude a Sanremo

La società "verde" di Eni è tra gli sponsor principali del Festival e avrà grande visibilità, con tutte le ambiguità del caso

(Gian Mattia D'Alberto / LaPresse)
(Gian Mattia D'Alberto / LaPresse)
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Per il secondo anno consecutivo Plenitude è tra i principali sponsor del Festival di Sanremo, di solito il programma televisivo più seguito in Italia e di conseguenza una grande opportunità per le aziende che vogliono farsi pubblicità. E proprio l’anno scorso Eni, una delle più importanti aziende attive nel settore dei combustibili fossili, aveva sfruttato l’opportunità del Festival per presentare la trasformazione di Eni Gas e Luce in una nuova entità, chiamata appunto Plenitude, con l’obiettivo di offrire forniture di gas ed energia elettrica derivante da fonti rinnovabili per contribuire alla riduzione delle emissioni di gas serra.

A Sanremo 2022 la presenza di Eni era sembrata a molti piuttosto invasiva, per via della forte presenza di spot, annunci promozionali e altri richiami all’imminente arrivo di Plenitude. La società aveva bisogno di far conoscere la propria nuova iniziativa, di far comprendere ai vecchi clienti di Eni Gas e Luce il passaggio alla nuova entità e di comunicare un certo impegno verso una produzione di energia più sostenibile rispetto all’estrazione e alla combustione di gas e petrolio, storicamente le principali attività di Eni.

A partire dalla scelta di colorare di verde il proprio iconico cane a sei zampe, la società era stata estesamente accusata di fare “greenwashing”, cioè di voler nascondere le proprie attività inquinanti dietro una nuova iniziativa “verde”: un’operazione di facciata e marketing per distogliere l’attenzione dal resto delle attività ad alto impatto ambientale svolte da Eni. Ancora prima dell’inizio dell’edizione di quest’anno del Festival di Sanremo, sono nuovamente circolate accuse di questo tipo, in una fase in cui a Eni interessa mostrare che cosa ha fatto nel primo anno di esistenza di Plenitude per trovare nuovi clienti, per di più in un periodo complicato a causa della crisi energetica.

Società benefit
Plenitude esiste dal marzo del 2022 ed è il frutto di un aggiornamento del marchio Eni Gas e Luce, creato a metà 2017 per offrire forniture di energia elettrica e gas naturale ai privati, sia in ambito domestico sia delle piccole e medie imprese. La società è al 100 per cento di proprietà di Eni e in questi anni ha acquisito varie aziende più piccole, attive nel settore energetico e nella produzione di elettricità da fonti rinnovabili, come eolico e solare.

Come spiega la stessa società, il nome Plenitude deriva dal latino plenitudo, nel senso di “completezza”, “adeguatezza” e “pienezza”. Nella propria comunicazione, Eni mette sempre in grande evidenza gli effetti positivi per l’ambiente e per la popolazione che vuole raggiungere con la propria controllata. Plenitude è per esempio una “società benefit”, definita dalla legge 208/2015 come una società che nell’esercizio di un’attività economica, oltre allo scopo di dividerne gli utili, persegue una o più finalità di beneficio comune e opera in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, comunità, territori e ambiente, beni ed attività culturali e sociali, enti e associazioni ed altri portatori di interesse. Negli anni sono stati sollevati dubbi sull’effettiva utilità delle “società benefit”, considerato che questo status non mette in secondo piano l’obiettivo (comunque legittimo) di generare profitti.

Nei primi nove mesi del 2022, periodo per il quale sono già disponibili i dati, Plenitude ha prodotto utili operativi per 497 milioni di euro, una cifra relativamente contenuta se confrontata con quella prodotta da tutte le altre attività di Eni e pari a un utile netto di 10,8 miliardi di euro. I ricavi sono derivati dalle attività storicamente più importanti per l’azienda, cioè l’estrazione, la raffinazione e la vendita di combustibili fossili e la produzione di altri prodotti chimici, ad alto impatto inquinante. Per quanto importante con oltre 10 milioni di clienti, l’azienda che viene comunicata e venduta come “green” è solo una piccola parte delle numerose e più redditizie attività di Eni.

Impatto ambientale
Nel complesso, Eni rientra tra le trenta aziende di combustibili fossili che da sole sono responsabili di circa metà delle emissioni globali derivanti da metano nel settore dell’energia. Il metano è uno dei principali gas serra: questi, immessi in grandi quantità nell’atmosfera soprattutto a causa delle attività umane, comportano il riscaldamento globale e di conseguenza il cambiamento climatico. Eni, una delle società più importanti e ricche in Italia, esiste da 70 anni e ha attraversato nel corso della propria esistenza numerosi scandali, legati anche all’impatto delle proprie attività in parte derivanti dalla minore attenzione e sensibilità verso la tutela dell’ambiente nei primi decenni della propria esistenza.

