Che cos’è la Stazione Spaziale Internazionale

E come si vive sulla cosa più grande mai costruita dall'uomo in orbita a 400 chilometri dalle nostre teste, da oggi la casa dell'astronauta italiana Samantha Cristoforetti

di Emanuele Menietti – @emenietti

Da alcune ore l’astronauta italiana Samantha Cristoforetti si trova sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS), la cosa più grande che l’umanità abbia mai costruito nell’orbita terrestre, tanto da essere visibile a occhio nudo dal suolo. Insieme con altri cinque astronauti Cristoforetti vivrà a bordo della ISS fino al prossimo maggio, a circa 400 chilometri sopra le nostre teste e girando intorno alla Terra a una velocità intorno ai 27.600 chilometri orari. Realizzerà numerosi esperimenti per conto dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e di quella europea (ESA) e parteciperà ai lavori di manutenzione della Stazione, ormai quasi del tutto completata dopo circa 16 anni di cantiere in orbita.

Il primo equipaggio della Stazione Spaziale Internazionale iniziò la propria missione il 2 novembre del 2000, a due anni circa dall’avvio dei lavori di costruzione. Erano tre astronauti: lo statunitense William Sheperd e i russi Sergej Konstantinovič Krikalëv e Jurij Pavlovič Gidzenko. Attraccarono intono alle 10 del mattino e iniziarono a costruire quella che sarebbe diventata la casa in orbita di decine di astronauti, grazie alla collaborazione di tutte le principali agenzie spaziali del mondo comprese la NASA e l’ESA.

Stazione Spaziale Internazionale

A cosa serve la ISS
La ISS è prima di tutto un grande laboratorio per la ricerca scientifica: ha reso possibile lo svolgimento di esperimenti di lunga durata sugli effetti della quasi totale assenza di peso, test che non si sarebbero potuti svolgere sulle navette spaziali che rimangono per poco tempo in orbita. L’equipaggio segue direttamente gli esperimenti, ne avvia di nuovi e comunica i risultati al centro di controllo sulla Terra, dal quale partono istruzioni su come proseguire e approfondire le ricerche, in base agli esiti ottenuti.

Trovandosi in un ambiente diverso da quello terrestre, la ISS offre condizioni anomale ottimali per fare esperimenti sulle biotecnologie, la chimica, la medicina, la fisica, la meteorologia, la scienza dei materiali e l’astronomia. La parte più consistente degli studi riguarda l’organismo umano e il suo adattamento all’assenza di peso: si tratta di ricerche essenziali per capire come sviluppare nuovi sistemi e tecnologie per le prossime esplorazioni spaziali, forse un giorno per arrivare fino su Marte. Studiando le reazioni in un ambiente diverso dal nostro si possono scoprire inoltre molte cose sul corpo umano che possono essere utili anche per la nostra vita di tutti i giorni, grazie alla ricerca medica. Sulla Stazione da oltre tre anni è inoltre presente un rilevatore per lo studio della fisica delle particelle, le cui analisi potranno aiutare a comprendere meglio i meccanismi che portarono alla formazione dell’Universo e a dare conferma o meno dell’esistenza di tipi di materia non osservabili in laboratorio, come la materia oscura.

Di chi è la ISS
La proprietà della ISS è regolamentata da una serie di trattati firmati da 11 dei paesi europei che fanno parte dell’ESA con la NASA, l’agenzia spaziale russa e quella giapponese. Gli accordi stabiliscono le modalità di accesso ai vari moduli e il tempo che ogni agenzia spaziale può dedicarvi per le proprie ricerche. La Russia ha in gestione tutta la sezione che ha realizzato direttamente, ma negli anni il livello di cooperazione con le altre agenzie è progressivamente aumentato.

I piani delle 14 nazioni che hanno contribuito a costruirla prevedono che la ISS resti in funzione almeno fino al 2020, ma già da tempo si parla della possibilità di estendere le missioni in modo che possa essere abitata fino al 2028. In tutto, il costo previsto per i 30 anni di gestione – costruzione compresa – è stato stimato intorno ai 100 miliardi di euro, ma fare un calcolo preciso è praticamente impossibile perché le spese riguardano ambiti molto diversi tra loro, dalla progettazione ai trasporti, passando per i costi di realizzazione dei moduli.

