I problemi tra il Movimento 5 Stelle e Rousseau, spiegati

La faida tra la dirigenza del partito e il gestore della piattaforma, e tra l'ala moderata e quella radicale, sembra avvicinarsi a una soluzione

Davide Casaleggio nello studio di "Porta a Porta", Roma, 13 febbraio 2020 (ANSA/FABIO FRUSTACI)
Davide Casaleggio nello studio di "Porta a Porta", Roma, 13 febbraio 2020 (ANSA/FABIO FRUSTACI)

Da mesi, e in particolare da alcune settimane, il Movimento 5 Stelle sta cercando di risolvere vari problemi interni che hanno a che fare sia con l’identità politica del partito sia con la sua riorganizzazione interna. In entrambe le questioni ha un ruolo centrale la piattaforma online Rousseau e i rapporti tra il M5S e l’associazione che la gestisce, fondata da Gianroberto Casaleggio e ora controllata dal figlio Davide insieme ad altri soci. Dopo la fine del governo Conte e l’ingresso del M5S nella maggioranza che sostiene il governo Draghi, si è concretizzata in modo evidente la spaccatura tra l’ala più governista e moderata del partito, quella di Giuseppe Conte, Luigi Di Maio, Vito Crimi e Beppe Grillo, e quella più radicale, guidata tra gli altri da Barbara Lezzi e a cui fanno riferimento anche Casaleggio e Rousseau.

Negli ultimi giorni si sta articolando uno scontro tra le due aree su questioni economiche e gestionali, manifestazione di divisioni, tensioni e divergenze più vecchie e che stanno emergendo anche in altri modi meno evidenti. Il M5S sembra sempre più destinato a sganciarsi da Rousseau e da Casaleggio, o almeno queste sarebbero le intenzioni della dirigenza: ma non è una separazione facile da gestire, e soprattutto Casaleggio non sembra disposto a cedere pacificamente il potere e l’influenza accumulata in questi anni. Vari osservatori suggeriscono che, mentre prova a far valere varie rivendicazioni economiche e politiche sul M5S, Casaleggio stia mettendo le basi per fondare un movimento alternativo.

I problemi con i fondi e i dati
Rousseau è un normale sito internet creato nel 2016 con una “area riservata” a cui hanno accesso gli iscritti e le iscritte certificate del Movimento 5 Stelle, che possono partecipare a una serie di attività del partito e alle votazioni interne. Rousseau non è uno strumento di proprietà del Movimento 5 Stelle né è gestito direttamente dal partito, bensì è in mano all’associazione Rousseau, presieduta da Davide Casaleggio. Attualmente le votazioni sul sito sono ferme.

Le controversie con Rousseau hanno a che fare da una parte con i fondi che l’associazione gestisce e che derivano da donazioni e contributi dei parlamentari, dall’altra con la gestione dei dati degli iscritti e delle iscritte.

Per quanto riguarda i fondi, Casaleggio ha chiesto che entro il prossimo 22 aprile vengano versati all’associazione 450 mila euro. Questa cifra include le quote non versate da parte dei parlamentari: solo un terzo degli eletti circa, hanno scritto in questi giorni diversi giornali, è in regola con le restituzioni a Rousseau, fissate attualmente a 300 euro mensili per ciascun deputato.

Qualche giorno fa, intervenendo all’assemblea dei deputati, Vito Crimi – reggente del Movimento dalle dimissioni di Luigi Di Maio avvenute nel gennaio del 2020 – ha definito “infondate” le richieste di Casaleggio e ha annunciato il blocco dei versamenti delle quote a Rousseau a partire da aprile: «Secondo i nostri legali non ci sono inadempienze da parte del Movimento… Le pretese economiche di Rousseau sono infondate sia nella quantificazione sia nella identificazione del M5S come soggetto obbligato».

Parallelamente, e come parte di una riorganizzazione generale del partito a partire dall’indicazione di Giuseppe Conte come suo nuovo leader, Crimi ha dichiarato di voler modificare il meccanismo di rendicontazione e restituzione: «L’obiettivo è consentire al Movimento di diventare un soggetto autonomo», probabilmente anche attraverso la creazione di una nuova piattaforma.

