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  • Sabato 14 novembre 2020

Che presidente è stato Trump

Per certe cose è stato un presidente fuori dall'ordinario – come le migliaia di bugie che ha detto – ma per molte altre è stato un normale presidente del Partito Repubblicano

(AP Photo/Evan Vucci)
(AP Photo/Evan Vucci)

Poco dopo la sua vittoria alle elezioni presidenziali del 2016, molti avevano pronosticato che Donald Trump sarebbe stato un presidente anomalo. Negli ultimi quattro anni hanno avuto ragione, ma solo in parte: Trump è stato un presidente fuori dall’ordinario per tanti aspetti – per le migliaia di bugie che ha detto e le idee razziste e misogine che ha promosso, per l’impulsività con cui ha preso decisioni importanti, per essersi circondato di persone fedeli più che competenti – ma anche piuttosto ordinario: come molti altri Repubblicani prima di lui ha tagliato le tasse ai ricchi e alle aziende, ha nominato centinaia di giudici conservatori, e ha reso più difficile l’accesso al territorio statunitense per i migranti.

Per tutte queste ragioni Trump ha conservato un consenso molto ampio fra i Repubblicani in tutti gli anni del suo mandato, che in alcuni casi sfiora il culto della personalità che lo ha aiutato sia a mascherare le promesse non mantenute – circa la metà di quelle fatte nel 2016, nonostante la media per un presidente sia di circa un terzo – sia a massimizzare quelle che è riuscito a mantenere, anche solo in parte.

Prendiamo la costruzione di un muro al confine col Messico per fermare l’immigrazione regolare, forse la promessa più famosa fatta da Trump nel 2016. Di recente il New York Times ha scritto che finora è stata costruita una specie di recinzione per 700 chilometri: molti meno dei 1.600 chilometri promessi da Trump durante la campagna elettorale. E ovviamente è stata pagata dai contribuenti americani e non dal Messico, come aveva promesso Trump. I suoi sostenitori sottolineano però che la costruzione della recinzione e soprattutto la mano libera garantita all’ICE, la controversa agenzia federale che si occupa degli ingressi irregolari, e pratiche come separare i bambini dai loro genitori al confine abbiano ridotto gli arrivi di migranti irregolari a livelli che non si vedevano dagli anni Settanta.

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Un’altra promessa parzialmente rispettata è stata il taglio delle tasse approvato nel 2017 e ancora oggi molto citato fra i sostenitori e i collaboratori di Trump: si stima che circa il 60 per cento dei soldi risparmiati da allora siano stati trattenuti dagli americani più ricchi e dalle grandi aziende, ma la riforma ha anche avvantaggiato alcune piccole e medie imprese, un elettorato tendenzialmente più conservatore rispetto alla media. Al contrario di quanto Trump aveva promesso, però, il taglio delle tasse non è stato ripagato con il solo aumento della crescita economica: durante il suo mandato il debito pubblico – che Trump aveva promesso di azzerare – è cresciuto moltissimo, anche prima delle spese straordinarie richieste dalla pandemia.

La promessa elettorale che Trump ha rispettato in maniera più fedele è stata la nomina di centinaia di giudici di orientamento conservatore nei tribunali federali e soprattutto alla Corte Suprema, dove ne ha scelti addirittura tre, spostando decisamente a destra la Corte almeno per i prossimi vent’anni. Decisioni del genere lo hanno probabilmente aiutato con l’elettorato più religioso, e in generale con gli elettori conservatori scettici o critici con le qualità personali e caratteriali di Trump: i suoi tweet saranno pure imbarazzanti, pensano molti conservatori americani, ma Trump ha fatto quello che ci si aspettava da un presidente conservatore.

Trump ha largamente mantenuto anche un’altra promessa, fatta soprattutto per convincere la classe operaia soprattutto bianca degli Stati Uniti: cancellare gli accordi commerciali che avevano esposto le aziende americane alla concorrenza dei paesi stranieri e in certi casi consentito di delocalizzare le fabbriche nei paesi in via di sviluppo. Trump ha ritirato gli Stati Uniti dal Trans-Pacific Partnership (TPP), un grosso accordo commerciale fra paesi che si affacciano sull’oceano Pacifico che aveva lo scopo di arginare l’influenza cinese, ha cambiato alcune parti del NAFTA, l’accordo commerciale con Messico e Canada, e soprattutto ha avviato una guerra commerciale con la Cina che continua ancora oggi. Al momento non è chiaro se i futuri eventuali benefici supereranno gli attuali svantaggi, e la guerra è ancora aperta e lontana dall’essere risolta, con grosse conseguenze sull’economia globale: ma molti elettori conservatori chiedevano da tempo queste mosse, e Trump li ha accontentati.

Negli ultimi quattro anni, però, Trump non ha mantenuto un sacco di promesse che aveva fatto in campagna elettorale, fra cui cancellare e rimpiazzare la riforma sanitaria di Barack Obama, investire decine di miliardi di dollari nella rete nazionale di infrastrutture, espellere tutti gli immigrati irregolari, eliminare lo ius soli, ritirare quante più truppe possibili dal Medio Oriente. Il tutto nonostante per due anni su quattro il suo partito abbia controllato sia la Camera che il Senato.

Sul suo mandato peserà moltissimo, inoltre, la gestione della pandemia da coronavirus, che Trump ha minimizzato fin dall’inizio, rifiutandosi di promuovere comportamenti consapevoli e l’utilizzo dei dispositivi di protezione più comune, a partire dalla mascherina, e infine ha sostanzialmente delegato ai singoli stati, criticando i lockdown e promuovendo comportamenti lassisti e criticati come irresponsabili. Al momento gli Stati Uniti sono il paese con il numero di casi confermati e morti più alto al mondo.

Per certi versi, poi, Trump ha cambiato per sempre il modo di intendere la politica per una generazione di americani: ha passato quattro anni a dire bugie come nessun altro presidente americano del passato – più di 22mila in quattro anni, secondo un calcolo del Washington Post – a diffondere teorie complottiste sui suoi avversari politici, a difendersi dalle accuse di aver molestato decine di donne ed evaso le tasse per molti anni, a difendere gruppi neonazisti di estrema destra, a dire cose semplicemente razziste, misogine o xenofobe: insomma, a rendere sempre più tossico il dibattito politico americano, e radicalizzare le opinioni degli americani.

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