Il M5S litiga sulle armi all’Ucraina, ancora

In una bozza di risoluzione si chiede al governo di interrompere gli aiuti militari, ma nel partito molti ne hanno preso le distanze

Giuseppe Conte e Luigi Di Maio (Vincenzo Livieri/LaPresse)
Giuseppe Conte e Luigi Di Maio (Vincenzo Livieri/LaPresse)
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Sabato diverse agenzie di stampa e giornali hanno pubblicato una bozza di risoluzione preparata da un gruppo di senatori del Movimento 5 Stelle (M5S), da votare in Senato il 21 giugno, quando il presidente del Consiglio Mario Draghi interverrà in vista del Consiglio Europeo dei giorni successivi, che si occuperà principalmente della crisi ucraina.

Nella bozza si chiede al governo di «non procedere, stante l’attuale quadro bellico in atto, ad ulteriori invii di armamenti che metterebbero a serio rischio una de-escalation del conflitto pregiudicandone una soluzione diplomatica». La pubblicazione della bozza è stata fortemente criticata da diversi parlamentari del partito, e in particolare dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio, secondo cui un voto su quel documento potrebbe spaccare sia la maggioranza che lo stesso M5S.

Le critiche di Di Maio hanno a loro volta aumentato la tensione all’interno del M5S e domenica mattina il vicepresidente, Riccardo Ricciardi, in un’intervista a Repubblica ha definito il ministro degli Esteri «un corpo estraneo» nel partito. Nel pomeriggio di domenica Di Maio ha risposto a Ricciardi tramite una nota inviata alle agenzie di stampa, in cui ha detto che «i dirigenti della prima forza politica in Parlamento, invece di fare autocritica, decidono di fare due cose: attaccare, con odio e livore, il ministro degli Esteri e portare avanti posizioni che mettono in difficoltà il governo in sede UE. Un atteggiamento poco maturo che tende a creare tensioni e instabilità all’interno del governo. Un fatto molto grave».

L’interruzione dell’invio di nuovi aiuti miliari all’Ucraina è una posizione sostenuta da mesi da parte del M5S, in particolare dal presidente Giuseppe Conte e dai parlamentari a lui più vicini, ma osteggiata dai più filogovernativi. Già a marzo la questione dell’invio di armi all’Ucraina aveva suscitato grosse discussioni nella maggioranza, ma alla fine si era trovato un compromesso.

In quel caso, dopo che la Camera aveva approvato il cosiddetto “decreto Ucraina”, contenente diversi provvedimenti tra cui l’invio di armi all’esercito ucraino, il M5S aveva minacciato di votare contro al Senato. Il motivo era stato un ordine del giorno allegato al decreto che prevedeva un aumento della spesa militare italiana fino al 2 per cento del prodotto interno lordo (PIL) entro il 2024. Alla fine era stata posta la questione di fiducia sul decreto, costringendo di fatto il M5S ad approvarlo per non far cadere il governo, ma l’ordine del giorno era stato eliminato.

Ora il problema si presenta di nuovo, a causa della risoluzione anticipata sabato da agenzie di stampa e giornali. Da giorni infatti nella maggioranza si sta lavorando a una risoluzione condivisa da sottoporre al governo in vista del Consiglio Europeo, e in molti pensavano che alla fine si sarebbe trovato un punto di convergenza con il M5S sulla questione delle armi.

Sabato Di Maio ha criticato la bozza di risoluzione dei senatori del suo partito dicendo che un tale documento «di fatto ci disallinea dall’Alleanza NATO e dall’Unione Europea», e la capogruppo del M5S al Senato, Mariolina Castellone, l’ha commentata dicendo che «non è la risoluzione alla quale stiamo lavorando con tutta la maggioranza: abbiamo un testo condiviso che stiamo completando e al quale il nostro gruppo sta dando un importante contributo, lavorando come sempre in modo costruttivo». Anche la viceministra dell’Economia Laura Castelli è stata molto critica con la bozza dei senatori del suo partito, dicendo che lei non voterebbe un documento «che va fuori dalla collocazione storica dell’Italia» e augurandosi che nei prossimi giorni si trovi un compromesso.

La bozza anticipata sabato non è arrivata del tutto a sorpresa: della possibilità che una parte del M5S potesse presentare un documento di questo tipo il 21 giugno circolavano da settimane diverse indiscrezioni. A fine maggio il leader di Italia Viva Matteo Renzi aveva detto di aspettarsi per il 21 giugno un «agguato» al governo da parte di alcuni parlamentari del M5S. Secondo Renzi, e secondo diversi analisti politici, una parte del M5S riconducibile al presidente Conte vorrebbe uscire dalla maggioranza di governo, per provare a riconquistare consensi nei prossimi mesi e condurre una campagna elettorale dall’opposizione in vista delle elezioni politiche del 2023. C’è anche la possibilità che il 21 giugno la risoluzione del M5S venga votata anche da parte della Lega, da tempo insoddisfatta del suo ruolo nel governo e preoccupata dalla grossa perdita di consensi alle ultime elezioni amministrative.

Non si sa chi abbia redatto la bozza, né tantomeno chi l’abbia fatta avere ai giornali. Il partito nel pomeriggio di sabato ha diffuso una nota in cui ha detto che «a differenza di quanto riportato da alcune ricostruzioni giornalistiche, il Movimento 5 Stelle sta lavorando in modo compatto, e con il coinvolgimento dei capigruppo di Camera e Senato oltre che delle commissioni competenti, sulla risoluzione di maggioranza che verrà votata prima del Consiglio Europeo». È possibile che la bozza alla fine non venga davvero presentata, e che la sua pubblicazione sia stata solo un modo per mettere pressione a quella parte del partito maggiormente a sostegno del governo, in modo da trovare una mediazione più favorevole al M5S nella risoluzione condivisa dalla maggioranza.

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