Impianto Eni sul delta del Niger, nel sud della Nigeria (ANSA ARCHIVIO/DEB)

Eni oggi conta oltre 32mila dipendenti ed è attiva in decine di paesi nel mondo, nei quali ha i propri impianti di estrazione o per la produzione di energia elettrica. In termini relativi, Eni inquina molto rispetto ad aziende in altri settori industriali, ma negli ultimi anni ha comunque avviato varie iniziative e annunciato impegni per ridurre il proprio impatto ambientale, comunicando per lo meno intenti più ambiziosi rispetto ad altre società del settore. Ha annunciato di voler raggiungere entro il 2050 la neutralità carbonica, obiettivo che del resto è compreso nell’accordo sul clima di Parigi del 2015 e che riguarda quindi tutti i paesi che vi hanno aderito. La neutralità carbonica sarà raggiunta quando smetteremo di aggiungere gas serra nell’atmosfera oltre alla quantità che riusciamo a toglierne.

Per un’azienda petrolifera un obiettivo di questo tipo non è cosa da poco, considerato che continueremo ad avere bisogno del petrolio ancora a lungo per la produzione di plastiche e altri materiali, di prodotti chimici e per la generazione di energia elettrica, almeno fino a quando non sarà sufficiente la produzione da fonti rinnovabili. Dovremo inoltre disporre di sistemi efficienti per immagazzinare l’energia prodotta in eccesso, da utilizzare per esempio quando non c’è il Sole o manca il vento per far funzionare gli impianti solari ed eolici, oppure per rispondere alle fasi di picco della giornata in cui aumenta il consumo di energia elettrica.

Anche al netto delle note difficoltà a districarsi nella transizione energetica per le aziende che per loro stessa natura sono altamente inquinanti, negli ultimi anni le società del settore degli idrocarburi come Eni hanno ricevuto critiche per non investire a sufficienza nello sviluppo di nuove tecnologie che favoriscano la loro conversione, o per lo meno riducano il loro impatto ambientale. Per decenni, le società petrolifere hanno prodotto enormi ricavi e grandi utili, solo in parte reinvestiti in attività di ricerca e sviluppo diverse dallo studio di nuove aree in cui costruire impianti di estrazione di altri combustibili fossili. In alcuni casi, come è emerso di recente, lo hanno fatto pur avendo dati e conoscenze scientifiche sugli effetti delle loro attività, con modelli accurati eppure ignorati sul progressivo aumento della temperatura media globale dovuta alle attività umane.

In questo contesto si inseriscono le accuse, arrivate per esempio da associazioni ambientaliste come Greenpeace, che ritengono Plenitude un’iniziativa di Eni per distogliere l’attenzione dalle attività più problematiche e redditizie dell’azienda, che ha lo scopo di concentrare le attenzioni su una società più presentabile con un messaggio chiaro e semplice da trasmettere. L’impegno per offrire energia elettrica “pulita” è ribadito in ogni aspetto della comunicazione di Plenitude e si riflette negli impegni stessi della società verso i propri clienti.

Plenitude e le offerte “verdi”
Plenitude si è impegnata entro la fine del 2022 a offrire a tutti i propri clienti residenziali nel mercato libero, ai già esistenti di Eni Gas e Luce e ai nuovi, una «fornitura di energia elettrica solo con garanzie di origine e provenienza europea» da impianti «alimentati al 100 per cento da fonti rinnovabili». Il medesimo impegno è indicato anche per i clienti business, quindi società di varie dimensioni, ma con tempi più lunghi almeno fino al 2030. L’impegno è ribadito nelle bollette con una chiara indicazione sotto alla tabella dei consumi: «Ti ricordiamo che avendo scelto ENERGIA VERDE la tua fornitura di energia elettrica è certificata dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE) come immessa in rete e prodotta da impianti alimentati al 100 per cento da fonti rinnovabili».

La certificazione è necessaria perché la rete di distribuzione dell’energia elettrica è unica, di conseguenza non c’è modo di sapere se nella propria abitazione si stiano utilizzando elettroni che provengono da un impianto a gas, solare, a carbone, idroelettrico o eolico. I kilowattora da fonti rinnovabili immessi nella rete ricevono un certificato di produzione da parte del GSE, che viene acquistato dall’azienda energetica interessata a offrire ai propri clienti energia elettrica “verde”. L’azienda deve annullare il certificato nel momento in cui la quantità di energia certificata è stata utilizzata dai propri clienti. In pratica e semplificando, se un certificato vale 100, questo viene annullato quando un cliente ha consumato 20, uno 30 e uno 50. La società può decidere di usare esclusivamente forniture certificate, offrendo di fatto solo energia prodotta da rinnovabili.

Plenitude dichiara di rifornirsi di energia elettrica «in modo esclusivo da Eni». Ciò significa che sfrutta per ora la limitata capacità di Eni di ricavare energia da fonti rinnovabili, seppure questa sia aumentata sensibilmente negli ultimi due anni soprattutto grazie all’acquisizione di società più piccole nel settore delle rinnovabili e l’apertura di nuovi impianti solari ed eolici. La disponibilità limitata è probabilmente uno dei fattori che hanno reso necessario differenziare il passaggio al 100 per cento di “energia verde” per i clienti residenziali già dalla fine del 2022 e solo dal 2030 per i clienti business.

