Perché ci sarà uno sciopero generale

È stato proclamato da CGIL e UIL contro la legge di bilancio del governo Draghi, e le maggiori critiche riguardano la riforma dell'IRPEF

Il presidente del Consiglio Mario Draghi e il segretario generale della CGIL Maurizio Landini (ANSA/ETTORE FERRARI)
Il presidente del Consiglio Mario Draghi e il segretario generale della CGIL Maurizio Landini (ANSA/ETTORE FERRARI)

Negli scorsi giorni i sindacati CGIL e UIL hanno proclamato uno sciopero generale dei lavoratori per il prossimo 16 dicembre, per protestare contro la legge di bilancio presentata dal governo. Non ha invece aderito allo sciopero il terzo sindacato confederato italiano, la CISL. Giovedì l’autorità garante per gli scioperi in Italia aveva chiesto ai sindacati di posticipare lo sciopero, a causa di una serie di violazioni degli accordi nazionali, ma CGIL e UIL hanno confermato la data.

Lo sciopero è stato indetto dopo settimane di trattative tra i rappresentanti dei sindacati e il governo per modificare alcune delle misure economiche inserite nel disegno di legge di bilancio per il 2022, che dovrà essere approvato dal Parlamento entro il 31 dicembre. Delle tensioni tra governo e sindacati sulla manovra (il nome con cui viene spesso chiamata la legge di bilancio) si parlava da giorni, e già dopo il fallimento dell’ultimo colloquio del 2 dicembre la proclamazione di uno sciopero generale sembrava inevitabile.

Le misure su cui i sindacati si sono scontrati con il governo sono soprattutto due: la decisione di abbassare l’IRPEF, la principale tassa sul reddito, tramite una riduzione delle aliquote e una rimodulazione delle fasce di reddito; e la quantità di risorse stanziate per limitare l’aumento del costo delle bollette energetiche. In entrambi i casi i sindacati hanno giudicato “insoddisfacenti” le proposte inserite dal governo, «tanto più alla luce delle risorse, disponibili in questa fase, che avrebbero consentito una più efficace redistribuzione della ricchezza, per ridurre le diseguaglianze e per generare uno sviluppo equilibrato e strutturale e un’occupazione stabile».

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Per quanto riguarda il taglio dell’IRPEF, la critica dei sindacati è che la rimodulazione delle aliquote, ridotte da cinque a quattro, non genererà abbastanza risparmi alle fasce con redditi più bassi. In base alle simulazioni fatte finora, i risparmi derivanti dalla riforma delle aliquote IRPEF riguarderanno soprattutto il ceto medio, ovvero la fascia che ha un reddito lordo annuo compreso tra i 28.000 e i 50.000 euro. Si andrà da un risparmio di circa 320 euro all’anno per chi ha un reddito di 30.000 euro fino a un massimo di 920 euro per chi ha un reddito di 50.000 euro. Per le due fasce più basse i risparmi saranno minori: per chi ha un reddito di 20.000 euro si stima un risparmio di 100 euro.

La minore riduzione dell’IRPEF per le fasce di reddito più basso dovrebbe essere “compensata” da un nuovo sistema di detrazioni fiscali, che però secondo Maurizio Landini, segretario della CGIL, non basterà a colmare la disuguaglianza. La CGIL, al contrario, aveva proposto un intervento sulle detrazioni e non sulle aliquote «per far crescere i redditi a partire da quelli più bassi», ha detto Landini in un’intervista a Repubblica.

C’è poi un’altra questione, che riguarda più gli equilibri all’interno della maggioranza di governo rispetto al modo in cui trovare le risorse da destinare alla manovra. Secondo Landini, nelle prime trattative con il governo il presidente del Consiglio Mario Draghi aveva proposto di escludere per un anno dalla riduzione dell’IRPEF i redditi oltre i 75 mila euro.

A opporsi alla proposta di Draghi sarebbero stati Lega, Forza Italia e Italia Viva. Secondo Landini «questo è un problema molto serio: in questo paese la maggioranza che sostiene il governo non sa cosa vuole dire vivere con 20, massimo 30 mila euro all’anno. La riforma fiscale del governo è profondamente sbagliata perché anziché ridurre le aliquote andava allargata la base imponibile dell’IRPEF e accentuata la progressività del sistema».

Per quanto riguarda il tema dei rincari delle bollette, il disegno di legge di bilancio prevede lo stanziamento di 2 miliardi di euro per compensare gli effetti della crisi energetica sulle bollette della popolazione, ma i sindacati li hanno giudicati troppo pochi: già nei giorni scorsi la cifra era sembrata a molti insufficiente, e secondo quanto riferito da fonti del ministero dell’Economia alla Stampa dovrebbero bastare a calmierare i rincari solo fino a marzo.

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Rispetto al taglio dell’IRPEF, su cui quasi certamente non ci saranno modifiche sostanziali da qui all’approvazione della legge in Parlamento, per le bollette il governo ha però trovato nuove risorse. Nella bozza del decreto legge approvato il 9 dicembre dal governo e contenente misure urgenti finanziarie e fiscali, i fondi stanziati per evitare i rincari sono stati aumentati di circa un miliardo di euro, arrivando in totale a 3,8 miliardi.

La decisione di proclamare uno sciopero generale è stata duramente criticata dalla CISL. Il segretario Luigi Sbarra, in un’intervista al Corriere della Sera, l’ha definita «una scelta sbagliata». Secondo Sbarra «il paese è ancora stretto nella emergenza pandemica e cerca faticosamente di agganciarsi a una ripresa economica che richiede il massimo di coesione e partecipazione e non il conflitto», e lo sciopero rischia di «isolare il mondo del lavoro in un momento delicato».

Fino a poche ore fa c’era, peraltro, la possibilità che lo sciopero venisse riprogrammato in un’altra data, a causa di alcune critiche mosse dalla Commissione di garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali (CGSSE), l’autorità nazionale che ha il compito di vigilare sul corretto svolgimento degli scioperi.

Giovedì pomeriggio la Commissione aveva infatti chiesto a CGIL e UIL di posticipare lo sciopero a causa della violazione di alcune regole. Innanzitutto il 16 dicembre sarebbe una data troppo vicina a una serie di altre mobilitazioni già programmate in singoli settori. In più secondo la Commissione, lo sciopero violerebbe gli accordi nazionali su due settori, quello postale e quello dell’igiene ambientale: nel primo caso gli accordi nazionali escludono la possibilità di scioperi dal 15 dicembre al 6 gennaio, mentre nel secondo lo sciopero sarebbe troppo a ridosso della scadenza del pagamento dell’Imu (ovvero proprio il 16 dicembre).

CGIL e UIL hanno però confermato lo stesso lo sciopero per il 16 dicembre, sostenendo che avverrà «nel pieno rispetto delle norme che regolamentano il diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali»: è probabile che ne saranno esclusi i due settori lavorativi per cui la Commissione aveva rilevato alcune criticità.

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