Cosa succede dopo il guasto della Soyuz

In mancanza di alternative per raggiungere la Stazione Spaziale Internazionale si parla di un suo temporaneo abbandono, ma la NASA è ottimista

di Emanuele Menietti – @emenietti

La separazione del primo stadio della Soyuz, nel momento in cui si è verificato il problema tecnico (AP Photo/Dmitri Lovetsky)
La separazione del primo stadio della Soyuz, nel momento in cui si è verificato il problema tecnico (AP Photo/Dmitri Lovetsky)

L’atterraggio di emergenza compiuto giovedì 11 ottobre dalla Soyuz – l’unico mezzo di trasporto per gli astronauti verso la Stazione Spaziale Internazionale (ISS) – complicherà le attività sulla ISS e potrebbe portare a un suo temporaneo abbandono in attesa di verificare le cause dei malfunzionamenti. L’Agenzia spaziale russa, Roscosmos, ha già avviato indagini e analisi tecniche per capire che cosa sia andato storto subito dopo il lancio, ma potrebbero essere necessari mesi prima che si decida di far volare nuovamente gli astronauti con le Soyuz.

Lancio e atterraggio di emergenza
L’astronauta statunitense Nick Hague (NASA) e il cosmonauta russo Aleksey Ovchinin (Roscosmos) avrebbero dovuto raggiungere tre altri loro colleghi sulla ISS. Alle 10:40 (ora italiana) di giovedì sono regolarmente partiti a bordo della loro Soyuz dal Cosmodromo di Baikonur in Kazakistan, ma dopo pochi minuti di ascesa il razzo ha avuto un problema tecnico nella fase di separazione dei quattro motori, quelli più potenti per vincere la forza di gravità e spingere verso l’orbita la navicella, prima di staccarsi per alleggerirla e consentirle di proseguire l’ascesa. Il problema, che deve essere ancora chiarito, si è verificato quando la Soyuz si trovava a 50 chilometri di altitudine: il razzo non era nel giusto assetto e non aveva spinta sufficiente per continuare verso l’orbita.

La Soyuz subito dopo il lancio dal cosmodromo di Baikonur, in Kazakistan: con Soyuz si definisce sia il razzo, sia la capsula posta alla sua sommità dove si trova l’equipaggio (NASA / Roscosmos)

I sistemi di sicurezza a bordo della Soyuz hanno immediatamente avviato la procedura per interrompere l’ascesa ed effettuare un rientro di emergenza. La capsula, che si trova sulla punta del razzo e che ospitava l’equipaggio, si è separata dal resto della Soyuz e si è nuovamente tuffata nell’atmosfera per tornare sulla Terra. Non essendoci alternative, ha seguito una traiettoria molto più ripida di quella solitamente utilizzata dagli astronauti quando tornano sul nostro pianeta, con notevoli sollecitazioni per i suoi ospiti. Nel punto di massimo stress della discesa, Hague o Ovchinin sono stati sottoposti a un’accelerazione di 6,7 G, pari cioè a quasi sette volte la forza di gravità terrestre.

L’astronauta Nick Hague (a sinistra) e il cosmonauta Alksey Ovchinin al loro arrivo a Baikonur, dopo l’atterraggio di emergenza nel Kazakistan centrale (YURI KOCHETKOV / POOL / AFP)

A circa un’ora dalla partenza, l’equipaggio è atterrato nel Kazakistan centrale, dove è stato raggiunto dalle squadre di soccorso. Hague e Ovchinin sono stati sottoposti a esami di controllo e, nonostante il turbolento rientro, non hanno subìto ferite o danni fisici. La procedura di emergenza ha insomma funzionato perfettamente, confermando l’affidabilità dei sistemi di sicurezza delle Soyuz, tra i mezzi spaziali più longevi nella storia delle esplorazioni orbitali.

Senza Soyuz
Ora che l’equipaggio è tornato sano e salvo sulla Terra, NASA, ESA e le altre agenzie spaziali che partecipano alla gestione della ISS devono fare i conti con la mancanza di mezzi di trasporto per raggiungere la Stazione, che si trova in orbita a circa 400 chilometri da noi. Quando è al completo, l’equipaggio sulla ISS è costituto da 5-6 persone, i cui turni di vita a bordo sono sfalsati, in modo che restino sempre sulla Stazione almeno 2 o 3 persone. Hague e Ovchinin avrebbero dovuto raggiungere tre loro colleghi – Serena Auñón-Chancellor (NASA), Alexander Gerst (ESA) e Sergey Prokopyev (Roscosmos) – che sono sulla ISS da giugno e dovrebbero restarvi fino a dicembre, quando era previsto un altro lancio per sostituirli con un nuovo equipaggio.

Per tornare sulla Terra, gli attuali occupanti della ISS hanno un solo mezzo a disposizione: la capsula della Soyuz che li aveva portati in orbita a giugno. In pratica, quando gli astronauti arrivano sulla ISS, la Soyuz che li ha trasportati rimane collegata alla Stazione e viene poi utilizzata alla fine della loro permanenza come sistema per tornare sulla Terra. Le Soyuz sono certificate per rimanere esposte all’ambiente spaziale per circa 200 giorni: il limite è posto per motivi di sicurezza, perché i loro materiali potrebbero danneggiarsi a causa di ripetuti microimpatti con piccoli oggetti spaziali.