Il nuovo sistema prevede la cessione da parte di ciascun deputato di 2.500 euro, di cui 1.000 euro da versare su un nuovo conto corrente del M5S. Quest’ultima cifra include anche la quota di 300 euro che veniva destinata all’associazione Rousseau e che non dovrà essere più versata a decorrere da aprile. Fino al 31 marzo, ha spiegato però Crimi, «tutti dovranno completare le rendicontazioni nelle modalità già utilizzate e senza “alcuna deroga”». Crimi ha dunque precisato di aspettarsi «che tutti regolarizzino al 31 marzo la loro situazione in modo da non lasciare strascichi. Fino al 31 marzo vanno versati i 300 euro a Rousseau». Ha invitato tutti a farlo perché «da un punto di vista di immagine, nessuno potrà contestare che qualcuno sia stato inadempiente rispetto agli impegni presi». Crimi ha aggiunto che «chi non vuole versare questi soldi a Rousseau ma al Movimento lo può fare, ma io non posso garantire che poi Rousseau non cerchi di rivalersi sugli interessati».

Diversi deputati avrebbero comunque criticato il nuovo sistema di finanziamento al partito proposto da Crimi. La sostanza delle critiche è riassumibile così: i dirigenti chiedono di dare soldi al partito, senza che sia ancora chiaro quale sarà il nuovo progetto del partito stesso e come verranno utilizzate queste quote.

Nella contesa economica con Rousseau c’entra infine il cosiddetto fondo per le restituzioni: in base a una regola interna del Movimento, i deputati sono tenuti a restituire metà della parte fissa del loro stipendio per finanziare un fondo destinato al microcredito alle imprese. Alcuni esponenti del Movimento vicini alla dirigenza sostengono però che la sospensione del sito Rousseau impedisca di destinare 7,4 milioni di restituzioni che si troverebbero sul conto del Comitato restituzioni. Gli espulsi, che hanno formato il gruppo parlamentare L’Alternativa c’è, hanno invece espresso la preoccupazione che parte del fondo – a cui hanno contribuito anche loro – sia usato per altre finalità. Rivolgendosi a Crimi, il gruppo ha detto di diffidarlo «dall’utilizzare anche parte di tale fondo per la costituzione del nuovo partito».

Il secondo problema con Rousseau ha a che fare con la banca dati: il M5S è un partito che, a differenza degli altri, non ha a disposizione l’elenco dei propri iscritti e delle proprie iscritte. Si tratterebbe di circa 198 mila nomi gestiti dall’associazione di Casaleggio. La dirigenza del M5S dice che l’elenco, secondo statuto, è di proprietà del Movimento e di conseguenza lo reclama: «Ufficialmente quella lista appartiene al capo politico del M5S, apparterrà quindi, quando si consumeranno i passaggi dovuti, a Giuseppe Conte. E sarebbe ora del reggente Vito Crimi. Peccato che materialmente quei nomi, quegli indirizzi, quelle carte d’identità, quelle email, quei numeri di telefono, li abbia Davide Casaleggio e li custodisca da tempo gelosamente, rifiutandosi di condividerli con chicchessia» ha scritto Annalisa Cuzzocrea su Repubblica.

Parlando ai deputati durante le assemblee che si sono svolte negli ultimi giorni, Crimi ha spiegato che nessuno è iscritto a Rousseau, ma si è iscritti al M5S e che «l’iscrizione avviene attraverso una piattaforma, che si può chiamare Rousseau, Voltaire, Cartesio… ma è uno strumento». Non è però chiaro come verrà risolto questo passaggio.

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All’associazione Rousseau, in ogni caso, resterebbe comunque un’altra banca dati, che comprende tutti i simpatizzanti che si sono registrati al Blog delle Stelle. Secondo alcuni giornali, gli iscritti al blog potrebbero essere sfruttati come base iniziale per un ipotetico futuro movimento nato da una scissione.

