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  • Giovedì 12 agosto 2021

In Polonia la Camera ha approvato la contestata legge sui media

Ma nel farlo la coalizione che sostiene il governo di estrema destra ha perso dei pezzi, e non ha più la maggioranza

(EPA/ Wojciech Olkusnik via ANSA)
(EPA/ Wojciech Olkusnik via ANSA)

Mercoledì la Camera del parlamento polacco (Sejm) ha approvato la contestata legge sui media che aveva creato tensioni tra le forze nazionaliste e di estrema destra che fanno parte della coalizione che sostiene il governo. Nel farlo, però, la coalizione ha perso il sostegno di un piccolo partito, e ora non ha più la maggioranza. La proposta era stata ampiamente contestata dal vice primo ministro, secondo cui limiterebbe l’indipendenza dei media, ma non è stata soltanto causa dell’ennesima divisione nella coalizione: è stata anche al centro di grosse proteste in decine di città polacche e di uno scontro diplomatico con gli Stati Uniti.

La proposta, che proibisce alle società non europee di possedere quote di maggioranza nei media polacchi, è passata in Parlamento con 228 voti a favore, 216 contrari e 10 astenuti, dopo una sessione caotica, peraltro brevemente interrotta dai parlamentari che la contestavano. Adesso per diventare legge dovrà essere approvata dal Senato, dove l’opposizione però ha la maggioranza: si voterà entro un mese. Se dovesse essere respinta, potrà essere nuovamente discussa e votata alla Camera bassa, ma dovrà passare con la maggioranza assoluta (231 voti su 460): una cosa che sembra difficile, anche perché Accordo, un piccolo partito che era il più moderato tra quelli che sostenevano il governo, ha lasciato ufficialmente la coalizione, che quindi ha perso la già strettissima maggioranza che aveva in Parlamento.

La legge è stata fortemente voluta dal partito Diritto e Giustizia (PiS, il più importante della coalizione, sostenuta anche dal partito di estrema destra Polonia Solidale), e prevede il divieto per le società che hanno sede al di fuori dello Spazio economico europeo di possedere quote di maggioranza nei media del paese. Secondo il primo ministro Mateusz Morawiecki, del PiS, la legge avrebbe l’obiettivo di evitare che i media polacchi vengano venduti a investitori russi, cinesi o arabi; secondo i critici, come il leader di Accordo Jaroslaw Gowin, la proposta mette invece «chiaramente a rischio il principio della libertà dei media».

Gowin, che martedì era stato “licenziato” dal ruolo di vice primo ministro per aver «messo in dubbio la fiducia» nel governo, ha detto che inoltre la nuova legge spingerebbe la Polonia a uno scontro con gli Stati Uniti, che ha definito «il nostro alleato più importante per la difesa».

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Secondo i critici, infatti, la legge sui media sarebbe orientata soprattutto a rafforzare il controllo del governo su TVN, la televisione nazionale che è controllata dal gruppo statunitense Discovery. TVN, che gestisce tra gli altri il popolare canale di notizie TVN24, ha infatti più volte infastidito il governo polacco, divenuto da tempo semi-autoritario, raccontando le notizie in maniera indipendente.

Sia l’amministrazione del presidente degli Stati Uniti Joe Biden, sia quella di Donald Trump, suo predecessore, avevano fatto pressioni affinché il governo polacco lasciasse stare TVN; più di recente, il funzionario del dipartimento di Stato Derek H. Chollet aveva avvertito la Polonia che anche altri investimenti americani nel paese potevano essere a rischio se il governo avesse portato avanti la legge sui media.

In ogni caso, la legge approvata ieri in Parlamento viene considerata un’ulteriore stretta sulle libertà dei media e sulla loro indipendenza, che si sono progressivamente ridotte da quando il PiS è salito al governo nel 2015.

Tra le altre cose, la Polonia si è scontrata varie volte con l’Unione Europea per non aver rispettato i suoi valori fondamentali. In più, a metà luglio c’è stato anche un grave scontro giudiziario tra la Corte di giustizia dell’Unione Europea, il principale organo giudiziario dell’Unione, e il Tribunale costituzionale polacco, il più importante tribunale della Polonia, dopo che quest’ultimo aveva stabilito l’incostituzionalità dell’applicazione degli ordini della Corte di giustizia dell’Unione Europea al sistema giudiziario polacco.