Stazione Spaziale Internazionale

Un taxi (russo) spaziale
Per raggiungere la ISS sono necessarie circa 6 ore di viaggio su una Soyuz, un sistema di trasporto spaziale sviluppato nella Russia sovietica e in seguito rivisto e aggiornato, che permette il lancio di tre astronauti dal cosmodromo di Baikonur, in Kazakistan. In precedenza, il viaggio richiedeva due giorni, ma negli ultimi anni si è deciso di seguire una scorciatoia tra le varie orbite che la Soyuz deve superare per raggiungere quella della Stazione: in questo modo gli astronauti non sono costretti a restare per più di 48 ore nell’abitacolo molto stretto e angusto del veicolo spaziale.

A oggi le Soyuz sono l’unico sistema di trasporto per esseri umani verso la ISS. In precedenza era possibile raggiungerla anche attraverso gli Shuttle, ma il programma spaziale delle navicelle statunitensi è stato chiuso nel 2011 e la NASA sta ancora lavorando con alcuni partner privati per avere un proprio sistema, alternativo a quello della Russia. In un certo senso negli ultimi anni le Soyuz sono diventate una sorta di taxi per andare in orbita: le agenzie spaziali pagano la corsa per il loro astronauta con contratti da centinaia di milioni di euro. Nonostante i frequenti attriti tra paesi occidentali e governo russo – soprattutto nell’ultimo anno a causa della situazione ucraina che ha portato a sanzioni e tensioni militari – i rapporti tra agenzie come ESA e NASA con l’agenzia spaziale russa sono buoni e la collaborazione dura da anni senza particolari intoppi: del resto per andare sulla ISS non ci sono alternative e quindi si fa di tutto per mantenere uno spirito di grande cooperazione.

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La Stazione Spaziale Internazionale orbita tra i 350 e i 400 chilometri di altitudine, una trentina di volte la quota cui viaggia normalmente un aereo di linea. Per potervi salire a bordo, gli astronauti sulla Soyuz la devono inseguire, affiancare e infine centrare il suo punto di attracco: la procedura è automatica ma in caso di necessità può essere eseguita manualmente dall’equipaggio della navetta, che studia per mesi nei simulatori le procedure da eseguire. Il contatto deve essere svolto con cautela, considerato che l’intera ISS ha un valore stimato che supera i 100 miliardi di euro. Oltre alle Soyuz, fanno periodicamente visita alla Stazione diversi sistemi di trasporto senza esseri umani a bordo: il Progress della Russia, l’Automated Transfer Vehicle dell’ESA, l’HTV dell’agenzia spaziale giapponese e da poco i mezzi privati Dragon e Cygnus per conto della NASA.

Com’è fatta la ISS
La ISS offre circa 800 metri cubi di spazio abitabile ed è lunga 100 metri. Come in un enorme LEGO, è stata costruita pezzo per pezzo unendo insieme dei grandi moduli cilindrici, che ricordano le lattine delle bibite. Alcuni sono stati realizzati dall’agenzia spaziale russa, come Zvezda (Stella) e Zarya (Alba), altri dagli Stati Uniti e dall’Europa, con un particolare impegno da parte dell’Agenzia Spaziale Italiana che ha anche partecipato alla costruzione di molte delle strumentazioni di bordo.

Ai lati del tubo principale lungo 100 metri si aprono moduli più piccoli che ospitano magazzini, laboratori, camere secondarie dove gli astronauti vivono, conducono gli esperimenti ed eseguono osservazioni (spesso spettacolari) della Terra. Al centro della Stazione c’è un lungo asse dal quale si aprono i 16 pannelli solari principali, che servono per dare energia alla ISS.

Stazione Spaziale Internazionale

Il numero di abitanti a bordo della Stazione è di solito stabile: ci vivono sei astronauti con tempi di permanenza sfalsati, in modo che a ogni sostituzione tre nuovi membri diano il cambio ad altrettanti colleghi. Nelle missioni di lunga permanenza, come quella di Samantha Cristoforetti, si resta a bordo per circa sei mesi, un tempo ritenuto sufficiente per comprendere meglio gli effetti dell’assenza di peso sull’organismo umano e i modi per contrastarne le conseguenze, in vista di futuri viaggi nello Spazio particolarmente lunghi.

Incidenti
Costruire un’enorme stazione spaziale in orbita non è stato semplice e molti lavori sono stati rallentati, a causa di imprevisti e incidenti più o meno gravi. Il disastro dello Shuttle Columbia, che si distrusse nel 2003 mentre rientrava sulla Terra a causa della perdita di alcune protezioni del suo scudo termico, hanno portato alla sospensione della costruzione della Stazione a causa della interruzione per oltre due anni del programma degli Shuttle. Nel 2007 un guasto a uno dei computer di bordo ha lasciato la ISS senza sistemi di propulsione e di controllo dell’ambiente interno per qualche ora, mentre negli anni seguenti sono state necessarie diverse attività extraveicolari (le cosiddette “passeggiate spaziali”) con gli astronauti che hanno lavorato all’esterno della Stazione per aggiustare componenti di vario tipo.

