Le migliori serie TV del 2019, secondo il New York Times

Le migliori in assoluto, le migliori tra quelle che sono finite e le migliori non americane

Una scena tratta da una puntata di "Fleabag"
Una scena tratta da una puntata di "Fleabag"

Come ogni anno il New York Times ha chiesto ai suoi tre principali critici televisivi di scegliere le migliori serie TV dell’anno che sta per finire. I tre critici sono James Poniewozik, Mike Hale e Margaret Lyons, che hanno rispettivamente scelto le migliori serie in termini assoluti, le migliori serie tra quelle che sono terminate e le migliori serie internazionali, che per uno statunitense sono tutte le serie non statunitensi. Poniewozik è uno di quelli che non riescono a fare classifiche e allora ha fatto una lista; Hale ha fatto una classifica ma ha assegnato il primo posto a due serie; Lyons ha fatto una lista e comunque molto anglofona. Alcune serie tornano in due classifiche, ma non ce n’è nessuna che sia tra le più belle in assoluto, che non sia statunitense e che sia alla sua prima stagione. Le liste (e le classifiche) dei precedenti due anni sono qui e qui.

Le migliori serie in assoluto, secondo James Poniewozik

La sua premessa è che ci sono sempre più serie, e sempre più siti, canali e piattaforme su cui vederle: quindi è sempre più difficile sceglierne solo dieci e ha scelto di non includere serie che aveva già messo l’anno scorso ma che avrebbe rimesso, come Pose o The Good Fight. Ha aggiunto che ci sono anche tante serie che non ha visto, e quindi chissà. Ha scritto, comunque, che la sua serie preferita dell’anno è stata Better Things, ma ci sono stati anche giorni in cui era Fleabag.

Better Things
È arrivata alla terza stagione ed è la serie creata e interpretata da Pamela Adlon, che parla di una madre single e delle sue tre figlie. Poniewozik ha scritto che, così come la vita della sua protagonista, è «incasinata e piena di passioni, risentimenti, ribellioni e rimpianti» e che tutto è «osservato minuziosamente fino al suo livello subatomico». Negli Stati Uniti la trasmette FX, in Italia è ancora inedita.

Catastrophe
È una serie comica con episodi da una ventina di minuti, già arrivata alla quarta stagione. Parla di un matrimonio e marito e moglie sono interpretati da Sharon Horgan e Rob Delaney. È piena di eventi: ma è meglio non entrare troppo nei dettagli visto che, sebbene la sua quarta stagione fosse anche l’ultima, ancora non è arrivata in Italia.

Documentary Now
È una serie, anche questa ancora inedita in Italia, in cui ogni episodio è un mockumentary, un finto documentario. Uno degli episodi della prima stagione è un (finto) documentario che racconta il viaggio di una troupe ad Árborg, in Islanda, per riprendere le celebrazioni per la festa annuale dedicata al gangster Al Capone.

Fleabag
La serie scritta e interpretata da Phoebe Waller-Bridge, che fa ridere ma può anche far piangere. Lui, il prete figo, è Andrew Scott. Questa è anche in Italia, su Amazon Prime Video.

Pen15
Una serie bizzarra, perché le creatrici e le protagoniste sono Maya Erskine e Anna Konkle, che hanno più di trent’anni ma interpretano due ragazzine 13enni nell’anno Duemila.

Russian Doll
Una delle prime nuove serie di cui si parlò a inizio 2019. Parla di una donna che rivive sempre la stessa serata, al termine della quale muore. Poniewozik ha scritto: «È stata la serie drammatica più divertente dell’anno, o la commedia più appassionante? Il pezzo più interessante di filosofia pop, o il puzzle spirituale più illuminante? Tutte queste cose insieme».

Succession
Una serie, scrive Poniewozik, su come «i miliardari guidano il mondo con impunità», una «Dynasty tardo-capitalista». In Italia si può vedere su Sky e Now TV, dove probabilmente è stata vista da molti giornalisti.