Rousseau e la questione politica
Al momento le votazioni su Rousseau sono ferme e anche al di là delle questioni economiche la sospensione ha un valore politico, perché blocca l’iter per cambiare le norme ed eleggere poi il nuovo leader Giuseppe Conte. Il problema è che Conte non è iscritto al Movimento 5 Stelle e dunque per il regolamento interno non potrebbe svolgere il ruolo del capo politico. A questo si aggiunge la questione dello Statuto, che dopo le ultime modifiche prevede non un capo ma un direttorio. Conte dunque potrà assumere questo ruolo solo se la base ne voterà una modifica, ma non è chiaro né come né su quale sito.

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Davide Casaleggio appartiene all’ala più critica e intransigente del Movimento, contrapposta all’ala più istituzionale e governista, vicina ai vertici del partito. In questi giorni è in corso un evento organizzato da Rousseau per ricordare, a cinque anni dalla morte, Gianroberto Casaleggio: Davide Casaleggio ha invitato Alessandro Di Battista (ex leader del Movimento che lo scorso febbraio, dopo la decisione degli iscritti di sostenere il governo Draghi, aveva deciso di lasciare il partito), ma nessuno degli attuali dirigenti del partito. L’unica eletta che parteciperà sarà la sindaca di Roma Virginia Raggi, la cui ricandidatura alle prossime amministrative è a sua volta motivo di discussione interna.

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Negli ultimi mesi Casaleggio ha più volte accusato la dirigenza di aver snaturato il M5S prendendosela con una tendenza che ha chiamato «partitismo», riferendosi ai metodi e alle organizzazioni dei partiti di una volta, quelli che a suo dire prendono «i finanziamenti pubblici», non prevedono il limite ai mandati parlamentari e creano «strutture stipendiate per ex eletti». Casaleggio ha ribadito di essere contrario alla trasformazione del Movimento in partito anche domenica intervistato da Lucia Annunziata a Mezz’ora in più, su Rai3: «Penso che non sia la direzione giusta che il M5S diventi un partito, con un’organizzazione dell’altro secolo».

Oltre a parlare dei tentativi di «mettere in difficoltà finanziaria Rousseau», Casaleggio sta insistendo in particolare sull’ipotesi che circola nell’ala più governativa del M5S di rivedere il limite dei due mandati, il divieto attualmente valido nel M5S di candidare più di due volte deputati e senatori. Rispettarlo, come chiede Casaleggio, significherebbe escludere gran parte dell’attuale dirigenza (ad esempio Di Maio e Crimi, ma non solo): cosa che da una parte priverebbe il partito dei suoi leader ormai più esperti e visibili, con tutti i rischi in termini di consenso, ma dall’altra di fatto azzererebbe almeno parzialmente i vertici del Movimento, aprendo spazi per nuove persone. A seconda di cosa deciderà il partito a riguardo potrebbero svilupparsi nuove ondate di critiche da parte della componente radicale e possibili nuove uscite.

Da tempo, Casaleggio è accusato di voler fondare un proprio partito e, secondo i giornali, ci sarebbero diverse prove a sostegno di questa ipotesi. A metà marzo, Casaleggio aveva presentato un manifesto chiamato “Controvento” che conteneva una serie di condizioni e di indicazioni sui futuri rapporti tra il partito e la sua piattaforma. Il giorno prima del lancio del manifesto, scrive il Corriere della Sera, era stato anche registrato il dominio movimentocontrovento.it, anche se i nomi dei proprietari non sono ancora noti.

Nel post pubblicato sul Blog delle Stelle in cui si dà al Movimento l’ultimatum per il saldo dei 450 mila euro, l’associazione Rousseau dice che «qualora i rapporti pendenti» non vengano definiti entro la data indicata «saremo costretti a immaginare per Rousseau un percorso diverso, lontano da chi non rispetta gli accordi e vicino, invece, a chi vuole creare un impatto positivo sul mondo». Il post prosegue elencando una serie di critiche politiche all’attuale Movimento, con l’augurio «che chiunque in futuro verrà scelto» per guidarlo «saprà rappresentare a pieno il rispetto delle regole e degli impegni presi». Comunque andrà, è la conclusione del post, «per noi il 22 aprile sarà un nuovo inizio, trasparente, deciso e leale e, soprattutto, insieme a chi dimostrerà di essere tale».