La sicurezza a bordo è la prima condizione per potere svolgere gli altri lavori e per mantenerla sono necessarie centinaia di ore di lavoro ogni settimana. In caso di emergenza, gli astronauti possono raggiungere la Soyuz, che dopo averli portati in orbita resta attraccata alla Stazione, e rientrare sulla Terra in anticipo rispetto alla fine della loro missione. È una misura estrema che fino a oggi non è stata mai necessaria.

Stazione Spaziale Internazionale

Vita a bordo
Quando un astronauta arriva a bordo impiega qualche ora prima di abituarsi all’assenza di peso: si conducono molte simulazioni a terra durante l’addestramento, ma nulla può imitare completamente ciò che accade quando si galleggia per aria all’interno dei moduli della ISS. Bisogna spostarsi con cautela, prevedere ogni movimento e decidere per tempo a quale delle tante maniglie lungo le pareti ci si vorrà aggrappare. Un movimento azzardato può diventare pericoloso per se stessi, per gli altri astronauti e per le strumentazioni di bordo, che tappezzano qualsiasi parete dei moduli. Sulla ISS non esistono propriamente alto e basso: i punti di riferimento cambiano in continuazione ed è necessario del tempo prima di farci l’abitudine.

Vivere in un ambiente costantemente soggetto alla forza di gravità è una delle cose che riescono meglio al nostro organismo (ok, mal di schiena a parte). Nella quasi totale assenza di peso il nostro corpo si trova in difficoltà: nei primi giorni i fluidi corporei tendono a risalire verso testa e arti superiori, cosa che spiega perché gli astronauti appena arrivati sulla ISS di solito appaiono paonazzi e visibilmente gonfi. Molti inquilini della Stazione hanno anche problemi di stomaco perché la digestione, un processo per eccellenza che avviene dall’alto in basso, risente dell’assenza di peso. Fortunatamente il nostro sistema digerente è fatto in modo tale per cui gli spasmi muscolari spingono sempre nella direzione giusta ciò che ingeriamo e dobbiamo digerire, evitando che qualcosa faccia marcia indietro.

Restare a lungo in un ambiente dove si pesa pochissimo è deleterio anche per l’apparato muscolare e per quello scheletrico. Si stima che per ogni mese di permanenza sulla ISS un astronauta perda fino al 2 per cento della propria massa scheletrica. In pratica le ossa diventano meno dense perché devono sorreggere un peso inferiore, e di conseguenza l’organismo risparmia risorse ed energie concentrandole in altri ambiti. È per questo motivo che sulla Stazione gli astronauti devono fare ginnastica ogni giorno per mantenere il tono muscolare e rinforzare le ossa.

Respirare e lavarsi
L’ambiente della ISS è completamente sigillato, quindi è essenziale che l’aria che vi circola all’interno sia costantemente depurata. Il sistema di aerazione immette ossigeno dai grandi serbatoi della Stazione, che sono riempiti periodicamente grazie alle navette da trasporto che portano in orbita rifornimenti di ogni tipo, comprese strumentazioni per eseguire gli esperimenti. Per motivi di igiene e per evitare che l’umidità possa rovinare gli apparecchi di bordo, il sistema di depurazione rende l’aria molto secca e ciò fa sì che per gli astronauti i sensi come il gusto e l’olfatto siano costantemente messi in difficoltà. La sensazione è simile a quella che si prova quando si vola per molte ore su un aereo di linea: si sentono meno gli odori e gli alimenti sono percepiti come meno saporiti.

In un ambiente pieno di strumenti elettronici è meglio che circoli meno acqua possibile. Per bere si utilizzano sacche con una cannuccia, in modo che non ci siano gocce in sospensione in giro per i moduli: se fossero inalate accidentalmente potrebbero causare soffocamento. È una possibilità estremamente remota ma mentre si vive a 400 chilometri in verticale dalla Terra è meglio non correre rischi. Poca acqua in circolazione significa anche non potersi lavare agilmente. Di solito per farlo si utilizzano salviette umidificate e ci si lava a turno negli ambienti dove è possibile farlo in sicurezza.