Unbelievable e When They See Us
Due miniserie, entrambe di Netflix, che raccontano storie vere e parlano, ognuna a suo modo, di come funziona la giustizia. «Entrambe», scrive Poniewozik, «sono dei lunghi viaggi attraverso la rabbia, con un po’ di speranza alla fine».

Undone
È su Amazon Prime Video. Nell’anno delle «serie comiche escatologiche», scrive Poniewozik, è una serie che aggiunge temi importanti e una struttura intrigante a un aspetto decisamente originale, perché è stata fatta con la tecnica del rotoscope, a metà tra il disegno e la realtà.

Watchmen
Una serie che ancora deve finire, ma che di certo si è fatta notare. Prende uno storico fumetto e prova a portarne avanti la storia, incastrandola tra l’altro con la storia del razzismo in America. In Italia la trasmette Sky.

Le migliori serie che sono finite, secondo Margaret Lyons

In un anno in cui, tra le altre cose, sono finite The Big Bang Theory e Game of Thrones: nessuna delle due in questa lista. Lyons ha fatto una classifica e ha spiegato che le serie sono ordinate per la loro «qualità complessiva, non per quella dell’ultima stagione».

1. Fleabag e Catastrophe
Abbiamo già detto di entrambe, e di entrambe Lyons scrive di aver apprezzato la capacità di raccontare emozioni autentiche e attuali, rendendo autentici i personaggi.

2. Jane the Virgin e Crazy Ex-Girlfriend
La prima è finita dopo 100 episodi, la seconda dopo 62. Jane the Virgin, ispirata a una telenovela venezuelana, parla di una ragazza che pur non volendo fare sesso fino a quando sarà sposata, viene fecondata artificialmente per un errore medico. Crazy Ex-Girlfriend è una commedia romantica musicale con protagonista un’avvocatessa che sceglie di cambiare vita.

3. Lodge 49
Parla di un ex surfista che dopo la morte del padre si unisce a una specie di loggia massonica in California. Ma queste poche righe non rendono merito alla complessità della serie, finita dopo due stagioni. «Tenera e amorevole», ha scritto Lyons. In Italia si può vedere la prima stagione su Amazon Prime Video.

4. Tuca e Bertie
È stata cancellata dopo una stagione, perché evidentemente a molti di quelli che l’hanno vista su Netflix è piaciuta meno di quanto sia piaciuta a Lyons. È stata pensata e sviluppata da Lisa Hanawalt, la disegnatrice di BoJack Horseman, e anche qui tutto si svolge in un mondo di animali antropomorfi, ma in questo caso le protagoniste sono una tucana indipendente e un’usignola insicura.

5. Orange Is the New Black
La fine di un’era, almeno un po’, visto che è stata una delle prime serie originali di Netflix e che, a differenza di molte altre serie di Netflix, è riuscita ad andare avanti per sette stagioni.

6. Veep e Madame Secretary
Quest’anno Lyons ci ha evidentemente preso gusto con questa cosa delle serie ex aequo. Di queste due, finite dopo sette e cinque stagioni, dice che sono agli antipodi su molte cose, ma che entrambe hanno parlato di società e politica e di cosa succede quando in ruoli di potere ci sono delle donne. Veep è su Sky, la prima stagione di Madam Secretary su RaiPlay.

7. Mr. Robot
Quando partì occupò molte discussioni e pagine internet; poi, col tempo, è sfumata, e la sua quarta stagione sta finendo senza troppe attenzioni. Anche Lyons ammette che, sebbene abbia comunque tenuto duro, «non è mai riuscita a tornare ai livelli di un’ottima prima stagione».

8. Broad CityUnbreakable Kimmy Schmidt
Due serie, ancora. In questo caso, Lyons le ha scelte – e messe alla stessa posizione – per come entrambe riescono a far ridere e raccontare New York.

9. Baskets
«È pieno di belle serie», ha scritto Lyons, «ma continuano a essere rare quelle sinceramente insolite». Questa è una di quelle, e tra le altre cose ha Zach Galifianakis che interpreta due gemelli.