Questa condizione si riflette anche sul cosiddetto “mix energetico” utilizzato per la produzione di energia elettrica venduta da Plenitude, cioè sulle varie tipologie di fonti impiegate per produrla, che come abbiamo visto derivano comunque da Eni. Il dato preconsuntivo del 2021 indica un importante incremento delle fonti rinnovabili passate in un anno dal 39 per cento al 50,8 per cento. Per confronto, nello stesso periodo Enel – uno dei principali concorrenti – è passata dal 46,6 per cento al 45,8 per cento.

Il resto del mix energetico di Plenitude riferito al 2021 indica che per la produzione di energia elettrica dopo le rinnovabili sono state impiegate queste fonti: carbone 7 per cento; gas naturale 34,8 per cento; prodotti petroliferi 0,8 per cento; nucleare 3,8 per cento; altre fonti 2,8 per cento. Stando a quanto dichiara la società, il resto del mix non dovrebbe riguardare i contratti residenziali, ma solo quelli business per le circostanze che segnalavamo prima.

Il mix energetico deve essere inserito obbligatoriamente nelle bollette, ma la sua presenza poche righe dopo l’indicazione sull’energia verde certificata potrebbe causare qualche confusione. La stessa assistenza di Plenitude non è parsa molto consapevole della differenza: telefonando al call center per avere ulteriori informazioni sulla presenza delle due indicazioni, un operatore ha risposto che doveva esserci un errore e che sarebbe stato segnalato.

Al di là della possibilità di chiarire meglio il meccanismo di ricorso ai certificati, il sistema di acquisto e annullamento della certificazione è garantito dal GSE. Al tempo stesso, è evidente che, fino a quando anche le utenze business non riceveranno energia elettrica con il medesimo sistema di certificazione, parte della fornitura di Plenitude deriverà da gas, carbone e petrolio.

Gas e compensazioni
Oltre all’energia elettrica, Plenitude può essere anche utilizzata per le forniture di gas. La società dichiara che in questo caso per il mercato libero «le emissioni di anidride carbonica derivanti dai tuoi consumi gas vengono compensate con progetti di riduzione delle emissioni di gas serra». In pratica viene calcolata la quantità di anidride carbonica prodotta in base ai consumi e Plenitude provvede ad acquistare “crediti di carbonio” equivalenti, che servono per finanziare attività per la tutela dell’ambiente e per compensare le emissioni, in modo da azzerarne gli effetti, almeno in linea teorica. I progetti sono certificati da entità terze sulla base degli standard internazionali per la riduzione delle emissioni. È previsto che i clienti accettino «volontariamente di contribuire al finanziamento dei progetti» e in bolletta è indicata una voce dedicata alle compensazioni.

I crediti di carbonio sono discussi da molti anni, con un confronto piuttosto acceso tra chi è convinto della loro utilità per mitigare gli effetti di alcune attività, responsabili della produzione di molte emissioni, e chi ritiene invece che non siano adeguati e spesso sfruttati per evitare di intervenire alla radice nei settori maggiormente responsabili dell’inquinamento atmosferico. Plenitude non è l’unica società energetica che compensa le emissioni di anidride carbonica derivanti dalla combustione del gas dei propri clienti, anche se alcune hanno scelto di farlo più incisivamente compensando anche quelle prodotte in precedenza.

Immagine
Eni ha dichiarato di avere in programma un approccio simile per tutte le proprie attività, che come abbiamo visto sono molto più estese e ad alto impatto rispetto a quelle di Plenitude, su cui sta concentrando comunque buona parte della propria comunicazione. E questo ci riporta al Festival di Sanremo.

Il green carpet a Sanremo (ANSA)

Come era avvenuto l’anno scorso, durante la trasmissione saranno mostrati spot e annunci promozionali di Plenitude, senza contare varie altre iniziative di contorno che saranno segnalate nel corso del Festival. Le intenzioni sono piuttosto chiare a partire dal titolo di un comunicato stampa diffuso a inizio febbraio: «Plenitude torna a Sanremo nel segno della transizione energetica». Ci sarà come l’anno scorso un “green carpet” sponsorizzato dalla società sul quale sfileranno i cantanti e sul tetto del Teatro Ariston, dove si tiene il Festival, è prevista l’installazione di un impianto fotovoltaico per alimentare parte della struttura.

La Rai ha stimato che quest’anno la settimana di Sanremo consentirà di raccogliere almeno 50 milioni di euro di pubblicità, in sensibile aumento rispetto ai 42 milioni dello scorso anno. Come avvenuto lo scorso anno, Rai ed Eni non hanno annunciato l’entità dell’investimento pubblicitario legato a Plenitude, motivando la scelta con la necessità di tutelare le scelte commerciali e di marketing delle due parti.