Il lavaggio dei capelli è molto complicato, per questo motivo quasi tutti gli astronauti preferiscono radersi completamente prima della partenza. Sulla Stazione c’è comunque un rasoio elettrico collegato a un aspiratore, che può essere usato evitando che peli e capelli svolazzino in giro. La statunitense Sunita Williams è stata due volte sulla ISS e ha raccontato efficacemente il problema del lavaggio dei capelli:

Il lavaggio richiede tempo. Spremevo alcune gocce d’acqua alla base dei capelli e poi le spargevo usando la mano per evitare che si disperdessero andando dappertutto. Poi mettevo un po’ di shampoo nella mano e lo spalmavo. poi bagnavo un asciugamano e provavo a sciacquarli. In genere lo facevo nei fine settimana, quando non avevamo troppe cose da fare.

Anche andare in bagno sulla ISS non è semplice, ma le cose sono comunque migliorate molto da quando il vecchio sistema con i sacchetti di plastica è stato sostituito da un più pratico WC dotato di sistema aspirante, una evoluzione tecnologica di quello usato sugli aerei di linea. Niente a bordo viene comunque sprecato: l’urina finisce in un sistema di riciclaggio e viene usata come acqua depurata per altri scopi.

Giorno e notte
La Stazione Spaziale Internazionale impiega circa un’ora e mezza per compiere un giro completo intorno alla Terra: compie quindi 16 orbite in un giorno terrestre. La vista sul Pianeta, soprattutto dal modulo Cupola realizzato con la supervisione dell’italiana Alenia Spazio, è spettacolare ed è la fonte di ispirazione di buona parte delle fotografie che gli astronauti eseguono a bordo e che più di tutto contribuiscono a ricordarci che ci sono anche loro, da qualche parte in cielo.

Gli astronauti che hanno vissuto sulla ISS raccontano che da 400 chilometri di altitudine la Terra appare luminosa e con panorami molto nitidi, nuvole permettendo. La Stazione viaggia veloce intorno al Pianeta, ma la sensazione è di essere immobili, mentre qualcosa fa girare lentamente il globo terrestre. Il fuso orario di riferimento usato sulla ISS è il tempo coordinato universale (UTC): questo significa che quando per gli astronauti sono le 14, per noi in Italia sono le 15 quando c’è l’ora solare o le 16 quando è in vigore quella legale.

Dopo circa 45 minuti di luce, una linea scura appare all’orizzonte e divide la Terra tra giorno e notte. Per alcuni secondi, molto suggestivi, la ISS è illuminata da una luce ramata, poi finisce nella completa oscurità. Tre quarti d’ora dopo, con un’improvvisa aurora, il Sole torna a sorgere all’orizzonte e ricomincia un nuovo e cortissimo giorno.

È tutto molto poetico, certo, ma il fatto di avere un passaggio continuo dal giorno alla notte può avere serie conseguenze sull’orologio biologico degli astronauti. Per evitare seri problemi è necessaria una disciplina abbastanza ferrea: dalla Terra il centro di controllo impone cicli di sonno e di veglia prestabiliti. Ogni astronauta ha a disposizione una piccola cabina, che ricorda più che altro un armadio, in cui riposarsi. Inizialmente si era pensato di provvedere a un unico dormitorio sulla Stazione, ma in seguito alla sua evoluzione si è scelto di dare uno spazio isolato e più privato a ogni astronauta. Nella cabina non c’è un letto ma un semplice sacco a pelo legato a una parete trapuntata. Si dorme come se ci si trovasse all’interno di un bozzolo. Mentre dormono, gli astronauti ovviamente galleggiano: alcuni raccontano di faticare ad addormentarsi in queste condizioni, altri di non avere mai dormito meglio perché la schiena non fa male, è più facile rilassare i muscoli e, per esempio, è impossibile svegliarsi per il formicolio a un braccio schiacciato tra il corpo e il materasso.

Gli astronauti dormono al buio, aiutandosi se necessario con tappi per le orecchie (c’è un ronzio continuo e diffuso a bordo dovuto alle strumentazioni) e con mascherine. Eppure anche a occhi chiusi continuano a vedere qualcosa: sono piccoli lampi di luce causati dai raggi cosmici, che talvolta possono stimolare le loro retine. La sveglia viene data dal centro di controllo e solitamente è accompagnata da una canzone, che viene scelta in precedenza dai membri dell’equipaggio o dai loro parenti e amici che aspettano di riabbracciarli sulla Terra.