10. Andi Mack
È su Disney+, quindi ancora non si può vedere in Italia, e parla di una ragazza che scopre che quelli che credeva essere i suoi genitori sono in realtà i suoi nonni e che quella che credeva essere sua sorella è sua madre. È una serie per adolescenti, ma Lyons la ritiene davvero ben fatta.

Le migliori serie non statunitensi, secondo Mike Hale

Hale sta già iniziando a preoccuparsi che il suo 33 per cento di lista di serie tv di fine anno possa presto smettere di avere senso, perché ormai sempre più grandi società stanno investendo tanti soldi per produrre serie in giro per il mondo, per evitare di raccontare sempre le stesse storie in Alabama, a Los Angeles o a New York. E poi, ragiona Hale, «quanto era statunitense Game of Thrones, girata quasi tutta in Europa, e quasi senza attori statunitensi?». Intanto, però, quest’anno la sua lista l’ha fatta. Una lista in ordine alfabetico, non una classifica. Senza nessuna serie italiana.

I 43 studenti di Ayotzinapa
Una miniserie messicana in due parti che racconta la vera storia della scomparsa, nel 2014, di 43 studenti messicani e le successive indagini.

Gentleman Jack
Una serie britannica sulla storia della “prima lesbica moderna“, cioè Anne Lister, una proprietaria terriera dell’Inghilterra dell’Ottocento che nei suoi diari cifrati scriveva delle proprie relazioni omosessuali.

Killing Eve
Un po’ britannica e un po’ americana, che Hale ha comunque deciso essere abbastanza non americana per finire in questa lista. La prima stagione è stata pensata e scritta da Phoebe Waller-Bridge, la seconda da Emerald Fennell. Parla di due donne, Eve e Villanelle. Eve è una donna molto sveglia, annoiata dal suo lavoro di scrivania per l’MI5, i servizi segreti britannici. Sogna di fare la spia e avere un lavoro ben più vivace di quello che ha. Villanelle è una freddissima e talentuosissima killer. A un certo punto Eve si mette a indagare su Villanelle e ognuna diventa l’ossessione dell’altra.

Kingdom
È una serie tv sudcoreana ambientata nel Medioevo. Hale ne parla come di un’avventura horror e satirica, su uno strambo gruppo di persone che cerca di fermare un’apocalisse zombie.

Manhunt
Una serie drammatica britannica, sulla vera storia della caccia all’uomo successiva all’uccisione, nella metropolitana di Londra, della studentessa francese Amélie Delagrange.

Mr. Inbetween
Una commedia nera australiana su un impassibile assassino interpretato da Scott Ryan.

Our Boys
Una miniserie israeliana – che non è per niente piaciuta al primo ministro Benjamin Netanyahu – sull’omicidio del sedicenne palestinese Mohammed Abu Khdeir, nel 2014.

State of the Union
Una serie britannica che dura in tutto 100 minuti, ma secondo Hale la sua lunghezza è «inversamente proporzionale al talento di chi l’ha fatta». È scritta da Nick Hornby, diretta da Stephen Frears e interpretata, tra gli altri, da Rosamund Pike e Chris O’Dowd, che interpretano moglie e marito in crisi, che vanno in terapia per provare a risolvere la situazione. Ognuno dei dieci episodi di dieci minuti racconta quello che si dicono quando si incontrano prima di vedere il terapista.

Unforgotten
È drammatica, britannica e alla sua terza stagione. La prima inizia quando, dopo molti decenni, si ritrovano i resti di Jimmy Sullivan, un ragazzo ucciso nel 1976. E partono le indagini. Le successivi stagioni parlano di casi diversi.

Unspeakable
Miniserie canadese che racconta quello che successe quando negli anni Ottanta si diffusero l’AIDS e l’epatite C, con particolare attenzione al problema delle trasfusioni di sangue effettuate in quegli anni.