La serie tv che guardano i giornalisti

“Succession” fa ascolti piuttosto bassi, ma parla di finanza e media e quindi se ne scrive tantissimo sui media

(HBO)
(HBO)

Dal 9 ottobre Sky Atlantic sta trasmettendo la seconda stagione di Succession, una serie tv americana prodotta dal network HBO che racconta la storia della famiglia proprietaria di un immaginario conglomerato mediatico americano, ispirato piuttosto esplicitamente alla News Corp dell’imprenditore australiano Rupert Murdoch. Succession è un esempio estremo di un fenomeno che si vede con una certa frequenza nel settore dell’intrattenimento americano: una serie che di per sé viene vista da relativamente poche persone, ma che per via del soggetto incuriosisce tantissimi giornalisti in tutto il mondo – in realtà parla molto di business e vicende societarie e finanziarie, e poco di news o giornalisti – che per questo ne stanno scrivendo un po’ ovunque dandole molta più rilevanza di quanta ne abbia, di per sé, fuori dalla bolla dei media.

La seconda stagione di Succession è appena finita negli Stati Uniti: il finale è stato trasmesso lunedì scorso, e la serie è stata rinnovata per una terza stagione. L’episodio è stato visto da 660mila persone, che sono più o meno in linea con le serie di HBO, che è un canale via cavo piuttosto costoso, ma sono pochi in relazione a quanto se ne è parlato sui giornali. Per fare un paragone, la stessa sera è andato in onda un episodio di The Walking Dead che è stato il meno visto della storia della serie, arrivata ormai alla decima stagione e ben lontana dai fasti e dall’influenza di qualche anno fa: l’hanno visto comunque 3,47 milioni di persone. Come ha riassunto scherzosamente il giornalista che si occupa di media sul Wall Street Journal – uno a cui Succession è praticamente cucita addosso, quindi – secondo HBO il finale della seconda stagione è stato visto da 1,1 milioni di persone su tutte le sue piattaforme (conta anche i servizi di streaming). I tweet dei giornalisti a riguardo sono stati circa 2 milioni.

I protagonisti di Succession sono Logan Roy, anziano magnate di origine scozzese, che più o meno dal nulla ha tirato su un impero mediatico che comprende tre canali televisivi, diversi giornali in tutto il mondo e una serie di parchi divertimenti. Il suo personaggio è liberamente ispirato a Murdoch, fondatore del conglomerato che include giornali come il Wall Street Journal, il New York Post, il Sun, il Times, la 21st Century Fox e la Fox Corporation. La fittizia azienda di Roy, la Waystar Royco, possiede un canale di notizie che è praticamente identico a Fox News, il canale famoso per le sue posizioni di destra, per il suo sostegno a Donald Trump e per il suo approccio spericolato all’informazione, accusato spesso di diffondere notizie false.

Ma più che le vicende dell’azienda di Roy, al centro della serie c’è la sua famiglia disastrata, e soprattutto i quattro figli di Logan: Kendall, erede designato dalla personalità debole e dipendente dalle droghe; Roman, un po’ scemo e scapestrato; Shiobhan, la più intelligente ma che all’inizio della serie si occupa di consulenza politica; e infine Connor, ingenuo e praticamente senza esperienze lavorative. La serie inizia con un infarto di Logan, che mette in moto una serie di manovre di potere e di tatticismi tra i figli per decidere cosa fare dell’azienda, che poi proseguono anche quando il padre si riprende e torna alla guida di Waystar Royco.

Tutti i personaggi principali di Succession fanno parte della famiglia Roy o dei suoi più stretti collaboratori. E sono tutti tipi ricchissimi che si spostano in elicottero, vestono capi firmati e vivono in attici a Manhattan. La serie parla in parte di strategie aziendali e acquisizioni miliardarie, ma perlopiù delle liti, dei rancori, dei sotterfugi tra fratelli, figli e nipoti, negli uffici al 50esimo piano del grattacielo dove ha sede la società o nell’enorme villa agli Hamptons, il ritiro dei ricchi newyorchesi.

Non ci sono attori molto famosi, a parte Brian Cox (Il processo di NorimbergaLa 25esima ora) che interpreta Logan Roy, e James Cromwell (attore di lunghissimo corso e candidato all’Oscar per Babe) nella parte secondaria di suo fratello: il creatore della serie è Jesse Armstrong, un giornalista inglese che aveva lavorato a lungo sulla biografia di Murdoch, che aveva co-sceneggiato Veep e che aveva anche scritto “The Entire History of You”, uno dei più apprezzati episodi della serie Black Mirror. Tra i produttori esecutivi ci sono l’attore Will Ferrell e il regista Adam McKay (La grande scommessa, Vice) che ha anche diretto il primo episodio.

La critica americana ha celebrato Succession: il New York Times per esempio ne ha lodato l’equilibrio tra il melodramma familiare e i momenti comici, accentuati da movimenti di macchina tipici delle comedy contemporanee come gli zoom e la camera a mano. Il Guardian le ha dato cinque stelle su cinque, scrivendo che la sceneggiatura è tagliente e i dialoghi brillanti, e che è talmente solida da convincere gli spettatori della plausibilità delle cose di affari mostrate, senza bisogno di spiegarle troppo. Karen Han di Vox l’anno scorso l’aveva definita la sua serie preferita dell’estate. Il sito Indiewire l’ha definita “la miglior serie in televisione”, mentre secondo Vogue è “la più necessaria”.

Il tenore delle recensioni è stato più o meno dappertutto entusiasta. Ma fin dalla prima stagione i giornalisti americani hanno iniziato a riflettere e a scherzare sul fatto che era una serie che esisteva principalmente in una “filter bubble” che comprende chi lavora nei media, e per estensione chi segue e commenta con costanza l’attualità e la cultura popolare su Twitter.

Nella serie c’è per esempio tutta una parte su un sito chiamato Vaulter che ricorda tantissimo il famigerato Gawker, una di quelle storiacce dei media che piace molto commentare ai giornalisti americani. Presto qualcuno ha fatto notare che le attenzioni ricevute non corrispondevano a una reale rilevanza della serie al di fuori della filter bubble, ma questo non ha impedito che sui giornali americani uscissero una quantità spropositata di articoli al riguardo, anche con approfondimenti solitamente riservati a serie ben più popolari.

Molti giornali e siti, per esempio, hanno pubblicato dei pezzi che hanno raccontato la moda della serie: “Parliamo dei vestiti di Succession” sul New Yorker, “I migliori outfit di Shiv Roy in Succession” su Glamour, “Succession usa i vestiti e i capelli di Shiv Roy per raccontare la sua scalata al potere” su Vox, “I migliori maglioni di Succession” su Vulture, Succession è la guida definitiva per vestirsi come un miliardario” su GQ e tantissimi altri. Il sito di cibo The Eater ha classificato le cene mostrate nel film in base alle tensioni intorno alla tavola, mentre il New Statesman ha spiegato come il cibo sia usato come un’arma nella serie. Vanity Fair ha fatto delle classifiche settimanali sui migliori insulti e minacce di ciascun episodio, il sito specializzato AdAge ha spiegato cosa può insegnare la serie sulla pubblicità, mentre New Republic ha riflettuto su “La politica di Succession”.