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  • Giovedì 5 maggio 2022

In Irlanda del Nord potrebbe vincere le elezioni il partito nazionalista Sinn Féin

Per la prima volta dal 1921: si vota oggi per rinnovare il parlamento unicamerale nordirlandese

Un manifesto elettorale del Sinn Féin a Belfast, in Irlanda del Nord, il 25 aprile del 2022 (Charles McQuillan/Getty Images)
Un manifesto elettorale del Sinn Féin a Belfast, in Irlanda del Nord, il 25 aprile del 2022 (Charles McQuillan/Getty Images)
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Oggi in Irlanda del Nord si vota per rinnovare i 90 seggi del parlamento unicamerale locale, a cui lo statuto del Regno Unito garantisce una certa autonomia dal parlamento britannico. Per la prima volta nella storia, a meno di sorprese, ci si aspetta che ottenga la maggioranza dei seggi il partito nazionalista di sinistra Sinn Féin, e che quindi possa nominare il prossimo primo ministro.

Un risultato del genere sarebbe importante soprattutto dal punto di vista simbolico, dato che comunque gli accordi di pace del Good Friday prevedono che in Irlanda del Nord ci siano in ogni momento due primi ministri, uno nominato dai nazionalisti e uno dagli unionisti, cioè dalla fazione politica che spinge affinché l’Irlanda del Nord rimanga all’interno del Regno Unito e non si unisca all’Irlanda. Secondo diversi osservatori una eventuale vittoria del Sinn Féin contribuirebbe a rendere il piano ancora più inclinato verso una riunificazione delle due Irlande.

Gli ultimi sondaggi, considerati piuttosto verosimili, danno il Sinn Féin a oltre il 26 per cento dei voti e il DUP, il principale partito unionista, a poco più del 18 per cento: un risultato del genere permetterebbe al Sinn Féin sia di imporre la propria agenda politica sia di esprimere il primo primo ministro.

Contrariamente ad altri paesi, infatti, l’Irlanda del Nord ha due primi ministri, con poteri assolutamente uguali e che costituiscono nei fatti una specie di diarchia: devono governare insieme e se uno dei due si dimette termina automaticamente anche l’incarico dell’altro. Questa particolarissima modalità di governo fu decisa con gli accordi del Good Friday del 1998, quelli che misero fine alla guerra civile che aveva segnato per trent’anni la storia del paese, i cosiddetti Troubles: l’idea era permettere ai leader delle due fazioni opposte, unionisti e nazionalisti, di governare insieme e mettersi d’accordo sugli interessi dei rispettivi elettorati. Ad ogni elezione, il partito più grosso del blocco più votato nomina il primo primo ministro, mentre il partito più votato del blocco perdente nomina il secondo primo ministro.

Dal 1921, cioè da quando fu creata l’Irlanda del Nord con un atto unilaterale del governo britannico, il primo primo ministro è sempre stato di estrazione unionista. Dal 2007 in particolare è espresso dal DUP, unionista e alleato dei Conservatori britannici. L’eventuale nomina di un primo primo ministro nazionalista sarebbe quindi un evento storico, e come tale è descritto da vari giornali britannici.

I vari partiti nazionalisti e il Sinn Féin sono tradizionalmente schierati a favore della riunificazione dell’Irlanda, ma un referendum in questo senso non sembra essere imminente: è un tema ancora molto divisivo e nei sondaggi che comprendono tutta la popolazione la riunificazione è ritenuta prioritaria solo da una minoranza, stimata intorno al 17 per cento. Rimane il fatto che la vittoria del Sinn Féin, abbinata al progressivo rafforzamento del partito nazionalista scozzese, contribuirebbe a far sembrare il Regno Unito più disunito che mai.

– Leggi anche: L’Irlanda del Nord potrebbe esistere ancora per poco

Le ragioni per cui la possibilità di una vittoria dei nazionalisti è diventata così concreta sono principalmente due.

La prima è legata a come il Sinn Féin ha saputo presentarsi, distanziandosi dagli aspetti più controversi della sua storia e dai temi più divisivi del dibattito politico. Per decenni il Sinn Féin era stato associato al gruppo terrorista separatista IRA, uno dei protagonisti dei cosiddetti Troubles, di cui era visto come una specie di corrispettivo parlamentare.

Oggi il partito è cambiato soprattutto dal punto di vista generazionale, ed è composto da persone cresciute dopo i conflitti di quegli anni, che quindi non hanno mai partecipato alle violenze e di fatto hanno maturato la loro esperienza politica negli anni successivi agli accordi di pace che vi posero fine. La sua dirigenza attuale ha inoltre scelto di tenersi alla larga dalla questione dell’unificazione per puntare tutto sulle cosiddette questioni bread-and-butter, cioè vicine alla vita quotidiana delle persone: sanità, disoccupazione, aumento del costo della vita, questione abitativa.

Il cambio di approccio è piuttosto riassumibile in una frase di Michelle O’Neill, la vicepresidente del partito che ci si aspetta diventerà la prima prima ministra: «alla gente interessa scaldare le proprie case, mettere del cibo sul tavolo e carburante nelle proprie automobili».«Non ho mai visto il Sinn Féin agire così cautamente», ha detto Jon Tonge, politologo dell’Università di Liverpool, secondo cui il Sinn Féin si sta comportando in modo da «non far arrabbiare nessuno».

– Leggi anche: Da dove arriva il Sinn Féin

Una seconda ragione per la possibile vittoria dei nazionalisti, parallela alla prima, è la perdita di consensi degli unionisti del DUP, legata soprattutto a Brexit.

Il DUP è stretto alleato dei Conservatori britannici e aveva sostenuto convintamente l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. Negli ultimi anni però ha ricevuto sempre più critiche dai suoi sostenitori per avere indirettamente contribuito all’approvazione del Protocollo sull’Irlanda del Nord, il trattato sullo status del paese contenuto nel più ampio accordo fra Regno Unito e Unione Europea su Brexit. Il protocollo è stato il compromesso che ha consentito al governo Conservatore guidato da Boris Johnson di finalizzare l’accordo con l’Unione Europa, ma di fatto ha allontanato l’Irlanda del Nord dal resto del Regno Unito, mantenendola sia nel mercato comune europeo che nell’unione doganale. Il Protocollo ha provocato grandi sconquassi dentro il DUP, portando anche alle dimissioni degli ultimi due leader, decisi a chiederne l’abolizione, che però non sembra all’orizzonte. Molti dei sostenitori del DUP si sono nel frattempo spostati verso altri partiti unionisti, delusi dalla scarsa lungimiranza dimostrata dall’alleanza con i Conservatori britannici.

I risultati delle elezioni si sapranno verosimilmente fra venerdì e sabato. I due partiti più votati dovranno poi nominare ciascuno il proprio primo ministro, su cui probabilmente si svilupperanno trattative lunghe e serrate.