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  • Lunedì 2 novembre 2020

Come si fa il censimento di 1,4 miliardi di persone?

È iniziato il conteggio della popolazione in Cina: è molto atteso anche per capire quanto è grave il problema dell'invecchiamento demografico nel paese

I figli di lavoratori migranti frequentano la scuola nel villaggio di Anshun, in Cina (Kevin Frayer/Getty Images)
I figli di lavoratori migranti frequentano la scuola nel villaggio di Anshun, in Cina (Kevin Frayer/Getty Images)

Domenica la Cina ha cominciato a censire i suoi 1,4 miliardi di abitanti (1,393 miliardi, secondo le stime ufficiali), un’operazione che avviene una volta ogni dieci anni e che richiede una mobilitazione eccezionale di persone e di risorse. Il censimento richiederà circa due mesi per essere completato, poi l’Ufficio nazionale di statistica avrà bisogno di circa due anni per valutare i dati. In tutto, più di sette milioni di funzionari saranno mandati in giro per tutto il paese a bussare a tutte le porte per intervistare la popolazione.

Il censimento cinese avviene ogni dieci anni ed è il più grande del mondo. Fino all’ultima volta, nel 2010, era condotto quasi esclusivamente per interviste. Mentre in molti paesi occidentali, come l’Italia e gli Stati Uniti, la maggior parte dei cittadini riceve un questionario da compilare, in Cina il censimento si è sempre fatto di persona: un funzionario bussava a casa e chiedeva informazioni. Quest’anno però il censimento cinese sarà il primo paperless, senza documenti cartacei. I funzionari che fanno le interviste sono stati dotati di una app apposita, e in alcuni casi i cittadini potranno essere censiti per telefono oppure compilando un questionario online, anche per rispettare le norme di distanziamento e sicurezza imposte dalla pandemia da coronavirus.

Censire 1,4 miliardi di persone è già difficile – in generale tutti i censimenti sono molto complicati – ma le condizioni particolari della Cina aumentano gli ostacoli per i funzionari. Il paese è enorme e una parte consistente della popolazione vive in villaggi situati in luoghi impervi e difficili da raggiungere, senza connessione internet. Poi ci sono problemi legati alla struttura della società. Come ha scritto l’Economist questa settimana, nel paese vivono centinaia di milioni di migranti interni, lavoratori che di solito si trasferiscono dalle regioni più povere alle ricche città della costa, in condizioni di semi clandestinità: trasferirsi da una città all’altra della Cina non è illegale, ma le amministrazioni locali spesso cercano di cacciare o di scoraggiare l’arrivo di lavoratori migranti, specie in città già affollate come Pechino e Shanghai. Questi lavoratori, dunque, saranno restii a farsi individuare dai funzionari dell’Ufficio di statistica. Quest’anno sarà anche la prima volta che il censimento registrerà il numero di carta d’identità di ciascun cittadino, e questo ha generato molti dubbi legati alla privacy.

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In Cina, inoltre, vige un sistema di distribuzione delle risorse tra il governo centrale e le province tale per cui spesso fondi e finanziamenti sono allocati a ciascuna provincia sulla base della popolazione, ed è comune che molte amministrazioni locali usino stratagemmi per ottenere più fondi, e tra questi c’è il gonfiare le cifre della popolazione (per ragioni simili, le province e le città cinesi spesso gonfiano anche i dati sulla crescita del PIL). Poi c’è la questione dei figli: la Cina ha cancellato la politica del figlio unico nel 2015, ma le coppie sono ancora obbligate a non avere più di due figli. Quelle che hanno tre figli, dunque, cercheranno di sfuggire al conteggio per evitare multe e altre punizioni.

Il censimento serve al governo per definire le politiche economiche del prossimo decennio, e questo è particolarmente importante in un paese dove l’economia è ancora parzialmente pianificata. Ma uno dei risultati più  attesi riguarda la demografia. L’ultimo censimento, nel 2010, rivelò che la popolazione cinese cresceva a ritmo dimezzato rispetto al decennio degli anni Novanta. Questi dati convinsero le autorità ad allentare la politica del figlio unico, ma i dati demografici hanno continuato a peggiorare. L’anno scorso il tasso di natalità era di 10,48 neonati per 1.000 persone, il più basso dal 1949 (in Italia era circa 7).

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Questo è un dato in linea con molti paesi sviluppati, e ha un’interpretazione certamente positiva: la diminuzione del tasso di natalità è correlata all’aumento della ricchezza e del benessere. Ma la Cina non è ancora un paese ricco: il PIL pro capite è di 9.700 dollari (quello italiano è di 34.000 dollari), e una frase molto celebre usata dagli studiosi è che il paese rischia di «diventare vecchio prima di diventare ricco». Le persone sopra i 60 anni erano il 10,4 per cento della popolazione nel 2010, si stima che adesso siano il 18 per cento (il censimento lo dirà in maniera più precisa) e che saranno un terzo della popolazione entro il 2050: questo può provocare grossi squilibri economici che già si vedono in paesi in cui l’età media è molto alta come l’Italia e il Giappone. In Cina la popolazione in età lavorativa ha cominciato a calare nel 2012, perché non viene rimpiazzata abbastanza rapidamente.

Il censimento di quest’anno servirà, tra le altre cose, a capire quanto lentamente la popolazione stia crescendo. Secondo l’Economist, l’Accademia delle scienze sociali stima che la popolazione arriverà a 1,44 miliardi di persone nel 2029, poi comincerà a diminuire. Alcuni demografi, però, sostengono che il calo sia già cominciato. Il governo cinese potrebbe tentare di frenare il calo demografico con politiche sociali invasive, che finora, tuttavia, non hanno funzionato e anzi hanno provocato molti danni.