La Soyuz TMA-15M attraccata alla Stazione Spaziale Internazionale e l’Italia di notte (NASA.gov)

A conti fatti, la Soyuz attraccata alla ISS dovrebbe tornare indietro entro la fine di dicembre, al massimo gennaio se si decidesse di estenderne un minimo la permanenza senza prendersi troppi rischi. Che sia fine 2018 o inizio 2019, dovrà comunque tornare indietro, probabilmente portando a casa i tre astronauti ancora sulla Stazione, e che stanno terminando il loro periodo di permanenza nello Spazio. Se ne sarebbero dovuti andare lasciando Hague e Ovchinin, che a fine anno avrebbero poi accolto tre nuovi ospiti, ma il problema di ieri al lancio potrebbe ora far cambiare tutti i piani. Mantenere astronauti sulla ISS senza una capsula Soyuz sempre pronta per riportarli indietro in caso di emergenza sarebbe impensabile.

Cosa succede alla ISS
La NASA dovrà decidere, insieme alle altre agenzie spaziali, come programmare i prossimi mesi della ISS non potendo usare per un po’ le Soyuz per i nuovi lanci. Non è esclusa la possibilità che a dicembre gli attuali occupanti della ISS tornino indietro, lasciando temporaneamente disabitata la Stazione. Qualcosa di analogo avvenne alla fine degli Novanta, quando la ISS era in fase di costruzione, ma ora le cose sono cambiate: la Stazione è molto più grande e richiede una costante manutenzione, prova ne sia il fatto che dal 2000 non è stata mai disabitata. Alcune attività di bassa manutenzione possono essere eseguite da Terra con sistemi automatici, ma l’assenza degli equipaggi potrebbe renderle più difficoltose, senza contare il rallentamento per gli esperimenti e i lavori di ricerca che vengono svolti a bordo della Stazione.

Le cose potrebbero essere meno complicate se a dicembre Roscosmos riuscisse a far partire verso la ISS un’altra Soyuz, la cui preparazione era già in corso da diverso tempo. La sua partenza era prevista per il 20 dicembre: avrebbe dovuto trasportare un nuovo equipaggio di 3 persone sulla Stazione. Se entro dicembre non fossero chiare le cause del malfunzionamento di ieri, Roscosmos potrebbe decidere di inviare la Soyuz con rifornimenti, ma senza equipaggio, in modo da testarne la sicurezza. In questo caso, i tre astronauti che già si trovano sulla ISS potrebbero estendere la loro permanenza, potendo contare su una nuova capsula per tornare indietro.

La capsula spaziale Soyuz TMA-17M mentre viene trasportata su un carrello ferroviario verso la piattaforma di lancio nel cosmodromo di Baikonur in Kazakistan – 2015 (Aubrey Gemignani/NASA via Getty Images)

Senza alternative, ancora
I problemi causati dal fallito lancio di ieri dimostrano quanto sia poco sostenibile dipendere dalle sole Soyuz per poter raggiungere la ISS. Benché sia un sistema di trasporto che negli anni si è dimostrato molto affidabile, non lascia alternative alla NASA e all’ESA, che devono dipendere interamente dall’agenzia spaziale russa. Un posto sulla Soyuz è inoltre piuttosto costoso: la NASA spende in media 70 milioni di dollari per ogni suo astronauta. Le cose dovrebbero cambiare con l’arrivo dei nuovi sistemi di trasporto di SpaceX e Boeing, società private alle quali la NASA ha affidato da tempo il compito di costruire alternative alle Soyuz. L’iniziativa ha però subito numerosi ritardi e a oggi nessuna delle due aziende ha compiuto voli di prova con esseri umani.

Le prime prove per ricevere le necessarie certificazioni dalla NASA dovrebbero essere eseguite il prossimo anno, prima senza persone a bordo, poi con equipaggi. Per motivi di sicurezza, la NASA vuole che SpaceX e Boeing eseguano i loro voli inaugurali con astronauti mentre sulla ISS è presente un equipaggio, in modo da avere più controllo sulle procedure. Fino a ieri questa condizione non sembrava essere un problema, essendo la ISS abitata praticamente da sempre: ora l’ipotesi di abbandonarla temporaneamente potrebbe portare a ulteriori complicazioni. Se non ci fosse un equipaggio a bordo per lungo tempo, potrebbero esserci nuovi ritardi nello sviluppo dei sistemi di trasporto di SpaceX e Boeing.

Durante una conferenza stampa organizzata giovedì pomeriggio, i responsabili della NASA sono comunque apparsi ottimisti e sollevati dall’esito positivo del rientro di emergenza di Hague e Ovchinin. Confidano nelle indagini che svolgerà Roscosmos sui malfunzionamenti e nella possibilità di tornare a far volare gli astronauti entro pochi mesi. Il direttore della NASA, Jim Bridenstine, ha raggiunto Mosca per incontrare i responsabili di Roscosmos e, nel pomeriggio di giovedì, ha detto di essere ottimista sul fatto che gli astronauti possano tornare a usare le Soyuz già da dicembre. Nel frattempo, a 400 chilometri sopra le nostre teste, l’equipaggio ridotto sulla ISS starà un po’ più largo, ma avrà moltissime cose da fare.